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Quale comunità? ...il perchè di Teresa!

Le doti personali di Teresa d'Avila si giocano tutte


Quale comunità? …il perchè di Teresa!

da Teologo Borèl

del 23 dicembre 2010

 

La nuova Betania           Girolamo Gracian, il più stretto e importante collaboratore di Teresa insieme con Giovanni della Croce, scrive: «Teresa aveva un modo di fare molto amabile e amichevole, così che tutti quelli che la conoscevano o avevano a che fare con lei ne erano conquistati e sentivano di amarla. Ella provava avversione per il comportamento rude e antipatico di certi santi, che così rendevano antipatici non solo se stessi , ma anche la perfezione». Una nipote di Teresa conferma in modo simpatico: «Mia zia era così vivace e spontanea che la gente non poteva credere che fosse una grande santa».                     Questi atteggiamenti luminosi Teresa li esprimeva particolarmente tra le mura domestiche, giorno dopo giorno, gomito a gomito con le sue monache. «Perché, affascinata da Gesù, Teresa lo cerca ovunque egli si trovi, in particolare nella comunità». «S. Teresa volle infondere alla convivenza fraterna – scrive P. Cavaglià – un tono di allegria interiore ed esteriore, di serenità e libertà di spirito, di giovialità e senso dell’umorismo che rende simpatici e attraenti. Ricercò l’equilibrio tra la solitudine e la gioiosa comunicazione, fra la monotonia dei giorni e le celebrazioni festive. Non pretese di formare persone segnate dalla penitenza, ma oranti e serve dell’amore».   Stile di vita           Soprattutto nel Cammino di perfezione Teresa esprime le sue attese rispetto alla vita comunitaria. Lei crede che custodendo l’amore scambievole si fa regnare il Signore. Per questo stigmatizza le comunità che con la loro divisione si privano della presenza di Gesù: «Se per caso si verifica qualche leggero screzio (parabrilla), vi si ponga subito rimedio; diversamente qualora vedessero che la cosa va avanti con piccole fazioni o desiderio di primeggiare o un punto d’onore, sappiano che hanno cacciato di casa il Signore». Sylwia Ciezkowska, FMA polacca, ha discusso lo scorso anno la sua tesi di dottorato su Teresa d’Avila educatrice evidenziando la relazione reciproca tra la santa e la sua comunità. «Furono le consorelle – scrive – ad educarla come essere madre. Se non ci fosse la comunità non avremmo Teresa educatrice e se non ci fosse lei non avremmo la comunità capace di educarla».            E questo la dice lunga anche sullo stile di animazione. Teresa si colloca all’interno della comunità come una del gruppo, la quale vuole vivere nel vissuto ciò che proclama nel suo insegnamento. Lo stile di vita che lei sogna è molto semplice, in funzione della persona, segnato da quell’umanesimo realistico che la distingue. Alle sorelle propone la santità attraverso l’immagine di una fontana che versa abbondantemente acqua con modalità diverse «… nella sua bontà non forza nessuno, ma a coloro che lo seguono, Cristo dà da bere in mille modi».   La ricreazione           Teresa introduce nella vita monastica il tempo della ricreazione, una novità assoluta per quell’epoca, pensata come un’esigenza naturale della comunicazione tra persone che vivono insieme. È un’espressione dell’umanesimo teresiano suggeritagli dalla libertà interiore a cui giunse e dalla “ lettura” intelligente della psiche umana. Per S. Teresa la religiosa che cerca la solitudine durante la ricreazione non solo si sbaglia, ma presenta sintomi pericolosi. Anna di S. Bartolomeo, segretaria e infermiera della Santa, scrive a proposito: «Alcune volte qualche religiosa chiedeva di non andare alla ricreazione, per un maggior raccoglimento, desiderando appartarsi dalla comunità. Ma nostra Madre insisteva molto che questo non si facesse, e la rimproverò dicendo che tutto era amor proprio e inganno del demonio e che, con la scusa dello spirito, si rendeva singolare e perdeva l’amore alle sorelle».            La ricreazione è dunque un momento culminante di relazione fraterna, uno dei grandi impegni per cui lottò S. Teresa di Gesù. 

Graziella Curti

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