Lacroix getta oggi uno sguardo amaro sugli stravolgimenti insiti nel progetto di legge socialista sul «matrimonio per tutti», appena varato dal Parlamento francese sullo sfondo di un Paese dolorosamente spaccato in due dalla questione.
Autore di numerosi saggi dedicati alla famiglia e alla coppia, spesso tradotti anche in Italia, il filosofo e teologo francese Xavier Lacroix è considerato da tempo come uno dei maggiori esperti europei dei nessi profondi fra vita coniugale e legame filiale. A lungo direttore dell’Istituto di scienze della famiglia a Lione, Lacroix getta oggi uno sguardo amaro sugli stravolgimenti insiti nel progetto di legge socialista sul «matrimonio per tutti», appena varato dal Parlamento francese sullo sfondo di un Paese dolorosamente spaccato in due dalla questione.
Come reagisce a chi sostiene che questo progetto di legge corrisponde a un «cambiamento di civiltà»?
«Quanto sta accadendo è che, almeno in Francia, esiste un discorso sempre più influente e dominante nelle sfere del potere. Tale discorso tende a dire che il corpo non ha molta importanza e che contano solo la volontà e la cultura. Un simile discorso muove i passi da una sorta di cambiamento di civiltà, è vero, che tende a dissociare proprio il corpo e la parola».
È rimasto colpito dai numerosissimi francesi che si sono opposti alla bozza?
«Sì, questa reazione mi ha colpito. Questi francesi interpretano le cose nel modo giusto. Si oppongono a un potere che vuole imporre un discorso tecnico e tecnicista sulla procreazione e la nascita, allo scopo di giustificare delle condotte soggettive, soprattutto gli orientamenti sessuali. C’è un tentativo di giustificare ciò che è soggettivo con la tecnica. Dunque, le reazioni mi sembrano legittime».
Il Parlamento ha ascoltato tutti gli argomenti?
«Non mi pare. I membri dell’attuale maggioranza sono consapevoli di essere forti. Ci troviamo qui nel campo della politica, dove conta la legge del più forte. La maggioranza ha appena vinto, ma gli argomenti etici e antropologici sono stati asserviti a questa forza».
C’è chi ha parlato di una forma deviata d’idealismo da parte del potere. Che ne pensa?
«C’è idealismo nella misura in cui il discorso dominante tende a dire che contano solo volontà, cultura e legge. Così, si vorrebbe dissociare la legge e la volontà dal corpo e dalla realtà. Ma penso che la maggioranza della gente conservi intuitivamente la consapevolezza inversa, all’insegna del buon senso».
Si evoca pure una sorta di «nuovo progetto antropologico».
«Questo genere di progetti riguarda soprattutto certe sfere intellettuali. Ciò corrisponde al pensiero unico, come amo chiamarlo, ma anche al politically correct. Nella sfera politica e del potere, questo discorso è oggi molto importante. Ma al contempo, non credo che possa divenire molto influente a livello delle condotte individuali reali».
Quali conseguenze occorre temere, a medio e lungo termine?
«La legge influenzerà probabilmente i costumi. Molta gente manca oggi di riferimenti solidi e dunque ci sarà chi si riferirà semplicemente alla legge. Lo si è già visto con l’aborto. Alcuni pensano che il dibattito sia chiuso semplicemente perché c’è una legge. Ritengo che potrebbe esserci un aumento delle coppie e dei genitori omosessuali. Ma penso pure che ciò resterà molto minoritario».
Di fronte alla scarsa attenzione riservata al bambino nei dibattiti, si può parlare di un’ondata di etica relativista?
«Faccio parte di coloro che chiedono che il bambino e l’interesse del bambino siano considerati di più. In effetti, sembra un interesse elementare del bambino il fatto di godere della differenza sessuale di un padre e di una madre, così come della continuità fra la fecondità e il legame filiale. Di fatto, i bambini che non hanno conosciuto ciò provano maggiori sofferenze rispetto agli altri. Ma in questo progetto di legge, si è voluto far prevalere una sorta di pseudo-uguaglianza. A proposito dei bambini, non si è voluto vedere che questa legge è discriminante, poiché instaura il fatto che dei bambini vengano privati di tali beni elementari».
In che misura, in generale, le istituzioni del matrimonio e della famiglia rischiano di essere minate?
«Un grande giurista, Philippe Malaurie, diceva che per completare l’opera di discredito del matrimonio, occorrerebbe aprirlo alle coppie omosessuali. Temo proprio che sia ciò che sta accadendo. Il matrimonio è vieppiù svuotato del proprio senso, assomigliando a un semplice contratto fra due individui. Quando si considera solo la dimensione individuale, il matrimonio in effetti diventa un semplice contratto, perdendo la sua natura profonda d’istituzione che lega la vita coniugale e quella di genitori».
Daniele Zappalà
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