Proposte per vivere con san Francesco di Sales [3° parte]

Riflessioni e studi di don Paolo Mojoli su San Francesco di Sales: terza parte.

Proposte per vivere con san Francesco di Sales [3° parte]

 

La cosiddetta “indifferenza” del cuore è un aspetto fondamentale per comprendere, condividere e abbracciare con la semplicità della nostra vita ciò che Francesco intende attraverso la parola “fede”. Un cuore che vive nella fede è chiamato ad essere “indifferente” non in quanto insensibile o senza passione, senza interesse per le persone e le attività, nel modo in cui suggerivano alcuni pensatori dell’antichità. Tutt’altro, anzi esattamente il contrario. Non si tratta neppure del distacco “scientifico” o “oggettivo” che viene invocato da alcuni studiosi di storia o anche dai giornalisti degli ultimi secoli. Il cuore indifferente non è tale perché non “sente” nulla.

Invece, Francesco intende uno spirito, un’anima che “non fa differenze” rispetto a se stesso, ai propri gusti, addirittura a ciò che può apparire come la propria felicità. Se Dio è contento di un certo mio comportamento, atteggiamento, convinzione… sono disposto a tutto purché questo si realizzi. Sono disposto a svuotarmi, distaccarmi da ogni mia preferenza purché Dio sia contento. Passando dalla scelta dello stato di vita (matrimonio, vita consacrata, sacerdozio), arrivando agli aspetti più concreti, come ad esempio l’abbigliamento.

Spesso sono le situazioni della vita che ci impongono di rivedere la nostra esistenza con i progetti che noi le attribuiamo: malattie, crisi di lavoro, fatiche, incomprensioni, lontananze, fragilità interiori, separazioni, lutti… possono agire su di noi e sulle nostre relazioni in modo molto più tagliente di quanto ci aspetteremmo. Di fronte a questi inciampi interiori ed esterni siamo probabilmente chiamati sia a fare di tutto per cambiare la situazione, ma anche a non perdere la fiducia nella bontà di Dio e soprattutto il senso di speranza. Qualcuno è arrivato a dei traguardi altissimi, addirittura a dire a riguardo di se stesso e di ciò a cui tiene di più: “Non è importante se dentro di me si viva nel deserto o nella terra fertile… ciò che conta è che il Signore trovi questo terreno disponibile ad essere lavorato, arato, fecondato…”

Sì, è possibile obiettare: “belle parole… ma torniamo alla solita questione: com’è, dov’è che vedo la volontà di Dio?”

  1. Qualche autore spirituale risponderebbe che in certi momenti della vita ciò che Dio ci chiede veramente non è tanto di fare “A” o “B”, andare a destra o a sinistra. Banalizzando, ma non troppo, è la differenza tra la vita nello Spirito e la segnaletica stradale: la logica è completamente diversa! Qualcuno a volte sembra convinto che il Signore si diverta quasi a piantare frecce e cartelli più o meno indecifrabili sul nostro cammino: no, mi pare troppo banale. Piuttosto, probabilmente il Signore ci chiede la nostra disponibilità, docilità, malleabilità. All’interno di questa relazione profonda d’amore che si viene ad instaurare… non è neppure fondamentale sapere se “bianco” o “nero”, ma nei miliardi di sfumature colorate troverai dove Dio – e il tuo cuore aderente a Lui – ti dona la Sua/tua pace. E questo non significa neppure che “tutto è relativo”, perché ci sono realmente luoghi dentro e fuori di noi che ci permettono o no di essere in amicizia con Dio.
  2. Il direttore spirituale. Oggi, sottolineando la corresponsabilità nella conduzione della propria vita, lo si chiama guida o accompagnatore spirituale. Ma avremo prima o poi il coraggio (guide e discepoli) di riscoprire il valore dell’obbedienza, proprio come ascolto sensibile e docile? Sentiamo (eventualmente) la nostalgia di esserne privi, di pregare troppo poco per questa persona a cui Dio stesso ci ha affidato? Rischiamo di ridurre la guida ad uno specchio dei nostri sentimenti e stati d’animo oppure siamo disposti a crescere nell’autentica docilità a Dio, che si fa presente anche attraverso le mediazioni umane?
  3. Ho la sensazione (è solo un’intuizione, sulla quale sarebbe bello e fruttuoso anche confrontarsi) che questo cuore che non fa differenze rispetto ai propri gusti ci porterebbe ad una serenità, una pace interiore e una fortezza-solidità spirituale che ancora non osiamo nemmeno immaginare.

L’immagine – come nella 1° tappa – è quella dell’ago della bussola: se lì ricordavo che la punta dello spirito è chiamata a seguire sempre e comunque il suo nord, adesso guardiamo al perno dell’ago e facciamo di tutto perché rimanga sempre libero in ogni suo movimento: la felicità voluta da Dio per noi e con noi!

 

 

don Paolo Mojoli

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