Levi-Matteo, seguimi e io Vengo a casa tua

E questa festa la offre a Gesù che lo ha chiamato. Gesù si concede senza limiti. Sa di avere contro tutta l'intellighenzia degli scribi, ma anche il popolino senza fantasia, forzato da una ignoranza obbligata a non ragionare e a vendere all'ammasso la sua spontaneità.

Levi-Matteo, seguimi e io Vengo a casa tua

da Teologo Borèl

del 03 dicembre 2009

Lectio Divinae del Vescovo ai giovani

Venerdì 27 novembre 2009 – Parrocchia Divin Salvatore - Zagarolo

 

Levi-Matteo, seguimi

E io Vengo a casa tua

 

+ Domenico Sigalini

 

27 Dopo questo egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: 'Seguimi!'. 28 Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. 29 Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola. 30 I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: 'Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?'. 31 Gesù rispose loro: 'Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; 32 io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano'.

 

Contesto

 

Il brano consta di due fatti: la chiamata e la festa in casa di Levi. E’ la sesta opera potente, il sesto segno di Gesù nel vangelo di Luca. Il primo apparire di Gesù sulla scena del mondo, la sua attività, l’impostazione della sua vita pubblica, cioè dell’annuncio del vangelo, è paragonato ai giorni della creazione e alla fine c’è la festa.

Ecco i 6 momenti:

 

1. La cacciata del demonio (Lc 4, 33-­‐37)

 

2. Il miracolo per la suocera di Pietro (Lc 4, 38-­‐39)

 

3. La chiamata a diventare pescatori di uomini, di vita (Lc 5, 1-­‐11)

 

4. La guarigione del lebbroso (Lc 5, 12-­‐14)

 

5. Il miracolo del paralitico (Lc 5, 17-­‐26)

 

6. La chiamata di Levi (Lc 5, 27-­‐28) Alla fine la settima opera è la festa in casa di Levi-­‐Matteo, nella casa di un peccatore Lc 5, 28-­‐ 32).

 

Ci possiamo vedere anche i passi di un nuovo cristiano, di un nuovo battezzato: l’affrancamento dal demonio, il mettersi a servizio, accogliere la chiamata, la purificazione col perdono dei peccati, il dono della capacità di camminare. C’è stata una chiamata e una risposta e ora c’è una festa. E’ la nostra casa che accoglie il Signore. Questo banchetto è una chiara allusione all’Eucaristia.

 

Assieme ci sono anche i peccatori, i senza Dio, quelli cui non interessa niente di Gesù. Che atteggiamento ha la nostra comunità verso coloro che negano la bontà di Dio, che si comportano male, che sono violenti o scellerati? La chiesa non è una accolta di puri, di perfetti, di senza difetti, di persone per bene, corrette, ma di purificati e assolti, di perdonati e ricostruiti dalla grazia di Dio.

 

Noi cristiani non siamo giustizialisti, non andiamo a guardare dal buco della chiave per scoprire scandali, per eliminare le persone. Sappiamo di vivere in un mondo di peccato, ci sentiamo peccatori anche noi e desiderosi di vivere di perdono e di misericordia e quindi accogliamo i peccatori e i pentiti perché si sentano sempre accolti e amati dal Signore.

 

Vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte

 

L’iniziativa è di Gesù. E’ lui che osserva questo banchiere, questo esattore di tasse, di dazi, questo uomo indaffarato a cavare soldi e profitti. La gente non lo guardava mai, gli toccava incontrarlo quando doveva, ahimé, pagare le tasse, soprattutto pagarle a Cesare, al popolo romano, all’oppressore, all’occupante. Non era degno di uno sguardo, di un apprezzamento, di una semplice curiosità; un pubblicano non meritava anche così poco, era scartato dalla considerazione di un qualunque uomo saggio. Guardare Levi, significava quasi stare dalla sua parte. Tagliato fuori, dimenticato, escluso dal popolo eletto e ancor più da Dio. E Gesù lo guarda.

