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Merita che si muoia per Lui

Testimonianza di Lucia, ragazza di 19 anni, albanese: "Unica voce che mi parlava di Gesù e della sua Chiesa era quella dei miei familiari. Sentivo che era vero, ma come poteva contare per me il loro annuncio, quando tutti mi dicevano il contrario? Non mi fu possibile ricevere la prima Comunione né la Cresima. Era proibito farmi il segno della croce".


Merita che si muoia per Lui

da Quaderni Cannibali

del 25 maggio 2011

 

 

           In Albania, per circa 50 anni, i capi comunisti hanno fatto il possibile e l’impossibile per eliminare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Preti e vescovi incarcerati, uccisi, massacrati. Cristiani ridotti al silenzio, impediti sotto pena di morte di far battezzare i loro figli, di dare loro una formazione cristiana. Le chiese ridotte a magazzini, oppure atterrate.

          Davvero l’era dei Martiri, con il dittatore “falce e martello” che si vantava di aver costruito “il paese più ateo del mondo”. Eppure Gesù, nonostante tutto, ha continuato a camminare per le strade dell’Albania e ha avvinto anche là la gioventù e l’amore: Lui crocifisso e eternamente vivo, giovane amante. Quando tra il 1991 e il 1992, il comunismo è stato travolto in Albania dalle stesse distruzioni immani da esso operate, abbiamo cominciato a conoscere piccole meraviglie di Verità e di amore.

          Ecco che cosa ha scritto, nell’estate 1992, Lucia, 19 anni, allora, albanese, giunta in Italia e accolta da un istituto di suore: «I miei genitori, cattolici praticanti, mi hanno fatto battezzare in segreto, quando sono nata. Man mano che crescevo, il papà, la mamma, la nonna mi parlavano di Gesù, raccomandandomi di tenerlo nel cuore, di non dimenticarlo mai. La nonna mi diceva: “Ricordati, Lucia, che solo Gesù è il nostro Salvatore. Anche se gli altri ti diranno che Gesù è una favola da dimenticare”.

          Io ascoltavo i miei cari. Sapevo che mi volevano davvero bene e che non mi ingannavano. Ma a scuola, negli incontri con gli altri giovani, sui giornali che passavano tra le mie mani, sentivo sempre ripetermi le stesse cose: “La Chiesa Cattolica, a cominciare dal Papa, è una banda di sfruttatori. Gesù Cristo – il vostro Cristo! –, la religione, ogni religione, è solo un’invenzione dei preti, per dominare sui poveri”. E cose simili.

          Unica voce che mi parlava di Gesù e della sua Chiesa era quella dei miei familiari. Sentivo che era vero, ma come poteva contare per me il loro annuncio, quando tutti mi dicevano il contrario?

          Non mi fu possibile ricevere la prima Comunione né la Cresima. Era proibito farmi il segno della croce. La nonna mi aveva insegnato a tracciarmi una piccola croce sulla fronte, dando l’impressione che mi grattassi la pelle. Guai se qualcuno mi avesse vista pregare. Guai se avessero scoperto la mia fede, anche se la mia fede era solo una fiammella che lottava contro una bufera di menzogne.

          Ma io pregavo ogni sera, prima del riposo, in ginocchio ai piedi del letto, tenendo tra le mani una medaglietta dell’Immacolata che mi era facile nascondere: o un’altra medaglia del Sacro Cuore di Gesù. Anche per strada – persino a scuola – mi sorprendevo a pregare nella mia mente: “Gesù, aiutami. Libera la mia patria da questa situazione, donaci di essere liberi di pregare, di manifestare la nostra fede”.

          Ero molto triste: per i miei cari, per i miei amici. Non potevo confidarmi con nessuno: c’era il rischio di essere denunciata, di finire molto male. Avevo sempre voglia di piangere. I miei cari, però, sottovoce, continuavamo a ripetermi: “Lucia, pensa a Gesù, pregalo, confida in Lui”. Mi parlarono della Madonna: “è nostra Madre e verrà un giorno a liberare l’Albania”. Ma come poteva contare Gesù nella mia vita, quando tutti mi dicevano di rifiutarlo? Mi chiedevo: “Ma perché i miei genitori mi ricordano Lui tutti i giorni?”. Finalmente compresi.

          Una mattina, passavo su una piazza. Fui attirata dal movimento di alcuni uomini in catene, spintonati da agenti di polizia, quelli che facevano paura a tutti. Erano armati. Spinsero quegli uomini, ammanettati, contro un muro. Puntarono loro i fucili.

          Capii che stavano eseguendo una condanna a morte e che questa doveva essere “esemplare”, pubblica, per incutere terrore alla gente. Me ne andavo veloce, impaurita. Ero poco più di una ragazzina. Ma sentii che quegli uomini dalle mani legate dietro la schiena, sereni in volto da stupire, quasi come andassero a una festa, gridarono insieme più volte: “Viva Cristo Re! Viva Gesù che è nostro Re e nessun altro è nostro re!”. Tacquero solo quando colpiti a morte, caddero sotto i colpi del plotone di esecuzione: “il piombo dei senza-Dio”, come diceva la nonna.

