India, i fuori casta sono lasciati senza aiuti. Intervista a un'operatrice umanitaria.«Sono tra i dimenticati della tragedia del 26 dicembre: centinaia, forse migliaia di persone che per antiche credenze locali non meritano alcun soccorso. In India li chiamano Dalit, o anche ‚Äòfuori casta' e ‚Äòintoccabili', e rappresentano l'ultimo stadio di un sistema sociale fondato sulla discriminazione...».
del 01 gennaio 2002
Da un mese ormai si aggirano tra le macerie e i cadaveri senza guanti e maschere, completamente esposti al rischio di infezioni. Sono tra i dimenticati della tragedia del 26 dicembre: centinaia, forse migliaia di persone che per antiche credenze locali non meritano alcun soccorso. In India li chiamano Dalit, o anche ‘fuori casta’ e ‘intoccabili’, e rappresentano l’ultimo stadio di un sistema sociale fondato sulla discriminazione. Anche nella comune tragedia – nel Paese asiatico sono morte circa 11mila persone - sono stati esclusi da ogni tipo di aiuto e addirittura cacciati dai campi per sfollati. In mano hanno solo bottiglie di alcool che gettano sulle rovine per combattere il puzzo acre.
Come schiavi. Il maremoto ha colpito soprattutto i piccoli villaggi del sud dell’India dove i Dalit sono al servizio dei pescatori. “Nelle zone rurali indiane c’è un villaggio principale abitato da pescatori e contadini e lì vicino un altro agglomerato più piccolo in cui vivono gli intoccabili”, ci spiega Lawrencia Kwark, capo missione in India dell’Ong francese Comité catholique contre la faim et pour le développement (CCFD), che da tempo si occupa dei Dalit. “Sono poverissimi. Non possiedono né un appezzamento di terra né una barca, ma sistemano le reti e puliscono le imbarcazioni. Dipendono quindi anche loro dall’economia della pesca che oggi è in crisi proprio a causa dello tsunami”.
Cacciati dai campi. Il 26 dicembre è iniziato un inferno. “Le loro fragili capanne – continua Kwark - sono state tutte distrutte dalla marea, anche se si trovavano a tre chilometri dalla costa. Non hanno resistito a un’onda tanto violenta. I sopravvissuti hanno cercato riparo nei campi profughi, ma i pescatori li hanno costretti ad andarsene quasi subito o addirittura non li hanno fatti entrare. Per paura di rappresaglie i Dalit non hanno opposto resistenza. Alcuni si sono rifugiati presso i parenti, mentre i meno fortunati vagano da settimane per le strade senza cibo e lavoro”.
L'indifferenza del governo. Le autorità, d’altra parte, non si preoccupano di questi diseredati. “Quando i funzionari dello Stato – dichiara l’operatrice umanitaria - sono arrivati nei luoghi del disastro per registrare i danni, i Dalit avevano già lasciato i campi di soccorso. Così sono stati esclusi dal censimento e dalla distribuzione degli aiuti”. Anche Human rights watch denuncia: “Le aree dei Dalit sono state le ultime a essere raggiunte dall’elettricità e dai rifornimenti d’acqua potabile”. Dopo le pressioni dei media internazionali, infatti, i soccorsi hanno cominciato ad arrivare, anche se con ritardo e con molte difficoltà. “Il governo ha chiesto ai funzionari locali di intervenire, ma molti si sono rifiutati. Intanto i pescatori hanno demolito alcuni campi costruiti appositamente per gli intoccabili”. “Poi – aggiunge Kwark – c’è la questione dei cadaveri. Nessuno osa toccare i Dalit, perché sono considerati impuri. Il governo ha inviato l’esercito, ma i militari non hanno voluto sgombrarne e seppellirne i morti. I fuori casta raccolgono i corpi a mani nude e la situazione sanitaria è divenuta allarmante. Del resto, questo è il trattamento tradizionale riservato ai Dalit, anche il governo pensa che non abbiano diritti uguali al resto della popolazione”.
Il sistema delle quattro caste (religiosi, soldati e politici, commercianti e infine contadini) risale a 3mila anni fa e fu voluto dai Bramini, ovvero i capi hindu. I Dalit, esclusi da questa gerarchia, sono circa 240 milioni: ovvero un quarto degli abitanti dell’India non ha di fatto accesso a cure, istruzione e agli stessi impieghi e salari del resto della popolazione.
Francesca Lancini
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