 

Quante persone non ti vogliono guardare, quando passi si voltano dall’altra parte, non ti ritengono degno di stare alla loro altezza. Quando lo fanno i tuoi amici con te, resti male; è come se avessero deciso di liberarsi di te; quando lo fanno i compagni di lavoro, ti senti abbandonato. E tu spesso lo fai con i tuoi genitori, con quelli che non la pensano come te, con quelli che credi ti compromettano. Hai già deciso di buttare fuori dalla tua vita una parte di umanità: gli immigrati, chi non ha la tua ricchezza da ostentare, chi ti chiede aiuto, ma è pizzoso, chi non ti è simpatico. E’ difficile sicuramente fidarsi di estranei, ma è troppo sbagliato non riconoscere la comune dignità umana e rischiare un gesto di fratellanza.

 

Lo sguardo di chi ci incrocia è uno spazio vitale, per me e per lui. L’uomo vive o muore dello sguardo dell’altro. Dio quando ha creato il mondo lo ha guardato e si è entusiasmato, quando ha creato l’uomo lo ha guardato e lo ha amato. Così Gesù con il suo sguardo dice il suo amore, crea uno spazio nuovo di vita al peccatore incallito e gli apre nuove strade. Ha il coraggio di forzare la sua privacy, di offrire possibilità di uscita dal suo mondo.

Quanti sguardi di Ges√π ci sono nel vangelo!

 

Gesù vide gli apostoli, quando li chiamò; da quello sguardo ricevettero una proposta di vita impegnativa, ma bella

 

Gesù vide la folla affamata e sbandata; si commosse e pregò il Padre per loro, perché avessero una guida e lui era disponibile a farla

 

Gesù vide un uomo coperto di lebbra: lo toccò, senza troppe preoccupazioni di purità rituale o igienica e lo guarì

 

Gesù vide il cieco che gli hanno portato davanti lo prese per mano, gli mise la mano nella sua, lo accarezzò con il linguaggio intenso della mano e gli diede la vista

 

Gesù vide lo Spirito Santo su di Lui; e ringraziò Dio Padre dichiarandosi disponibile a fare la sua volontà

 

Ges√π vide la suocera di Pietro sofferente; e la rimise in piedi a servire

 

Gesù vide trambusto e gente che piangeva; e risuscitò la figlia

 

Gesù vide un uomo piegato, mezzo morto, lungo la strada; si fermò, lo curò, lo fece accogliere, lo mise nel programma dei suoi viaggi, non lo mollò più

 

Gesù vide il giovane ricco che se ne era andato molto triste; ne aveva ricevuto un no secco; voglio vita piena, non quella che mi dai tu, la mia vita piena non è del tuo genere; mi costa troppo.

 

Gesù non ha smesso di guardarlo; s’è lasciato ferire da quel suo diniego. Lo ha voluto vedere andar via; non è passato subito alla persona successiva in una fila di gente che non gli lasciava respiro; non si è preoccupato subito di passare a un’altra persona come quando siamo in fila per salutare qualcuno e già guardiamo al successivo ancor prima di guardare chi ci sta dando la mano.

 

No! il suo sguardo si è fermato su questa tristezza e si è detto: quanto è difficile per un ricco salvarsi, per un giovane pieno di sé, per un superbo autosufficiente, per un oppresso dall’idolatrie delle cose, delle persone da possedere, da sfruttare anziché da servire; quant’è difficile lasciarti guardare quando hai negli occhi il simbolo degli euro che li riempiono o la fame di sesso che li intorbida; quant’è difficile sperimentare libertà, volare, librarsi nel cielo azzurro della vita, entrare nel regno dei cieli. Lasciati guardare da Gesù e creati un nuovo spazio vitale di libertà. Lui Levi è seduto tranquillo, teso, forse ossessionato dai conti che non tornavano, intento al suo lavoro, che non permetteva distrazioni, determinato e inchiodato alla sua vita; da un altro punto di vista paralizzato dal suo peccato, dalla sua idolatria.  

