Che succederà ora in Palestina? Intervista di Gianni Valente a padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta, su Vita magazine.
del 01 gennaio 2002
Guerre, massacri, assedi alle chiese. E anche scazzottate coi monaci ortodossi co-inquilini. Nella loro secolare presenza presso i Luoghi Santi, i francescani di Terrasanta le hanno viste tutte. Se adesso, dopo anni di conflitto senza via d'uscita, il loro Custode vede nell'annunciato ritiro degli insediamenti israeliani da Gaza e nel passaggio di potere iniziato in campo palestinese indizi interessanti di una possibile svolta, le sue osservazioni meritano senz'altro attenzione
Padre Pierbattista Pizzaballa, nato 39 anni fa a Cologno al Serio, nella diocesi di Bergamo, è il nuovo Custode di Terrasanta dallo scorso maggio - uno dei più giovani mai scelti per questo ufficio -, dopo essere stato per quasi sei anni parroco della comunità cattolica di espressione ebraica di Gerusalemme.
Vita: Che reazioni ha potuto registrare dopo il voto della Knesset sullo smantellamento delle colonie a Gaza?
Pierbattista Pizzaballa: La società israeliana è divisa, anche se la maggioranza sostiene la decisione. Molti temono che non si arrivi fino in fondo e che in un modo o nell'altro la cosa verrà bloccata. Comunque è sicuramente una scelta coraggiosa. Va dato atto al premier Sharon di averla perseguita anche a prezzo di un rischio politico molto alto. Mi auguro che questa decisione possa segnare un elemento di novità e di discontinuità nel quadro complessivo del Medio Oriente, dove tante volte lo status quo finisce per diventare una mentalità.
Vita: Sharon ha chiesto ai coloni di liberarsi dal loro «complesso messianico»: Come valuta questo invito?
Pizzaballa: È un richiamo alla laicità della politica che valuto positivamente. Sharon è essenzialmente un militare, gli interessano i risultati, e li persegue fino in fondo con realismo.
Vita: Sul fronte palestinese, si fanno i conti con l'uscita di scena di Arafat. Dopo di lui il caos?
Pizzaballa: Sta finendo un'era, ma quella nuova non è cominciata. Le incognite sono molte. All'inizio immagino che il passaggio di potere potrà portare tensioni e confusione. Ma conflitti ce ne erano già prima. In una prospettiva più lunga, ci sono sicuramente nei Territori persone che potrebbero coordinarsi e assumere insieme la responsabilità di una vera classe politica.
Vita: La politica internazionale come può aiutare questa fase di transizione?
Pizzaballa: Da soli israeliani e palestinesi riusciranno difficilmente a trovare un accordo duraturo, se non c'è una forte pressione dall'esterno. Soprattutto gli europei mi auguro che siano più presenti.
Vita: Davanti alle incertezze della transizione, come deve porsi la Custodia di Terrasanta e le altre realtà ecclesiali?
Pizzaballa: Occorre mantenersi sempre molto liberi, evitando di entrare nel gioco delle parti. Stare con la gente, parlare sempre con rispetto e carità. E poi, senza giudicare nessuno, continuare la nostra missione a livello sociale e religioso, senza lasciarci prendere dall'ansia o dalla paura.
Vita: Anche i suoi richiami alla neutralità sono stati interpretati come segnali di una svolta “politica” della Chiesa cattolica in Terrasanta, tradizionalmente vicina ai palestinesi.
Pizzaballa: Sono interpretazioni fantasiose. La Chiesa di qui, come Chiesa locale, è una realtà prevalentemente palestinese. Lì sono le nostre radici e la nostra storia, anche se ci sono piccole comunità cristiane in ambiente ebraico. Io voglio solo dire che la Chiesa deve mantenersi libera e parlare con libertà a tutti. Oggi, se tu in Medio Oriente ti schieri, devi decidere non solo con chi stai, ma anche contro chi stai. E invece noi non siamo contro nessuno. Non siamo nemici di nessuno. Amiamo il popolo palestinese, siamo con loro, siamo sempre stati solidali con loro, e lo saremo sempre. Ma questo non significa essere contro il popolo d'Israele.
