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Prof. ebreo spiega che il nemico del dialogo in Egitto è la secolarizzazione

L'attacco di Alessandria non è stato perpetrato contro un oppressore e non era diretto a un obiettivo politico. E nemmeno voleva colpire un gruppo che in qualche modo poteva minacciare i terroristi. E' un attacco indiscriminato, con motivazioni religiose, basato semplicemente sul modo in cui le vittime onoravanao il Dio di Abramo, di Isacco, di Ismaele e Giacobbe.


Prof. ebreo spiega che il nemico del dialogo in Egitto è la secolarizzazione

da Attualità

del 11 gennaio 2011

 

          L’attentato alla Chiesa copta dei Santi di Alessandria, in Egitto, eccede i limiti della contingenza terroristica e rimette sul tavolo i nodi irrisolti della convivenza fra religioni nel mondo arabo, riproponendo, dall’altra parte, l’enigma stesso dell’identità dell’occidente.             Un tema a cui l’ebreo Joseph Weiler, professore di Diritto alla New York University, ha dedicato una carriera, in costante ricognizione degli elementi giudaico-cristiani che hanno informato l’essenza della storia europea.           Weiler concorda con Benedetto XVI quando dice che l’attentato di Alessandria “offende Dio e l’umanità intera”. “Da non cristiano – dice Weiler al Foglio – sono impressionato dalle parole del Papa.           L’attacco di Alessandria non è stato perpetrato contro un oppressore e non era diretto a un obiettivo politico. E nemmeno voleva colpire un gruppo che in qualche modo poteva minacciare i terroristi. E’ un attacco indiscriminato, con motivazioni religiose, basato semplicemente sul modo in cui le vittime onoravanao il Dio di Abramo, di Isacco, di Ismaele e Giacobbe. Il Papa ha ragione: è ovviamente un’offesa contro Dio – viene offeso il nome di Dio, Allah, in pubblico – ed è un’offesa all’umanità intera, inclusi i non credenti. E dire la verità – tratto distintivo del Papa, che non fa diplomazia religiosa – non è affatto contro il dialogo: quale dialogo ci può essere se i soggetti annacquano le loro differenze?”.          Di recente Weiler è stato in Egitto, al Cairo, invitato da un musulmano, il professore di lingua araba Wael Farouq, a un evento organizzato da islamici e cattolici, il Meeting del Cairo. Miscela apparentemente improbabile che ha dato un volto pubblico a un dialogo fra culture che senza troppe fanfare va avanti da anni. “Il meeting del Cairo – continua Weiler – è stato particolarmente commovente per due motivi: primo per una particolare tensione verso un vero contatto umano, al di là delle formule paludate su pace e fratellanza. Il secondo motivo è stato ascoltare l’intervento di un cattolico italiano: nel cuore del Cairo, in una forma pubblica, ha esposto con cordialità ma in modo fermo il suo messaggio, basato sulla sua fede in Cristo.           La cosa più impressionante non è soltanto che abbia potuto fare un discorso del genere in pubblico, ma che gli ospiti e l’uditorio, costituito in gran parte da musulmani, abbiano considerato il suo approccio come normale e giusto”.          Le tensioni dell’ultima settimana in Egitto illustrano un pregiudizio che grava sul dialogo fra est e ovest, cioè che “noi consideriamo la religione ‘conflittogena’, come se fosse la fonte dell’inimicizia, dei sospetti e della violenza”, dice Weiler, che s’avventura in un ribaltamento del paradigma paraschmidtiano del confiltto: “Per questo sospetto cerchiamo di mettere da parte la religione per trovare un altro terreno comune. Ma questo è un modello che a livello profondo non potrà mai reggere.           Quello che si dovrebbe fare è cercare un terreno comune senza mettere da parte le differenze ma prendendo in considerazione l’importanza del fattore religioso per la vita di così tante persone. L’errore è quello di secolarizzare noi stessi e i nostri interlocutori, mentre ciò che serve è il metodo opposto: un incontro fra comunità di fede. E’ una strategia di dialogo alternativa. E’ audace e fragile – e l’attentato di Alessandria non fa che sottolineare la sua fragilità – ma è una speranza immensa. Per me è l’unica via per un dialogo vero, che non tradisca la mia identità e quella del mio interlocutore”.          Questo doveva pensare il professor Weiler mentre un musulmano e un cattolico si offrivano liberamente di accompagnarlo in una camminata di due ore dalla Cittadella del Cairo fino all’albergo in cui alloggiava, onorando lui mentre lui onorava la festa di Sabbath. 

Mattia Ferraresi

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