Osservi o contempli?

Dio parla in qualsiasi circostanza, in qualsiasi momento. Contemplare la vita e nella vita contemplare Dio. È un modo di vivere che voglio imparare ogni giorno.

Osservi o contempli?

del 15 gennaio 2017

 

Dio parla in qualsiasi circostanza, in qualsiasi momento. Contemplare la vita e nella vita contemplare Dio. È un modo di vivere che voglio imparare ogni giorno.

 

C’è una grande differenza tra osservare e contemplare. Spesso osservo la vita. Quello che accade davanti a me. Lo analizzo, lo seziono, e decido cosa va bene e cosa no. Mi indigno con quello che non condivido. Voglio cambiarlo. Mi emoziono per quello che mi tocca l’anima. Voglio modificare la disposizione delle cose. Eliminarne alcune, introdurne di nuove. Ho una tendenza naturale a osservare cosa succede e poi ad agire. Guardo, ma non contemplo.

Mi costa di più contemplare semplicemente quello che ho davanti, stupendomi della sua bellezza, senza fare nulla.

L’altro giorno leggevo: “Se una persona osserva, vuole sapere e ottenere informazioni. Si vuole ottenere qualcosa, ad esempio la conoscenza. Il mero contemplare, invece, non mira ad ottenere nulla. L’atteggiamento contemplativo ci porta a una calma incredibile. Tutto ciò che è presente può essere davvero presente. Non abbiamo bisogno di cambiare nulla. Lasciamo tutto com’è. Contemplando si arriva all’amore per ciò che si contempla. La contemplazione è disinteressata e libera da interessi propri.

Non desidereremmo mai che Dio ci osservasse, ma siamo felici quando ci contempla con bontà. Neanche nella vita eterna osserveremo Dio, ma lo contempleremo, e per questo lo ameremo” [1].

Vorrei imparare a vivere così. E a trarre pace da tutto ciò che vedo. Soffermandomi davanti alla vita, riempirmi della presenza di Dio. So che tutto mi parla del suo amore, della sua preoccupazione per me. Voglio che Dio mi contempli.

Voglio contemplare Dio e sapere cosa mi sta dicendo nelle mie giornate. Non solo dove credo che Dio debba dirmi qualcosa.

Giorni fa, camminando per strada, un cane mi si è avvicinato per annusarmi. Io mi sono scostato un po’ perché mi sono spaventato. La ragazza che lo teneva al guinzaglio mi ha guardato e mi ha detto: “Salve”. Per un momento ho pensato di conoscerla, e ho risposto: “Salve”. La ragazza mi ha detto: “Non sono io, è il cane che ti dice ‘Salve’”. Sono rimasto un po’ sorpreso. Poi mi ha chiesto: “Sei un sacerdote?” “Sì”, ho risposto. E allora mi ha detto: “Dì a tutti che bisogna abbracciare. Molte persone muoiono senza essere abbracciate”.

A volte credo che Dio mi parli attraverso i santi, attraverso il Vangelo, attraverso scritti pii, attraverso persone in cui credo e confido. Ma mi costa pensare che Dio mi parli in qualsiasi modo in mezzo alla strada. Attraverso una persona sconosciuta con un cane.

Senza dubbio quella ragazza bionda col suo cane mi ha detto qualcosa di Dio quel giorno. Non che i cani dicono “Salve”. Questo non mi colpisce troppo. Ma che è necessario abbracciare per vivere. Che è vero che molte persone muoiono senza essere abbracciate. Ed è necessario abbracciare e amare con l’anima e con i gesti.

Mi ha ricordato qualcosa che so ma che a volte dimentico. Che l’amore che non si esprime si perde e la morte è molto dura quando ci manca l’amore nel cammino. Mi ha ricordato che devo abbracciare le persone che amo, prima che se ne vadano. Perché la vita è molto breve. Devo abbracciare quando perdono chi mi ha ferito.

Penso che Dio mi parli attraverso altre forme di vivere e di pensare, diverse dalle mie. E che non devo volerle cambiare solo perché sono diverse. Non mi parla solo in coloro che la pensano come me, nei credenti, in quelli che sono molto vicini a Dio.

A volte continua a sorprendermi. E mi parla in quello che non conosco. In quello che è diverso. In quello che mi spaventa. In qualsiasi circostanza. In qualunque momento.

Per questo credo di dover imparare a contemplare di più la vita. A fermarmi e guardare senza voler cambiare nulla. A stupirmi di più, sorprendermi di più. E a non voler cambiare immediatamente quello che non condivido, quello che non mi piace.

Forse per questo mi sorprende il fatto di trovare persone molto religiose che dubitano del papa. Non sono d’accordo con i suoi gesti e non vi vedono nulla di profetico, nessun segno di Dio. Non amano le sue opinioni su vari temi. Dubitano, e sono infastiditi da un papa molesto. Vogliono cambiarlo. Costa loro percepire nei suoi atteggiamenti una voce di Dio che ci tira fuori dal nostro conformismo.

Contemplare la vita significa imparare a prenderla com’è senza volerla cambiare. Imparare a trarre la sua bellezza ammirando quello che Dio mi regala, quello che mi mostra, lì dove mi parla.

Significa essere aperti a quello che ricevo dagli altri, anche se penso che io lo farei in modo diverso. Non importa. Ho questa tentazione ogni giorno. Il pregiudizio che mi fa evitare chi non è come me, colui che agisce in un altro modo, chi non la pensa come me. Chi mi toglie dai miei schemi, dai miei orari, dai miei progetti. Osservo la vita e voglio cambiarla. Non ascolto.

Voglio imparare a contemplare chi mi ferma per strada. Chi mi parla quando io non lo cerco. Chi interrompe il mio cammino per farmene uscire.

Contemplare la vita e nella vita contemplare Dio. È un modo di vivere che voglio imparare ogni giorno. Ma mi costa.

 

[1] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación, 36

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

 

Padre Carlos Padilla

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