Vita: Secondo alcuni, visto che i cristiani palestinesi continuano ad emigrare, il volto futuro della presenza cristiana in Terrasanta sarebbe rappresentato proprio alle comunità cristiane in ambiente ebraico. Lei le conosce bene…
Pizzaballa: Sono realtà importanti e interessanti, ma a livello quantitativo sono realtà molto piccole, infinitesimali. Non credo che si possa parlare a breve termine di un cambiamento radicale della presenza cristiana in Terrasanta.
Vita: L'identificazione del cristianesimo con la categoria dell'Occidente, data per scontata in tante analisi geo-politiche, come viene vissuta dai cristiani in Medio Oriente?
Pizzaballa: È un pregiudizio della mentalità occidentale che i cristiani di qui soffrono molto. Nel senso che loro sono molto coscienti di appartenere al mondo orientale e arabo, e simili ragionamenti sembrano negare la possibilità stessa che vi siano cristiani che non appartengono alla cultura occidentale.
Vita: Lei ha dato l'allarme sull'eccessivo assistenzialismo delle istituzioni ecclesiali nei confronti delle comunità cristiane mediorientali. A cosa si riferiva?
Pizzaballa: I cristiani qui sono una minoranza, nessuno si occupa di loro, e le Chiese devono assumersi anche un'importante opera dal punto di vista sociale, per aiutare a mantenere viva la presenza cristiana. Ma il rischio è che ci si dedichi solo a costruire case e cercare posti di lavoro, a creare strutture, a fare e strafare, e poi ci si dimentichi che i cristiani sono anche coloro che credono in Gesù Cristo. A volte le istituzioni ecclesiastiche tendono a farsi assorbire totalmente dal lavoro di assistenza.
Vita: Ma costruire case e cercare lavoro per i cristiani è un modo realistico per tentare di frenare il loro esodo?
Pizzaballa: Quelli che emigrano non sono quasi mai poveri. Di solito emigra chi un lavoro ce l'ha. Professori, dottori, architetti, avvocati. E non emigrano solo per questioni economiche, ma soprattutto per avere una prospettiva migliore.
Vita: Sul ruolo della Custodia di Terrasanta, dopo la sua elezione, lei ha invitato a guardare alle origini…
Pizzaballa: Il punto di partenza della nostra presenza in Medio Oriente è l'incontro di san Francesco con il sultano Melek el Kamil. Allora Francesco, in un contesto di guerra, durante le Crociate, scavalcò le trincee per andare a incontrare quello che era considerato il nemico per eccellenza. Nella Regola, Francesco raccomanda che i frati, quando vanno tra i non cristiani, siano semplici, umili, sottomessi a tutti, e testimonino con la loro vita di essere cristiani. La Custodia, essendo una Custodia francescana, deve mantenere questo stile. Anche oggi, dialogando con tutti, senza condannare nessuno.
Vita: Di recente sono sorti problemi tra Chiesa e Stato d'Israele. Che ostacola la concessione di visti al personale religioso proveniente da nazioni arabe. O cerca di sottoporre a pressione fiscale organismi assistenziali legati alla Chiesa.
Pizzaballa: Sulla questione fiscale sta lavorando la Commissione mista tra Israele e Santa Sede. Sul problema dei visti il governo israeliano ha dato tutte le sue assicurazioni che la questione è in via di soluzione. Il fatto è che tutte le richieste di visto per religiosi originari dei Paesi arabi passano al vaglio dei servizi segreti, che compiono lunghe indagini prima di dare il nulla osta. È una prassi che rivela un atteggiamento discriminatorio nei confronti degli arabi in quanto tali. Ma preferisco non pensare che ci sia anche l'intenzione di colpire in maniera mirata la presenza dei religiosi, dei sacerdoti e dei seminaristi di origine araba presenti in Terrasanta.
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Gianni Valente
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