Nel 1999 il Consiglio d'Europa approvò una risoluzione per mantenere il divieto assoluto di eutanasia. Da ieri l'Olanda ha reso legale la morte sanitaria, anche per bambini dopo i 12 anni d'età.
del 01 gennaio 2002
Con chi hanno negoziato, i medici della clinica di Groningen in Olanda, i protocolli per uccidere i bambini per i quali la vita è (secondo loro) una sventura? Col ministro della salute? Con i magistrati della procura? Certo, con la legge no. La legge olandese in vigore dal 2002, quella stessa legge che ha infranto la Convenzione europea sui diritti umani e la Risoluzione del Parlamento europeo del 1999, contiene almeno una barriera sul versante dell'infanzia; l'eutanasia può essere chiesta da chi ha compiuto i 16 anni, e da 12 a 16 solo se c'è anche l'autorizzazione dei genitori. È già una previsione che mette i brividi; ma quel che è stato concordato nei giorni scorsi sfonda anche questa frontiera: ora si potranno uccidere anche i minori di 12 anni, i fanciulli, i neonati.
Il ministro non ha potere sopra la legge. I giudici nemmeno. Allora se il ministro consente, se i giudici si bendano gli occhi, con l' intesa preventiva di non procedere, sono l'immagine di una infedeltà e di una complicità che devasta il concetto stesso di ordine legale. La legge non è più tavola di giustizia, neppure di quella giustizia convenzionale che è il rimasuglio di utilità pratica quando ha già disertato la giustizia naturale; diventa solo un terreno di potere dei forti. Allo stesso modo che questa legge ha preteso potere sulla vita, essa propaga il suo vizio a quelli che pretendono potere su di lei. Batti e ribatti, la breccia si è allargata, come prevedibile; oggi il Potere introduce illegalmente nella legge l'eutanasia dei bambini.
Persino quel principio dogmaticamente enunciato dai fautori della 'morte su richiesta' in nome dell'autodeterminazione e del potere di disporre della propria vita - che pure sta fuori del diritto e dell'etica - non è comparabile con l'uccisione di un infante, che non ha la capacità di autodeterminarsi. C'è uno scarto infinito. Per lui, la volontà di morte è solo l'altrui volontà di farlo morire. Lui non è più neppure 'soggetto' del suo affacciarsi alla morte, ma oggetto di un'altrui decisione di spingerlo dentro la morte. E la chiamano 'pietà', questa usurpazione estrema dell'essere. Dicono di sapere quando l'esser vivi è un bene e quando è invece una disgrazia; quando la vita è degna e quando è indegna. E meticolosamente - avvertono per memoria dei burocrati - fanno fare la verifica non solo dal 'dottor Morte', ma anche da un secondo medico 'indipendente'. Indipendente da chi, da che cosa? Il solo fatto che dipenda dai medici se all'uomo convenga la vita o la morte è spaventoso. Fa venire in mente il detto di Lenin, che «chi possiede la sanità possiede il popolo».
Oppure, più cupamente, fa venire in mente le testimonianze raccolte nel processo di Francoforte del 1965 sulla segreta 'Operazione T4' avviata nel 1939 nel terzo Reich, dopo la lettera che il suo Fuhrer aveva scritto al medico Karl Brandt: «Dobbiamo garantire una morte pietosa ai pazienti considerati incurabili secondo il miglior giudizio umano». Furono pietosamente uccisi, fra i molti, 5.000 bambini.
Quel pensiero benefattore torna oggi ad aleggiare sopra i bambini d'Olanda. Il primario pediatra di quella clinica, Eduard Verhagen, denuncia oggi che vi possono essere ogni anno 800 uccisioni praticate. L'handicap e il dolore dei bambini chiedono un sovrappiù di amore, non la morte. Disfarcene è ferocia.
Giuseppe Anzani
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