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Michele Rua: un altro don Bosco e...

Nella sua vita il punto di riferimento indiscutibile fu sempre don Bosco. Don Rua è stato uno dei Salesiani che ha condiviso con don Bosco in prima persona il processo della fondazione della Congregazione e il faticoso travaglio dell'elaborazione delle Costituzioni fino all'approvazione ... Per questo qualche studioso gli vorrebbe attribuire l'appellativo di cofondatore..


Michele Rua: un altro don Bosco e…

da Teologo Borèl

del 23 dicembre 2010

 

          Numerose biografie del primo successore di don Bosco, presentano Michele Rua (1837-1910) come un “altro” don Bosco, tanto sono attente a mettere in luce le somiglianze del figlio al padre. I contributi di studio più recenti, basati su fonti in gran parte inedite, e la stessa Mostra allestita in occasione del centenario della morte di don Michele Rua ne evidenziano, oltre che la fedeltà, l’originalità e la diversità.           Un “altro” don Bosco Così l’aveva descritto il card. José Calasanz, ponente della causa di venerabilità di don Bosco nel 1907: “un altro don Bosco”, “una reliquia vivente di don Bosco”. Chi aveva conosciuto l’uno e l’altro scorgeva in don Rua la stessa dolcezza, la stessa semplicità di vita, la stessa grandezza d’animo e lo stesso dinamismo apostolico. Michele ebbe il privilegio di restare all’oratorio di Valdocco ininterrottamente fin dalla fanciullezza, ad eccezione della breve parentesi di due anni vissuti a Mirabello, e quindi per più di 40 anni! Vicinissimo spiritualmente e fisicamente al Padre, fu il suo collaboratore di fiducia, sempre responsabile, fedele fino alla fine a quanto gli era stato affidato. L’intensa consuetudine di vita l’ha plasmato come “il successore di don Bosco”, una figura tutta relativa al Padre. Aveva talmente assimilato il suo spirito, la sua creatività educativa, il suo amore a Gesù e a Maria Ausiliatrice, la sua profondità di vita tutta conse-gnata a Dio e ai giovani da educare, da essere considerato “don Bosco risuscitato”.           Don Rua è stato uno dei Salesiani che ha condiviso con don Bosco in prima persona il processo della fondazione della Congregazione (1859) e il faticoso travaglio dell’elaborazione delle Costituzioni fino all’approvazione (1874). Per questo qualche studioso gli vorrebbe attribuire l’appellativo di cofondatore!           Aveva condiviso tutte le fatiche del processo di fondazione e scorgeva in ogni parola delle Regole il desiderio di don Bosco che in esse aveva codificato l’ideale della sua Famiglia religiosa. Essere fedele alla Regola significava voler bene al Padre, essergli fedele. Don Rua è perciò chiamato la “regola vivente” perché l’ha incarnata fino alle sfumature conformandosi in tutto ad essa. Nella sua vita il punto di riferimento indiscutibile fu sempre don Bosco. Egli si propose di restare intenzionalmente all’ombra del Padre. Il card. Cagliero lo definisce: «L’occhio, la mente, il cuore di don Bosco».Ci sono rimasti degli appunti di una conferenza di don Rua tenuta alle FMA alla chiusura degli esercizi spirituali il 21 marzo 1909.           Dopo aver detto di non meritare tutti gli elogi che le suore gli avevano attribuito, così continuò: «Li accetto solo perché sono seguiti dalla promessa che pregherete per me che ne ho molto bisogno.Desidererei essere una copia di don Bosco, e mentre ne sto leggendo la vita, la confronto con la mia e me ne trovo umiliato e devo dire che ne sono invece una brutta copia di D. Bosco. E non lo dico per umiltà, ma perché è così, e pregate affinché io possa divenire una vera copia del nostro Venerabile Padre». Alla morte di don Rua, a molti parve che don Bosco avesse prolungato di 22 anni la sua esistenza, tanto il suo primo successore aveva saputo imitarlo in totale fedeltà. Don Rua – come proclamò Paolo VI nella Beatificazione – è stato il fedelissimo a don Bosco! “Altro” da don Bosco Nel confronto tra il figlio e il Padre emergono evidenti differenze. Diverso è il contesto in cui Michele è vissuto: la città e non la campagna. L’educazione familiare ricevuta in un ambiente operaio che si misurava con la precarietà del lavoro e numerosi lutti; le classi elementari comunali frequentate presso i Fratelli delle Scuole cristiane e il diploma di idoneità all’insegnamento conseguito all’Università degli Studi di Torino. Diverso il carattere, il modo di essere e di affrontare i problemi. Michele era di temperamento riflessivo, sensibile, riservato; era dotato di un’intelligenza acuta e di un’affettività ricca e controllata; era preciso, minuzioso, attento al dettaglio. Accanto a don Bosco, e in un cammino di costante autoformazione, riuscì ad addolcire punte di intransigenza e di rigore per divenire come il Padre, fratello e amico di tutti.La raccomandazione di don Bosco, incisiva e azzeccata, ha segnato per sempre il suocammino spirituale: “Fatti amare!”.            L’immagine di un don Rua solo austero e mortificato è certamente falsa. Lo studio delle fonti smentisce questa precomprensione forse dovuta alla sua magrezza, o al suo ruolo di Prefetto della Congregazione, compito che lo portava ad assumere precise responsabilità relative alla disciplina e alla regolarità. Sotto un aspetto ieratico e sempre calmo, don Rua era bruciato da una passione: l’amore di Dio e del prossimo. Sotto le sue rughe si coglieva la tenerezza e la gioia che Dio dà a coloro che lo amano.           La missione di Michele Rua non è quella di don Bosco. Spetta a lui non il fondare, ma il dare consistenza e solidità, sviluppare e lanciare la Congregazione sulle frontiere dei continenti in un tempo di mutate situazioni sociali. Vediamo in lui l’uomo dell’equilibrio che sa armonizzare fedeltà e creatività.Accoglie, assimila ma supera e reinterpre ta. Non è solo il garante della tradizione, ma l’interprete di un carisma da sviluppare in modo nuovo salvando l’essenziale ma inculturandolo in situazioni diverse da quelle del Fondatore.È stato il Rettor Maggiore del nuovo secolo, quindi ha scrutato in profondità i segni deitempi nuovi, si è lasciato interpellare e ha cercato di dare risposte pertinenti allenuove chiamate in un mutato periodo storico.           Ha proiettato la Congregazione su nuove frontiere: gli operai, i minatori, gli emigranti e per l’Istituto FMA i convitti per le operaie. La sua è quindi una fedeltà a don Bosco vissuta creativamente in situazioni diverse, sconosciute al Fondatore. Don Rua è l’uomo di fiducia di don Bosco, docilmente fedele al Padre, e al tempo stesso l’uomo del discernimento e della lungimiranza apostolica che sa portare la Congregazione in fedeltà a don Bosco “oltre don Bosco”. 

Piera Cavaglià

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