“Pinocchio è il libro più venduto al mondo dopo la Bibbia... quest'ultima però ha un vantaggio: è l'unico caso al mondo in cui l'autore del libro è anche l'autore dei lettori...”
del 16 ottobre 2002
Roberto Benigni ci ha ormai abituato così, a questo stile tutto particolare fatto di battute sottili ed eleganti, che riescono sempre a strappare una risata. Sarà così anche per questo suo “pinocchio”?
La storia comincia da un tronco di legno, che nelle sequenze iniziali sconvolge la vita laboriosa di un piccolo paesino... tronco che finisce davanti alla porta del falegname Geppetto, un brav'uomo un po' rinchiuso nel suo mondo, che decide di farne un burattino “bravo ed ubbidiente, che sappia correre e fare i salti mortali”.
Il “prodotto” del lavoro di Mastro Geppetto sa davvero correre e fare i salti mortali, ma si rivela un po' meno riuscito nell'obbedienza... subito inizia a correre di qua e di la, facendo tutto quello che gli capita per la testa, insofferente ai consigli e ai richiami di Geppetto e del Grillo Parlante: paragonarlo a noi, ragazzi cresciuti viziati e coccolati in un mondo pieno di cose, sarebbe fin troppo facile...
Il giorno seguente Pinocchio, dopo aver fatto passare una notte in galera al povero babbo, ritorna e decide di metter giudizio: “andrò a scuola, studierò e lavorerò e mi comporterò da bravo burattino”. Propositi che anche stavolta naufragano miseramente davanti al gran teatro dei burattini, dove pinocchio si diverte a cantare e ballare con tanti suoi simili, legati mani e piedi da delle corde... paragonarli a noi, ragazzi che poco sanno decidere da soli e molto si fanno condizionare da mode, piaceri, divertimenti e sollazzi più o meno buoni, sarebbe fin troppo facile...
Davanti a Mangiafuoco, che progetta di farlo bollire in pentola per poi mangiarlo, Pinocchio implora pietà, raccontando non senza esagerare di avere un babbo a casa che l'aspetta... paragonarlo a noi, ragazzi che dei nostri cari, di chi ci ama e ci vuole bene, di chi lavora, soffre, si dispera ogni giorno per noi, ci ricordiamo spesso solo quando ci fa comodo, sarebbe fin troppo facile...
Impietosito, Mangiafuoco regala cinque zecchini d'oro al burattino, che corre a portarli al vecchio e povero padre... so già a cosa state pensando! Infatti Pinocchio non arriverà alla casa di Geppetto, ma seguirà due truffatori, il Gatto e la Volpe, verso un paese dove esiste un campo dei miracoli che fa nascere alberi carichi di baiocchi, seminando pochi spiccioli. Paragonarlo a noi, ragazzi che pretendiamo tutto e subito, che vogliamo raccogliere dove non abbiamo piantato e mietere dove non abbiamo seminato, sarebbe fin troppo facile...
Alloggia in una locanda, al limitare del bosco, ma l'oste, che pure ben si accorge che l'ingenuo burattino è nelle mani di due truffatori, non fa nulla per aiutarlo... paragonarlo a noi, animatori che a volte non ci preoccupiamo abbastanza dei nostri ragazzi, che fingiamo di non vedere e per pigrizia chiudiamo gli occhi, sarebbe fin troppo facile...
Dopo essere stato salvato dalla Fata Turchina, che lo raccoglie e lo cura dopo che il Gatto e la Volpe hanno cercato di impiccarlo, ricasca nell'imbroglio e semina le monete, chiedendo poi giustizia al tribunale di un paese vicino, che lo condanna alla prigione perchè si è comportato da “citrullo”... la fata Turchina non fa nulla per aiutarlo, “che si arrangi da solo! Se sbatte la testa a causa dei suoi errori, può darsi che non li ripeta una seconda volta...” verrebbe da dire a un qualsiasi animatore, esasperato magari perchè da tempo, con i suoi ragazzi, semina senza raccogliere. E' anche vero però che, senza l'aiuto e l'intervento della Fata, Pinocchio finisce in prigione e incontra Lucignolo, amicizia che sarà foriera di ulteriori pasticci...