          Anche se non conoscevo abbastanza a fondo Gesù e la sua storia di amore, anche se per me contava ancora così poco nella mia povera vita senza speranze, quel giorno, tutto mi fu spiegato chiaramente: “Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo per nostro amore, è Colui che merita tutto il nostro amore, tutta la nostra vita, se ci sono uomini che preferiscono morire uccisi per essere fedeli a Lui, per non rinnegarlo”. I comunisti credevano di cancellare Gesù dalla gioventù, dalla gente, dall’Albania. Noi, invece, abbiamo imparato a amarlo, a amarlo alla follia, proprio mentre i loro fucili sparavano contro gli innocenti, sui nostri eroi più puri, sui nostri martiri che si sacrificavano per Lui.

          Davanti a quegli uomini che rantolavano nel loro sangue, sparso per Gesù, io ho capito chi è Gesù, che cosa conta, che cosa doveva contare per me. Molti ragazzi, diversi giovani, hanno capito chi è Gesù vedendo cadere i martiri per Lui, dalle sofferenze che ci erano richieste per essergli fedeli.

          Ora, finalmente, qualcosa è cambiato nella mia patria, verso la libertà di professare la nostra fede. Io però vorrei dire a tutti, ai ragazzi, ai giovani d’Italia, questo paese che mi ha ospitato, e a tutti i paesi che godono la libertà di professare la fede, pur tra le difficoltà che si sono dovunque: “Gesù è Colui che merita tutto il nostro amore! Gesù è tutto per noi! Ma perché, amici, non lo amate come Lui merita di essere amato? Perché voi, che siete liberi, che avete libertà e benessere, lo dimenticate, anzi spesso lo tradite? Io, la mia giovinezza, la mia vita, il mio sangue, tutta me stessa, tutto io dono a Lui, per amarlo e farlo amare!”».

          Così scriveva Lucia, 19 anni, ragazza albanese, giovane donna d’oggi. Il giorno di Pasqua 1992, ha ricevuto per la prima volta Gesù nella Comunione Eucaristica. Il giorno di Pentecoste, 7 giugno 1992, ha ricevuto lo Spirito Santo nella Cresima... Quindi si è consacrata a Gesù per sempre, perché in fondo Gesù solo merita di essere amato.

          Dopo alcuni anni di preparazione, è rientrata in Albania, la sua patria, per far conoscere e amare Gesù a molti fratelli, nella Chiesa Cattolica, con l’impegno, dolce e forte, di richiamare a Lui i fratelli dell’Ortodossia e quelli che ancora neppure conoscono Gesù come il Figlio di Dio, essendo cresciuti nell’islam, perché – disse Gesù, la sera prima del suo patire – «questa è la vita eterna, la vera vita: che conoscano Te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3).

          Ma spesso, qui da noi, sono pochi a innamorarsi di Gesù, anche perché manca chi lo presenti in tutta la sua Verità, la sua grandezza, il suo fascino sovraumano. Allora, succede – come scriveva il padre André Manaranche –, che «non si può accettare un Gesù svuotato, un Gesù che non meriterebbe che si muoia per Lui. Se ti accade di sentir minimizzare Cristo (riducendolo a un cumulo di soli valori, di idee o a una favola per bambini...), domanda a chi lo maltratta così, chiunque esso sia, se accetterebbe di dare la vita per un tale fantoccio. Il test è infallibile». Ma ricorda: in ogni ora della storia, anche oggi merita di vivere e morire per Gesù. Solo Gesù merita il dono totale della vita e il sacrificio supremo. Non è un nanerottolo, Gesù, ma è il Re divino che decide la storia e l’eternità. Non c’è scampo: occorre sempre fare i conti con Lui.

          Non c’è stato secolo della sua venuta sino a noi, in cui la congiura più orribile non abbia tramato contro Gesù Cristo. Per duemila anni, si è fatto di tutto per toglierlo di mezzo. Le persecuzioni di Cesari, le orde dei barbari, le follie dei potenti e dei sapienti della terra, le lacerazioni e le negazioni operate dai suoi falsi nemici, l’eresia aperta e subdola, tutto è stato posto contro di Lui.

          Ma Gesù ha continuato a proseguire per la sua strada, umile e forte, percosso e umiliato, ancora e spesso crocifisso, eppure luminoso, dirompente, mai vinto, sempre il Vivente che fa nuove tutte le cose, Vincitore perché Vittima. Davvero merita spendere e consumare la vita per Lui. Non temere. Tutto passa, Gesù solo resta con la fronte redimita di spine e di gloria.

Paolo Risso

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