Ma veniamo ora al punto di perché sia bello fare (tanti) figli. Esattamente perché la maternità risponde alla vocazione propria delle donne, ovvero ‚Äòdonarsi' e ‚Äòprendersi cura di'. I bambini hanno estremo bisogno di crescere in un contesto affettivo e relazionale stabile, dove i compiti spettanti ad ognuno siano definiti in modo chiaro.
Jessica Valenti, nel suo “Why have Kids?”, sostiene che «le donne intelligenti farebbero meglio a non fare figli», perché «lungi dall’essere il mestiere più difficile e soddisfacente del mondo, la maternità è un ruolo maledettamente deprimente».
Nel leggere tali affermazioni, il primo pensiero che ho formulato è stato: «Le persone intelligenti farebbero meglio a non buttare via soldi e tempo comprando e leggendo la Valenti»; seguito a ruota da una seconda riflessione: «Quando la sua figlioletta di due anni sarà più grande, sarà certamente immensamente grata alla sua cara mammina per le sue manifestazioni di pubblico affetto nei suoi confronti».
Ciò detto, onde evitare di passare per una donna linciatrice e moralista che disperde sentenze al vento, proverò ad approfondire due aspetti oggi spesso vilipesi: la bellezza di avere tanti pargoli urlanti attaccati alle gambe e l’innegabile bisogno che tutti gli esseri umani hanno di crescere e vivere in un contesto relazionale stabile.
Per quanto riguarda il primo punto in questione, è doveroso fare una premessa: per natura le donne sono portate a ‘rendersi cura di’ e a ‘donarsi’ senza riserve per il bene dell’altro. A testimonianza di questo non serve citare studi socio-psicologici di alto calibro, basta fermarsi ad osservare un gruppo di bambini che giocano: se un componente del gruppo cade e si fa male, le bambine accorreranno subito attorno a lui, per sincerarsi della sua sorte; i bambini, invece, dopo un fuggevole sguardo in direzione dell’infortunato, torneranno immediatamente alle loro occupazioni, senza preoccuparsi troppo… Egoismo? No, semplicemente diversità di indole. E meno male che è così.
Ma veniamo ora al punto di perché sia bello fare (tanti) figli. Esattamente per il motivo di cui sopra: perché la maternità risponde alla vocazione propria delle donne, ovvero ‘donarsi’ e ‘prendersi cura di’.
A questo va poi aggiunto che i figli, al contrario di quanto afferma la Valenti, riempiono la vita di gioia ed amore. Due fattori, questi, che ripagano in maniera totale e sovrabbondante le fatiche insite nell’educare tanti rampolli recalcitranti e spesso non rispondenti al modello di “bambino perfetto”che ogni madre sogna.
Vediamo ora il secondo aspetto: il bisogno (e, insieme, il diritto) di vivere in un contesto il più possibile stabile. Ebbene, anche una casa, se non è edificata su fondamenta solide, per quanto bella possa essere, presto o tardi crollerà. E lo stesso processo investe anche gli esseri umani, dall’infanzia in avanti.
I bambini, sostengono i pedagogisti, hanno estremo bisogno di crescere in un contesto affettivo e relazionale stabile, dove i compiti spettanti ad ognuno siano definiti in modo chiaro. Solo così potranno crescere sereni e sviluppare al massimo la loro personalità. Allo stesso modo, tuttavia, anche gli adulti hanno bisogno di certezze, di appigli solidi a cui ancorarsi. La stabilità riveste un ruolo importantissimo nel campo del lavoro e delle abitazioni… figuriamoci negli affetti!
A questo proposito, il sessuologo Marco Rossi scrive delle donne: «Cambiare partner diventa come comprare un vestito nuovo: ogni volta ci si illude di essere più belle con quello addosso. Ma la verità è che tutte continuano a sognare l’abito bianco nell’armadio». Già, il gioco è bello solo se dura poco. Dopodiché occorre fare seriamente i conti con se stessi e assumersi le proprie responsabilità, decidendo che forma dare alla propria vita.
Una forma stabile, ovviamente, perché è solo con il tempo che i buoni frutti maturano.
Giulia Tanel
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