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Nazareth, noi

Una prima caratteristica di Nazareth mi sembra questa: è una famiglia che ha il coraggio di mettere Gesù in mezzo. 'Per forza!' - direte voi. Non mi pare sia così immediato: anche Maria e Giuseppe hanno dovuto riconoscere e credere in questa Presenza...


Nazareth, noi

da Teologo Borèl

del 01 gennaio 2002

Imbarazzo. Ogni anno questa festa mi lascia un po' perplesso. Perché? Vedete: proporre una famiglia come modello alle nostre famiglie concrete, in questi tempi di frammentazione e caos, mi sembra una cosa stupenda. Ma proporre questa famiglia! Come mi diceva un giorno una mamma, parlando del figlio, replicando al mio invito a guardare a Nazareth: 'Ha un bel da dire, reverendo: la Madonna come figlio aveva il Figlio di Dio!'.

Superata però la prima impasse, dobbiamo davvero fermarci alla straordinarietà di questa famiglia. O, meglio, al motivo per cui questa famiglia è straordinaria. Una prima caratteristica di Nazareth mi sembra questa: è una famiglia che ha il coraggio di mettere Gesù in mezzo. 'Per forza!' - direte voi. Non mi pare sia così immediato: anche Maria e Giuseppe hanno dovuto riconoscere e credere in questa Presenza. Il mistero della Nascita di Dio che si compie continuamente nelle nostre case c'invita alla stessa considerazione: anche se non possiamo avere un Dio sgambettante per casa, lo possiamo avere continuamente presente nelle nostre decisioni, nelle nostre preghiere, nelle nostre comunità. E non venitemi a dire che la famiglia di Nazareth se la passasse bene! Le disavventure terribili di questo bambino che fa paura ai re sanguinari ci fa riflettere: l'esilio in Egitto (che mi torna in mente ogni volta che vedo una famiglia straniera che mi chiede aiuto) ci ricorda dell'ostilità che Dio ha subìto da subito! Insomma, siamo schietti: mediamente teniamo Dio fuori dalle nostre famiglie, e si vede! Prendiamo esempio da Nazareth, dove è naturale percepire la sua Presenza. Dio chiede di abitare le nostre famiglie! Cerchiamo allora, con semplicità, di ricominciare da Dio, di infilarlo in mezzo alle nostre scelte, ai nostri ruoli educativi, alle nostre relazioni famigliari. Solo così, credo, riusciremo a vivere della serenità che doveva avvolgere la Santa Famiglia.

In secondo luogo, guardando a questa famiglia, leggendo le pochissime cose che traspaiono dai Vangeli, resto colpito dal clima di Mistero che avvolge tutti. Maria e Giuseppe serbano le cose che accadono nel loro cuore, e me li vedo scambiarsi lunghi sguardi interrogativi rispetto a questo bambino così uguale e così straordinario. Un Mistero che diventa rispetto della straordinarietà dell'altro. Quanto poco rispetto c'è nelle nostre famiglie! Lo sposo, la sposa, i figli sono 'proprietà', i gesti dovuti, lo stupore e la gratitudine banditi dai nostri discorsi. Recuperiamo il senso del Mistero dell'altro, che non mi è 'dovuto' ma 'donato', abbiamo il coraggio di ridirci cose che ci sembrano scontate. Ed è proprio il dialogo l'ultimo argomento di riflessione: impariamo e insegniamo a comunicare, a parlare del nostro intimo, a consegnare le nostre emozioni all'altro. Solo così le nostre famiglie riprenderanno la fisionomia di luogo di comunione che Dio ha voluto creandoci maschio e femmina.

E' un tempo difficile il nostro: l'amore resta l'ultima chimera, illusione, ma sentiamo questa contraddizione: la speranza che l'amore sia l'unica risorsa in questo mondo stravolto e la disincantata considerazione che la fedeltà sia un'illusione... animo, famiglie! Lasciatevi sedurre dalla proposta che Dio fa all'amore di coppia! Coppia cristiana: due persone che non si guardano solo negli occhi ma che guardano nella stessa direzione; due persone che si sono scelte per cercare - insieme - la felicità, senza credere di essere l'uno il senso della vita dell'altro...

Un'ultima parola di incoraggiamento va a chi, per un motivo o per un altro, vive sulla sua pelle la fatica di un fallimento matrimoniale: il Dio dell'impossibile ha per voi, per tutti, un progetto di comunione e di pace, di luce e di vita: cercatelo! Che la quiete e l'amore di Nazareth ci riconducano al bene di Dio.

don Paolo Curtaz

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