Ha colpito l'opinione pubblica la lettera di Courtney Baker, giovane mamma americana...
Pochi giorni fa Firenze ha ospitato i Trisome Games, evento dedicato esclusivamente ad atleti con sindrome di Down. Dal calcio al tennis, dal nuoto al judo, oltre mille giovani affetti da questa anomalia cromosomica in rappresentanza di 36 Paesi si sono affrontati dando prova di lealtà sportiva ed agonismo.
Suggestiva, durante la cerimonia d’apertura, la sfilata degli atleti in piazza della Signoria, tra bandiere al vento e sorrisi a cui ha fatto da sfondo il tripudio artistico che offre questo luogo.
Guardando questi giovani Down sfilare, soprattutto quelli sotto le insegne di alcuni Paesi occidentali, è lecito domandarsi se non si tratti di sopravvissuti a una sorta di sterminio eugenetico in atto.
È lecito dinanzi a numeri che fanno rabbrividire. Sono quelli delle interruzioni di gravidanza volontarie a seguito di una diagnosi prenatale che indica la sindrome di Down del feto. Nel maggio scorso si sono levate polemiche in Regno Unito, a causa della scelta del Sistema sanitario nazionale di un nuovo test sul Dna materno, che potrebbe ulteriormente far aumentare gli aborti di feti Down, che oggi si assestano Oltremanica al 90% dei casi.
Percentuale che aumenta di circa sei punti in Francia, dove due anni fa il Consiglio superiore per l’audiovisivo (Csa), massimo organismo francese di sorveglianza del settore, ha vietato uno spot nel quale dei piccoli Down raccontano a delle future mamme in attesa di bambini con trisomia 21 che loro figlio potrà fare tante cose: “andare a scuola”, “lavorare”, soprattutto “abbracciare” e “volerti bene”.
Nell’autunno scorso in Danimarca i giornali locali hanno titolato: “Tra trent’anni non ci saranno più persone affette da sindrome di Down”. Pronostico dettato dai dati pubblicati in quei giorni dalla Clinica universitaria di Aarhus, dal quale emerge che il 98% delle donne incinte a cui viene diagnosticato che il figlio è affetto da sindrome di Down, oggi abortisce.
Si tratta di quella che in molti non esitato a definire una sorta di deriva eugenetica, che spesso ha tra i suoi massimi promotori proprio i medici ginecologi.
A questa mentalità che fa pensare alla “cultura dello scarto” più volte evocata da Papa Francesco, ha dato una risposta altamente significativa Courtney Baker, una ragazza americana nonché mamma da qualche mese di una bambina Down.
Il blog Parker Myles, che si batte contro la discriminazione di persone affette da questa sindrome, ha ospitato infatti una sua lettera rivolta al medico che le aveva consigliato di abortire quando ha scoperto di aspettare una bambina che non corrisponde ai parametri di normalità.
La missiva di questa mamma – scritta a giugno, quindici mesi dopo la nascita della piccola – è stata ripresa dai media americani e ha fatto il giro del web.
“Sono venuta da te durante il periodo più difficile della mia vita. Ero terrorizzata, ansiosa, nella disperazione più totale. Non sapevo ancora la verità sulla mia bambina, perciò cercavo di saperla da te”, ricorda la donna. E accusa dunque il medico: “Invece di supporto e incoraggiamento, mi hai suggerito di abortire. Ti ho detto il suo nome e mi hai chiesto ancora una volta se avessimo capito quanto si sarebbe abbassata la qualità della nostra vita con una figlia con la sindrome di Down. Ci hai suggerito di riconsiderare la nostra decisione di portare avanti la gravidanza. Da quella prima visita abbiamo iniziato a temere gli appuntamenti. Il periodo più difficile della mia vita è stato reso quasi invivibile perché tu non mi hai mai detto la verità. La mia bambina era perfetta”.
La Baker fa anche esercizio di perdono e mitezza, quando scrive:
“Non sono arrabbiata. Non sono amareggiata. Sono soltanto triste. Sono triste per il fatto che ti sbagliavi così tanto nel dire che un bambino con la sindrome di Down potesse abbassare la qualità della nostra vita. E ho il cuore spezzato al pensiero che tu possa dirlo anche oggi, ad un’altra mamma”. Infine la ragazza esprime una speranza: “Che anche tu (medico, ndr) riesca a vedere la bellezza e l’amore puro in ogni ecografia. E la mia preghiera è che quando vedrai il prossimo bambino con la sindrome di Down dolcemente coccolato nell’utero di sua madre, tu possa guardare quella donna, ricordarti di me e dirle: ‘Il tuo bambino è assolutamente perfetto'”.
Federico Cenci
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