Chi si forma all'interno dei gruppi ecclesiali ha il dovere di testimoniare con il suo agire la verità del vangelo nel settore dove opera, fosse la carica più alta dello Stato, piuttosto che l'insegnante di una classe plurima nel più piccolo paese di montagna...
del 02 agosto 2017
Chi si forma all’interno dei gruppi ecclesiali ha il dovere di testimoniare con il suo agire la verità del vangelo nel settore dove opera, fosse la carica più alta dello Stato, piuttosto che l’insegnante di una classe plurima nel più piccolo paese di montagna...
La formazione del laico in campo religioso è un qualcosa di diverso dell’istruzione secolare a cui tutti siamo obbligati ad accedere. Si tratta di un passaggio interiore che acquista valore solo in chi decide di seguire un percorso, costruttivo e intimamente avvertito, all’interno della profondità della Parola. Il credente in genere non si guarda comunque, con favore o meno, dal numero dei corsi o dei seminari frequentati all’interno delle parrocchie, ma dai suoi comportamenti coerenti con il vangelo.
Basta pensare a testimoni come Madre Teresa di Calcutta, e mille santi, uomini e donne illuminati. Doni del Signore che, pur senza alcuna formazione accademica, hanno rivoluzionato il mondo, o continuano a farlo, tracciando “autostrade” per raggiungere il cuore dei singoli. Tutto questo significa forse che il laico oggi non abbia bisogno di formarsi? Tutt’altro! Non occorre mai sovrapporre il mistero della chiamata, con il “viaggio” personale che ognuno decide, liberamente, di intraprendere all’interno di un gruppo ecclesiale. Chi è in odore di santità può essere un grande luminare o anche una persona semplice e sconosciuta. Di sicuro è indispensabile nutrirsi, attraverso il discernimento sacerdotale, del pane gustoso della catechesi evangelica.
Fa pensare l’ammonimento di Paolo VI quando durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 2 ottobre 1974 diceva che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni”.
Che cosa intendeva dire? Il Beato Montini, in modo profetico ha spiegato che “gli uomini di questo tempo sono degli esseri fragili che conoscono facilmente l’insicurezza, la paura, l’angoscia” per questo “hanno bisogno di incontrare altri fratelli che irradino la serenità, la gioia, la speranza, la carità, malgrado le prove e le contraddizioni che toccano anche loro”.
Secondo Paolo VI “le nuove generazioni hanno particolarmente sete di sincerità, di verità, di autenticità. Esse hanno orrore del fariseismo in tutte le sue forme. Si capisce perciò come esse si attacchino alla testimonianza di esistenze pienamente impegnate al servizio di Cristo. Percorrono tutti gli angoli della Terra per trovare dei discepoli del Vangelo, trasparenti a Dio e agli uomini, che rimangono giovani della giovinezza della grazia di Dio”.
Per questo motivo – concludeva Montini – “occorrono oggi più che mai dei testimoni dell’invisibile” perchè , “le nuove generazioni vorrebbero incontrare più testimoni dell’Assoluto”.
A proposito della formazione il compendio della Dottrina Sociale della Chiesa così recita al punto 549: “La dottrina sociale della Chiesa deve entrare, come parte integrante, nel cammino formativo del fedele laico. L’esperienza dimostra che il lavoro di formazione è possibile, normalmente, all’interno delle aggregazioni laicali ecclesiali, che rispondono a precisi criteri di ecclesialità”.
Vivificare cristianamente i vari settori dell’ordine temporale è sicuramente un impegno necessario e soprattutto illuminante, per aiutare la società a munirsi di quegli anticorpi che salvano il mondo. Le associazioni, i movimenti e i gruppi laicali inseriti nella Chiesa, hanno il dovere di rendere agile il raggiungimento di questo obiettivo.
Devono perciò presentare in modo visibile il valore della comunione ecclesiale, davvero efficace nell’operato del singolo individuo, ma che trova nelle aggregazioni dei fedeli, partecipanti con responsabilità alla vita della Chiesa, una sua specifica espressione. Il punto 550 del Compendio è ancora più chiaro appena sottolinea l’importanza della DSC, nell’accompagnare questo tragitto istruttivo: “La dottrina sociale della Chiesa è importantissima per le aggregazioni ecclesiali che hanno come obiettivo del loro impegno l’azione pastorale in ambito sociale“.
Chi si forma all’interno dei gruppi ecclesiali ha il dovere di testimoniare con il suo agire la verità del vangelo nel settore dove opera, fosse la carica più alta dello Stato, piuttosto che l’insegnante di una classe plurima nel più piccolo paese di montagna. A entrambi nessuno chiede di tenere lezioni di fede, sarebbe un inganno alla stessa Parola. Parleranno per ognuno la testimonianza e la correttezza quotidiana ancorate ai valori cristiani. I gesti, i comportamenti fraterni, il modo di comunicare, la gioia di porsi, il rigore morale nella più ampia naturalezza, il riconoscimento dei propri limiti e dei propri talenti, sanno a volte motivare più dei validi contenuti di una qualsiasi conferenza pubblica sulla fede nel Signore.
Questo non esclude che sia un qualunque maestro spirituale, magari titolare anche di una sua alta formazione accademica, a trasmettere al prossimo sofferente, quella stessa tenerezza che Papa Francesco pone al centro del cammino sacerdotale. Si incrociano così la conoscenza illimitata e illuminante della sacra scrittura, con il tenore corrente di chi cerca un sorriso e una parola di conforto e di amore, per riprendere con speranza la sua vita quotidiana. Non c’è incompatibilità tra studio e solidarietà; tra amore e profonda ricerca religiosa; tra formazione personale e promozione della dignità umana.
Ad ognuno la consapevolezza della propria strada all’interno della Chiesa, con lo scopo di contribuire a rafforzare e rendere concreto il punto 552: “Tra gli ambiti dell’impegno sociale dei fedeli laici emerge anzitutto il servizio alla persona umana”. Gesù attraverso la sua missione terrena lo ha messo in atto ogni giorno, rendendo testimonianza al Padre. Con le Beatitudini ha poi dettato il manifesto centrale, a cui devono ispirarsi i cristiani e gli uomini di buona volontà. Tappa basilare per realizzare quanto nello stesso punto ci invita a fare la Dottrina: “La prima forma in cui si assolve tale compito consiste nell’impegno e nello sforzo per il proprio rinnovamento interiore”.
Cambiare il cuore non è solo un tentativo mentale, ma un processo di coscienza lungo e graduale. Una intima evoluzione che, se accompagnata nel solco del vangelo, porta al rinnovamento spirituale anche chi sembra non credere proprio in un “miracolo” di tale portata. Non a caso nel Compendio, sempre a coronamento dell’ultimo punto considerato, leggiamo: “Dalla conversione del cuore scaturisce la sollecitudine per l’uomo amato come fratello”.
In queste parole c’è la ragione essenziale per trasformare il male in bene in ogni articolazione dell’organizzazione sociale, politica ed economica delle nostre comunità, a favore di un mondo di pace, di amore e di giustizia. Formarsi perciò per un credente non è solo un dovere, ma soprattutto un diritto che gli consente di aprire lo scrigno sapienziale delle Scritture e vivere la Parola di Dio.
Egidio Chiarella
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