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Portare in classe i propri amori, non i propri umori

Testimonianze di alcuni ragazzi sui loro professori: alcuni hanno smesso di credere nel loro lavoro, mentre altri continuano a crederci. I problemi della scuola sono primariamente antropologici, non strutturali o organizzativi...


Portare in classe i propri amori, non i propri umori

da Quaderni Cannibali

del 02 giugno 2011

 

 

          Ho raccolto alcuni commenti di ragazzi, pubblicati sul blog, su professori che hanno smesso di credere nel loro lavoro o che continuano a crederci. Ancora una volta una semplice testimonianza del fatto che i problemi della scuola non sono primariamente problemi strutturali o organizzativi, ma problemi antropologici: chi siamo noi insegnanti? che cosa portiamo in classe? che rapporto abbiamo con i colleghi? e con i ragazzi?

Un ragazzo di 17 anni:

          Ti racconto due esperienze. La prima: la faccia polverosa, severa e rugosa della scuola. Il mio professore di italiano, dopo aver esordito in prima liceo con l’inflazionato slogan “siete troppi: vedrete che vi ridurremo”, pochi giorni fa ha condensato tutto il suo amore per il suo lavoro in questa perla di raro valore: “Un insegnante non deve avere cuore. Un insegnante deve avere un cuore di pietra. Se volete fare questo lavoro sappiate che non potete avere cuore quando siete in classe. Ovvio: altrimenti farete preferenze”. Uno scherzo, pensavamo. Allora un mio compagno ribatte: “Ma no, prof! Un insegnante deve avere un cuore talmente grande da non fare nessuna preferenza!”. “No, no: un cuore di pietra”. Parlava seriamente.

          La seconda: la faccia luminosa e sorridente della scuola. Quest’anno ho scoperto la poesia. La scuola però non c’entra nulla in questo – e va bene così. Poco tempo fa il mio prof di filosofia ci ha parlato della sua giovinezza e di come la poesia ai tempi occupasse la sua vita e impegnasse la sua fantasia. Interessato e sognante anche io, dal momento che non avevo letto nessun grande poeta, ma semplicemente scritto la mia poesia, ho chiesto un consiglio.Il giorno seguente, una volta entrato in classe, lo vedo estrarre dalla sua 24ore marrone un libricino un po’ invecchiato. Si alza in piedi e viene verso di me. “Tieni. Questo è per te”. Mi ha regalato una delle sue molte copie di “Elegie Duinesi”, di R.M. Rilke, il suo libro di poesia preferito. Il libro della sua giovinezza! Ecco, allora io sorrido e mi perdo nei miei sogni. Questo grazie ad un gesto stra-ordinario di un ordinario professore di filosofia.

Una ragazza di 17 anni:

          La mia professoressa, invitandoci a leggere, e leggendo spesso in classe stralci non solo di libri che suggerisce lei, ma anche di quelli che si accorge stiamo leggendo per conto nostro, ripete spesso:“Leggete, quanto più possibile, non pensate di star facendo un favore al libro, è il libro che ne rende uno a voi.”

Una ragazza di 16 anni:

          Ti ringrazio per il tuo libro e per quello che fai per noi ragazzi, però per favore quando diventerai vecchio, non diventare acido come i professori normali.Non fare come quella nostra prof che il primo giorno di scuola è arrivata dicendo “Io qui non ci volevo nemmeno venire, perché non voglio avere niente a che fare con voi e con la vostra preside!”, perché è da quella frase che ho iniziato a odiarla e chissà perché nella sua materia avrò il debito…

 

Alessandro D'Avenia

http://www.profduepuntozero.it

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