E' allora evidente che l'atteggiamento della fata, che non interviene perchè per una volta Pinocchio “deve far da solo”, può essere in qualche modo criticato... la questione è aperta, fin dove, o da dove, l'educatore deve intervenire? Non ci sono risposte preconfezionate, non ci sono soluzioni che si adattano ad ogni situazione, e qui ci piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, che quotidianamente nei vostri oratori e nei vostri gruppi vi trovate di fronte a questo dilemma...
Dopo essere uscito di prigione in quanto delinquente (se non si fosse proclamato tale sarebbe rimasto in guardina... triste parodia del capovolgimento dei valori che c'è oggigiorno...), si avvia insieme a Lucignolo verso il paese dei balocchi, un posto dove “non vi sono scuole, non vi sono maestri, non vi sono libri: in quel paese benedetto non si studia mai”. E l'uomo che conduce la carrozza carica di ragazzi diretti verso un paese dove ci si diverte soltanto, dove il talento e l'impegno sono inutili orpelli, che come dice Collodi è “un omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro”... pensate forse che il diavolo non sia così? Quanto più attraente era il mondo presentato da questo suadente e subdolo personaggio, rispetto a quello a cui lo spingevano la Fata Turchina e Geppetto! Divertimento sfrenato contro studio e impegno, quale pensate potesse essere la scelta di Pinocchio?
Nel caleidoscopio delle bande che suonano, dei ragazzi che giocano agli assalti, delle immagini di se stessi riflesse e ingigantite, si nasconde la verà realta, di ieri come di oggi: passano tutto il giorno a divertirsi, la propria immagine rimirata attraverso mille specchi, che la amplificano, la deformano, la colorano, la rendono più luminosa: a tutti pare di essere sempre più belli, sempre più forti... ma non si costruisce nulla, non si cresce, non si costruiscono relazioni e amicizie vere, e alla fine ci si riduce come ciuchi, a non essere capaci di una decisione, ad essere utilizzati come bestie da soma, per lavori dei quali altri colgono i profitti. Ancora, paragonare tutto questo alla realtà che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi sarebbe fin troppo facile...
...sarebbe fin troppo facile, però lo facciamo! Lo facciamo da quasi undici paragrafi, perchè non ha senso illuderci che la “rinascita”, la “resurrezione” di Pinocchio che da burattino disubbidiente e maldestro nel gestire la vita diventa bambino ubbidiente e impegnato, sia facile, quasi automatica. Undici paragrafi, quasi un'ora di film, 5 chilometri di pellicola per dimostrare che comunque non è mai troppo tardi per ricredersi, per attuare propositi sempre presi e mai portati avanti, che c'è sempre un Padre buono che è disposto ad accoglierci, che in fondo in fondo per un'Anima Grande, capace di amare com'è quella di Pinocchio c'è una possibilità. Possibilità che non ci guadagnamo, non ci conquistiamo, non facciamo nulla per ottenere: nonostante i demeriti ci viene donata, donata “dall'alto” mi verrebbe da dire... ma quest'ultima frase è già un'interpretazione, una forzatura del pensiero di Collodi... ma è così evidente, balza talmente tanto agli occhi che un cattolico non può fare a meno di pensare a Dio Padre, che a volte sembra severo e insensibile come la Fata quando non ci aiuta a difenderci dai “gatto e la volpe” di turno, ma che in fondo trasforma in un capolavoro la vita di tutti quelli che non pretendono di amare come vogliono loro, ma si lasciano voler bene dal “Babbo”, che non rifiutano con disprezzo e sdegno i consigli, ma che ne fanno tesoro per la loro vita.
Alessio Basso
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