 

e gli disse: “Seguimi! ”

 

Gesù è molto determinato, molto più di chi sta comodo nel suo peccato. Non teme confronto. Osa chiamare, rischia il rifiuto, ma qualcun deve osare la prima mossa, la prima insicurezza, la prima parola che toglie dalla solitudine o dalla chiusura. Rischia molto, perché la libertà dell’uomo per lui è sacrosanta, non è disponibile a manipolazioni. Per questo è netto e deciso.

 

Ha ancora gli occhi puntati su di lui, è dentro il campo del suo sguardo penetrante. Ma tu Gesù, pretendi che uno lasci le sue sicurezze per te? Che uno che si diverte alla grande tutte le sere come vuole, che ha soldi, che ha amici, che non soffre di depressioni, che non si sente nessun rimorso… credi che ti segua? Gesù ha una forza creatrice che lo anima, ha una proposta di felicità che vuol far correre per le strade della Palestina e del mondo. Contempliamolo prima di meravigliarci e di girare i tacchi con la paura che ci prenda dentro davvero, che ci cambi la vita.

 

Questo ritratto di Ges√π proponeva ai giovani in Piazza San Pietro papa Paolo VI:

 

Riconosciamo noi Gesù per chi Egli è, il Cristo, cioè il Messia, il mandato da Dio, calato nel mondo, per dare all’umanità la salvezza. Ovvero per essere fra noi «il segno di contraddizione» (Lc 2, 34), l’ago di scambio fra le due vie fatali, della salute o della perdizione, della vita o della morte. Gesù è

Lui, la nostra scelta,

Lui è il nostro Redentore, necessario, sufficiente;

Lui, venuto per tutti, venuto per ciascuno di noi;

Lui, il Maestro, Lui l’Amico, Lui «la risurrezione e la vita» (Gv 11, 25)

Lui, sì, la via,

Lui, la verità,

Lui, la vita delle nostre singole esistenze e di tutta la comunità di quanti in Lui credono, di Lui si fidano, da Lui si sentono amati e a Lui offrono il loro povero e grande amore.

 

Gesù, il Cristo, incrocia ancor oggi, incrocia sempre e dappertutto, i sentieri dell’umanità, e pone Se stesso come la grande questione, come la scelta somma e decisiva, che ogni uomo, che ogni popolo è chiamato a fare.

Gesù è la grande responsabilità nella storia d’ogni umana esistenza, Gesù è al grado supremo di tensione della libertà della vita cosciente.

Gesù è al nodo ultimo e primo, dove le nostre sorti si definiscono.

Gesù è l’invito più intimo e personale rivolto alla nostra coscienza lucida ed operante.

 

Egli è Colui che dà alla nostra esistenza il suo vero amore, la sua intangibile dignità, la sua responsabile libertà, il suo autentico valore, il suo pieno amore.

È Lui il nostro Salvatore;

 

Lui è la testa del nostro corpo immenso ed in formazione, ch’è l’umanità credente e redenta, la Chiesa;

 

è Colui che ci perdona e ci fa capaci di cose più grandi di noi,

è il difensore dei poveri,

è il consolatore dei sofferenti,

è, in una parola, il nostro Messia, è Cristo, Cristo Gesù!

 

Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì

 

Levi rispose subito con generosità. Non si impiglia nelle cose che lo legano, taglia di netto tutti i suoi legami, i suoi ninnoli, le abitudini, le schiavitù che ci rendono la vita una prigione dorata, le comodità, il set di cellulari, la routine della malizia intrigante per intrappolare. Più si va avanti nella nostra cultura più vedo giovani legati e imbranati. Uno non può lasciare mamma per due giorni se non con un borsone come quello degli allenamenti da rugby, il sacco a pelo è un reperto archeologico, la chitarra se viene portata in giro è in una cassa da morto; se non c’è la doccia non mi muovo, non posso rinunciare alle tagliatelle della  

 

domenica, ai paly-off della squadra del cuore. Veramente ne trovo ancora tanti di questi giovani, ma a Ciampino o a Orio al Serio alle 5.30 del mattino, con le occhiaie color penitenza, con qualche lacrima di troppo, sicuramente per amore, ma spesso solo per avventura. Vorrei vedervi lasciare molte cose che vi invischiano la vita nell’egoismo e seguire Gesù.

