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Omelia: "Incontro di due amori"

Se non ami tuo fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? I due comandi non possono essere divisi, non può esistere l'uno senza l'altro. Sono come le due facce di un'unica medaglia: non esiste una medaglia con una sola faccia.


Omelia: 'Incontro di due amori'

da Quaderni Cannibali

del 20 ottobre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

Letture:  

Esodo 22, 21-27                          1 Tessalonicesi 1, 5-10                     Matteo 22, 34-40 La legge ebraica, col passare dei secoli, era diventata un ginepraio impercorribile, tanti erano diventati i divieti, le prescrizioni, le norme. Di qui trae origine e si giustifica la domanda di colui che nel Vangelo odierno viene chiamato “dottore della legge”, esperto di diritto. “Qual è il comandamento che,  osservato, assicura di aver osservato tutta la legge?” E Gesù risponde citando due passi dell’Antico Testamento: Deuteronomio 6,5 (Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze) e Levitico 19,18 (Amerai il tuo prossimo come te stesso) con l’aggiunta: “E il secondo è simile al primo!” Tutti sappiamo a memoria questo brano di Vangelo sul quale mi permetto di fare alcune puntualizzazioni, spero concrete e utili. 1. Il più bel commento a questo brano evangelico l’ha forse fatto sant’Agostino: “Un’ala è ‘Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente’. Ma non rimanere attaccato ad una sola ala, poiché se credi di averne una non hai neppure quella. ‘Amerai il prossimo tuo come te stesso.’ Se non ami tuo fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (1 Gv 4, 20). Aggiungi anche un’altra ala; in tal modo potrai volare, così estirperai la cupidigia delle cose terrene e potrai porre stabilmente la carità nei beni celesti. In quanto ti appoggerai a queste due ali, avrai il tuo cuore in alto, affinché il cuore, tenuto in alto, a suo tempo trascini in alto anche il tuo corpo”.            Parlare di due ali, significa dire che i due comandi non possono essere divisi, non può esistere l’uno senza l’altro. Sono come le due facce di un’unica medaglia: non esiste una medaglia con una sola faccia. L’apostolo Giovanni arriva ad affermare che è bugiardo chi dice di amare Dio e poi odia suo fratello e aggiunge: “ Chi ama Dio, deve amare anche i fratelli”.La totalità della ricerca di Dio (amare Dio con tutto il cuore) prende forma concreta nel modo in cui si instaurano i rapporti con gli uomini. Non c’è altro luogo in cui dare forma al riconoscimento del primato di Dio, se non la misericordia, la non violenza, l’impegno per la pace, la disponibilità fino al dono della vita. L’amore verso gli altri non è solo la conseguenza dell’amore verso Dio, ma è la sua figura. E non solo la figura concreta, tangibile del nostro riconoscimento del primato di Dio, ma la figura concreta e tangibile di come Dio ama l’uomo. Così è stata la vita di Gesù!L’unico modo che abbiamo per verificare se amiamo Dio con tutto il cuore è dato dal dono che facciamo di noi stessi, della nostra vita, del nostro tempo agli altri.            Ma c’è di più: occorre considerare l’umano (la vita, il lavoro, le realtà mondane, la pace, la sessualità, lo sport, il divertimento, le vacanze....) come luogo di presenza di Dio, non di assenza! Dio, in altre parole, non lo incontriamo solo in chiesa o nei momenti cosiddetti sacri: Dio lo incontriamo dappertutto: la sua presenza è diffusa e nascosta in tutto ciò che l’uomo vive, ama, spera, soffre... e questo per il fatto che Gesù, facendosi uomo, ha abilitato la natura umana a farsi trasparenza di Dio, luogo privilegiato della sua manifestazione. Anche noi, come Gesù, possiamo diventare capaci di manifestare Dio. È proprio questa sacralità presente nella persona umana (“Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me”) che ha spinto schiere di uomini e donne a dare la vita nel servizio dei poveri, malati, bisognosi di ogni tipo. Nell’uomo essi sapevano di servire Gesù! Rifletti quindi un po’ sul tuo modo di pregare, di partecipare all’Eucarestia, di vivere il tuo rapporto con Dio. Se questa dimensione ‘verticale’ non incide e non migliora la tua dimensione ‘orizzontale’, tanto o poco c’è qualcosa che non funziona. E non pensare che la carità consista solo e sempre nel dare delle cose, a cominciare dai soldi: è un modo povero e riduttivo di intendere l’amore. Ci sono persone che non hanno bisogno di beni materiali, ma sono bisognose di quelle che la Chiesa chiama “opere di misericordia spirituale”: consolare, incoraggiare, sciogliere dubbi e sollevare stati d’animo depressi, portare sulla via del bene... In questa linea vorrei intendessi i tanti appelli che ho rivolto a te e ai giovani di pubblicizzare i nostri corsi, incontri, gruppi: possono diventare per tanti (e forse lo sono già stati per te) occasione di rinnovamento, di vita nuova, di incontro con altri e anche con Dio.... Pensaci, è importante! A tanti giovani Dio è arrivato attraverso queste povere mediazioni, veicolate da amici comuni. 2. Non separare ciò che Dio ha unito! Questa espressione che sentiamo ripetere al termine del rito del matrimonio, la possiamo applicare alla logica dei due amori: non separare l’amore a Dio dall’amore all’uomo. E quando questo dovesse succedere? - Separare il culto, la preghiera, il rapporto con Dio dalla carità significa vanificare la fede stessa, svuotarla della sua forza migliore. “Questo popolo mi onora con le labbra!”: rileggi il primo capitolo di Isaia e la prima lettura della liturgia odierna. A te poi toccherà riscrivere gli esempi che vi trovi nelle condizioni sociali del nostro tempo.- Separare il servizio da un riferimento esplicito alla fonte che è Dio è verificare   prima o poi che “Senza di me non potete far nulla... occorre che il tralcio per portare frutti sia inserito vitalmente nella vite!”- Staccare la morale (pratica dei comandamenti, la prassi della vita cristiana...) da un vero incontro con Dio (la fede in Lui) significa trasformare la prima da peso leggero in un giogo insopportabile, un obbligo che mortifica e di cui non si coglie il senso. Molti giovani sentono il peso della messa domenicale e prima o poi l’abbandonano perché non hanno fatto esperienza di Dio, di quanto sia bello vivere con Lui e per Lui! Conclusione: ti lascio con due brevi testi di due santi che non hanno bisogno di commenti.“Quando serviamo i poveri e i malati, serviamo Gesù. Non dobbiamo lasciar mancare l’aiuto al nostro prossimo, perché nei nostri fratelli serviamo Gesù” (S. Rosa da Lima)“Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l’intenzione dell’orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l’orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia per un’opera di Dio per farne un’altra. Se lasciate l’orazione per assistere un povero, sappiate che fare questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole e tutto deve riferirsi ad essa. È una grande signora: bisogna fare ciò che comanda. Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcun timore della morte.” (S. Vincenzo de’ Paoli)

Don Gianni

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