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Prendetevela pure con Berlusconi ma lasciate in pace la scuola cattolica!

Oggi il problema è tra scuola statale e scuola paritaria, soprattutto cattolica. Intanto mi sembra giusto ricordare a tutti che entrambe sono scuole pubbliche, l'una statale l'altra privata non statale, visto che qualcuno vuol far capire quando scrive, per ignoranza o perché subdolo, che bisogna difendere la scuola pubblica intendendo per “pubblica” solo quella statale.


Prendetevela pure con Berlusconi ma lasciate in pace la scuola cattolica!

da Quaderni Cannibali

del 02 marzo 2011

 

 

  

          Ancora una volta nel giro di pochi giorni il “berlusconismo” e “l’anti-berlusconismo” ci portano lontano dai veri problemi dell’Italia e dalla situazione complessa del nord Africa. Ancora una volta la parte peggiore della politica e dei mass media fanno di tutto per far scoppiare una guerra tra poveri.

          Oggi il problema è tra scuola statale e scuola paritaria, soprattutto cattolica. Intanto mi sembra giusto ricordare a tutti che entrambe sono scuole pubbliche, l’una statale l’altra privata non statale, visto che qualcuno vuol far capire quando scrive, per ignoranza o perché subdolo, che bisogna difendere la scuola pubblica intendendo per “pubblica” solo quella statale.

          Se vogliamo difendere e manifestare per tutta la scuola pubblica, statale e paritaria, sono pienamente d’accordo, se solo per quella statale no! Ho studiato tutta la vita in una scuola statale e so bene cosa voglia dire avere docenti onesti o disonesti intellettualmente, educatori veri o gente che attendeva solo lo stipendio, persone di cultura o anonimi scribacchini. Più della metà del corpo docente della mia sezione avrebbe potuto rovinarmi la vita se fossi stato più debole, la restante parte mi ha preso per i capelli più volte, indicato una strada e per questo li ringrazio ancora.

          Questa è la mia esperienza e non c’entra per nulla la politica partitica o la religione! Da diversi anni insegno con grande piacere ed entusiasmo in una scuola paritaria, il Liceo “Don Bosco” di Catania, e questo mi permette di poter fare un confronto schietto tra il tempo in cui studiavo e il presente. Intanto non capisco perché si scriva tanto contro le scuole paritarie e pochi alzino un dito per difenderle.

          Sono paritarie? Sì! Lo sono perché c’è una legge dello Stato o perché lo hanno deciso loro? Sì, perché c’è una legge! Sono sottoposte agli standard delle scuole statali e agli stessi controlli? Sì! In occasione degli esami hanno commissioni speciali, diverse dalle altre scuole? No! I docenti sono insegnanti di serie B? No! Forse hanno studiato in università minori, non hanno fatto concorsi o le scuole di specializzazione come chi insegna nelle scuole statali?

          Dopo aver frequentato – come ho detto -  sempre e solo scuole statali, ora che insegno in una scuola paritaria, posso anche dire che si studia molto di più di quanto mi facessero fare allora, con molta serietà e un’apertura mentale decisamente più ampia. Certo, bisogna distinguere e non generalizzare né in positivo né in negativo. Tra le paritarie ci sono scuole che possiamo definire “diplomifici” e che purtroppo determinano a distanza la reputazione negativa di scuole più che serie e con tradizione centenaria. I “diplomifici” sono un problema per tutti, ma lo dovrebbero essere soprattutto per il Ministero dell’Istruzione, per i Provveditorati e per la Guardia di Finanza, poiché non sempre mettono in regola i docenti, spesso emettono buste paga senza dare il corrispettivo, hanno i registri delle presenze truccati, ecc. Cose che tanti sanno, ma che nessuno dice - a mio avviso - perché ci sono connivenze e mazzette notevoli. Messe da parte questo tipo di strutture che io non chiamo scuole, restano le vere scuole paritarie quelle in cui – quando arrivano gli Ispettori – si cerca il pelo nell’uovo, si controlla persino la qualità della carta igienica o dei gessetti; realtà, cioè, che superano spesso di gran lunga lo standard delle scuola statali e non perché hanno meno studenti, ma perché credono che la scuola sia una missione, sia un luogo vero di crescita e formazione completa della persona.

          Molti dimenticano che se non fosse stato per i privati – nella maggior parte dei casi religiosi – in Italia e al Sud  particolarmente, saremmo ancora analfabeti attendendo le scuole statali. Inoltre la famosa “Unità d’Italia” passa attraverso il grandissimo contributo dato dall’insegnamento in istituti privati; molti dei grandi Autori della Letteratura Italiana hanno compiuto studi con precettori religiosi o presso scuole di religiosi. La nostra Costituzione, quella che tutti tirano come una coperta corta e piegano al proprio volere, quella a cui tutti si appellano per dare valore alle proprie idee recita chiaramente: La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

          La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. Mi sembra che non ci voglia un costituzionalista per farci capire che con questa polemica le scuole paritarie non c’entrano niente e vanno tutelate e sostenute degnamente (cosa che non accade in Italia bensì in Paesi dove il Vaticano non c’è!). Se qualcuno non lo dovesse capire ancora adesso e intendesse fare una manifestazione contro le scuole paritarie e cattoliche si faccia spiegare dal “vate” Benigni la Costituzione oltre che l’Inno di Mameli, così forse capirà di più!

          Finiamola con questa guerra tra poveri e ricordiamo che, mentre noi stiamo a discutere di aria fritta, ci sono i nostri studenti che hanno bisogno quotidianamente di chi dia una risposta di senso alle domande importanti della vita attraverso lo studio e l’insegnamento appassionato, libero, coerente, innovativo, non dogmatico, né relativista. Questi ragazzi chiedono non asettici docenti, ma veri testimoni e modelli, che non facciano la strada al posto loro ma che la indichino significativamente grazie a relazioni educative vere.  

 

Marco Pappalardo

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