 

Qualcuno lo fa e ne parte felice. Levi non è più seduto a contare soldi a fare bonifici, a smanettare per conoscere i valori delle borse, si alzò; si è ripreso la vita, ha smesso di star piegato e si è ritrovato uomo nuovo.

 

Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa

 

E comincia la festa. Stare con Gesù è una festa. E’ Lui la festa. Festa è gratuità. E’ sentirsi in dono, senza calcoli, senza contratti, senza ricatti. Riscoprire che c'è un lato dell'esistenza che viene sempre tenuto nel listino della borsa: devi produrre, devi essere efficiente, devi essere utile, devi impegnarti. Devi, devi, devi... La festa è un tempo da vivere gratis. E’ aprire la casa a tutti gli amici, è offrire la propria gioia.

 

E' aspettarsi sempre qualcosa di inedito in cui sei coinvolto piacevolmente con una componente di rischio, di conquista, di sorpresa, di sogno. Tutto questo si avvera perché tutti sono disposti a rischiare. E' il fascino di qualcosa di immeritato, di non programmato, di sorprendente, che ti viene donato gratuitamente e che ti pone nelle condizioni di provare energie non conosciute, mai attivate e che possiedi. Provare stupore, meraviglia, nuovo coinvolgimento, è componente essenziale della gioia.

 

E’ il contrario esatto della solitudine, del godimento di sè, delle proprie cose, del tempo e delle qualità in un isolamento egoistico. Invece nella festa si mette in comune, si esce da sè, si cercano gli altri, si mette a disposizione, si accoglie e dona, si rischia decisi anche a perdere pur di far felici altri. Levi ha dato spazio ai sogni, a tutte le sue aspirazioni irrealizzate, che ha dovuto abbandonare per il solito principio di realtà. Non era stato precario neanche per una stagione, subito in banca, subito a chiudere gli orizzonti. La vita gli aveva spento i desideri, gli aveva chiuso lo spazio della fantasia, della gratuità.

 

io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”

 

E questa festa la offre a Gesù che lo ha chiamato. Gesù si concede senza limiti. Sa di avere contro tutta l’intellighenzia degli scribi, ma anche il popolino senza fantasia, forzato da una ignoranza obbligata a non ragionare e a vendere all’ammasso la sua spontaneità. Lì a quella festa dei peccatori c’è da annunciare il regno di Dio, Gesù può aprire in questi cuori troppo chiusi in se stessi uno spazio di felicità. Quella festa diventa un città della medicina della vita e lui il medico della vita piena.

 

Proprio perché non sono sani, hanno bisogno di Lui. Levi-Matteo comincia ad evangelizzare facendo festa a Gesù. Le nostre feste sono luoghi di evangelizzazione o luoghi di indifferenza? sono un invito perché i più lontani incontrino Gesù? O le abbiamo affittate ai lontani perché si convincano sempre di più di non aver bisogno di Dio? Facciamo delle feste religiose con tanto di spettacoli in piazza che tentano di imitare i concerti dei cantanti e non riescono a dare nessun messaggio positivo, anche solo lontanamente religioso. Ci sono dei giovani che sanno mettersi a disposizione di una festa religiosa, della Madonna del Rosario, del Carmine, di Sant’Agapito, di San Vito, di San Lorenzo… e hanno voglia di annunciare la gioia di aver incontrato Gesù?

 

O abbiamo bisogno solo di sentire cantanti o cover, che non sanno niente della nostra festa e non comunicano niente di quell’incontro con Gesù che ci arde nel cuore? Noi non siamo una amministrazione comunale, ma una comunità di cristiani, che sanno far festa, che non sono tristi e lagnosi, ma che hanno in cuore un messaggio da portare. Aprirsi e invitare i peccatori è ricordare a noi che lo siamo e invitarci tutti assieme a convertirci. Dobbiamo mangiare e vivere con i peccatori, perché altrimenti non possiamo vivere con noi stessi. 

 

 

mons. Domenico Sigalini

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