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Per educare serve coraggio

La proposta di un progetto di vita ispirata al Vangelo non può che essere compiuta mediante la comunicazione di una parola e l'offerta di una testimonianza...


Per educare serve coraggio

da Quaderni Cannibali

del 18 novembre 2010

                    «Per educare oggi serve coraggio», e si può farlo «accostando libertà e proposta, parola e testimonianza, insegnamento e vita». Questa l’esortazione e le «piste di riflessioni» offerte da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, parlando questa mattina agli assistenti delle associazioni e movimenti giovanili riuniti oggi a Roma per la Giornata di studio sugli Orientamenti pastorali 2010-2020 «Educare alla vita buona del Vangelo».           Il compito educativo - ha detto mons. Crociata - vede accostare «libertà e proposta» ed esige nell’educatore la capacità «di sopportare il peso della libertà dell’educando ma senza rinunciare a offrire una visione della vita, a suscitare una decisione, ad attestare un senso dello stare al mondo». «La libertà - ha poi aggiunto il segretario della Cei - non si attiva in un vuoto apparentemente infinito di possibilità illimitate di percorsi, scelte e opportunità ma all’interno di una proposta già collaudata e percorsa dall’educatore e offerta in modo motivata e convincente».            La proposta di un progetto di vita ispirata al Vangelo inoltre «non può che essere compiuta mediante la comunicazione di una parola e l’offerta di una testimonianza» perchè - ha spiegato mons. Crociata - «nel compito educativo l’efficacia della parola deve passare al vaglio del gesto che la invera e le conferisce l’eloquenza dei fatti, l’unica a risultare veramente intelligibile e credibile». Di qui l’ultimo «binomio», quello «tra insegnamento e disciplina» «contro ogni possibile deriva intellettualistica».            «I ragazzi - ha detto mons. Crociata - crescono prima che ascoltando parole e concetti, facendo, vivendo, praticando perchè l’educazione si compie quando diventa cammino di cui il giovane è soggetto. Ma perchè questo avvenga è necessario che le scelte, le convinzioni, i valori, le virtù diventino carne e sangue nella prassi ordinaria del giovane».           Non si tratta quindi di una «educazione ridotta a mera verbosità. Sarebbe una educazione incompiuta, un’educazione mancata. Nella nostra pastorale giovanile, finchè riduciamo tutto a predica (nel senso ovviamente più dispregiativo del termine e non come annuncio della Parola), finchè riduciamo tutto a parola a cui non corrisponde una prassi, la nostra pastorale non produrrà alcun risultato se non un simpatico stare insieme, una buona compagnia, una qualche attività benefica».

Giacomo Galeazzi

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