Lo scoutismo non è solo un luogo di crescita umana vera, ma anche il luogo di una proposta cristiana forte e di una vera e propria maturazione spirituale e morale, così come un autentico cammino di santità. Chi sono questi Scout? Cosa c'entra la Fede con le loro attività?
Può capitare di vederli correre per la città, vestiti in modo strano con al collo un fazzolettone, una specie di foulard colorato, o in montagna, quando si va a fare una passeggiata, si possono vedere le loro tende, schierate più o meno ordinatamente. I più piccoli si chiamano lupetti o coccinelle, i più grandi spesso svolgono un servizio utile per la loro comunità.
Stiamo parlando degli Scout (dal termine inglese “esploratore”), in particolare dei membri dell’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani). Chi sono questi Scout? Queste persone che si vestono in modo strano e tutti uguali? Cosa c’entra la Fede con le loro attività?
Per scoprirlo proviamo a partire da quella che è la base del movimento Scout: la promessa Scout. Scritta nel 1907 dal fondatore dello Scoutismo, Lord Robert Baden-Powell (detto B.-P.), e, ancora oggi, ripetuta da tutti i giovani Scout, quando iniziano il loro cammino, recita così: «Con l’aiuto di Dio, prometto sul mio onore, di fare del mio meglio: per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese; per aiutare gli altri in ogni circostanza; per osservare la legge Scout».
Una promessa, che già a prima vista, appare ricca di valori, di termini che, pronunciati da un giovane, oggi, possono sembrare un’utopia. Infatti viene da chiedersi se abbia ancora senso domandare un impegno tanto gravoso ai ragazzi di oggi, nel 2013, a ragazzi spesso già tanto impegnati in altre attività sportive o associative o oratoriali. Cosa può dare in più a un giovane cercare di vivere a pieno questa promessa? Proviamo ad analizzarla, cercando di rispondere a tutte le domande che possono sorgere leggendo un testo tanto breve, quanto ricco di valori. Da subito, possiamo dire che questa promessa ci svela il senso del fazzolettone che tutti gli Scout portano al collo e che spesso è causa di ilarità negli estranei. Non è un ornamento estetico o un vezzo, è il simbolo della promessa che abbiamo appena letto, dell’impegno di vita che chi lo indossa ha preso e cerca, faticosamente, ogni giorno, di portare avanti.
Passando ora a un esame più letterale del testo, vediamo come Baden-Powell fosse consapevole della difficoltà per un giovane, ma anche per un adulto, di portare avanti un impegno così gravoso, e perciò la promessa parte affidandosi a Dio. «Con l’aiuto di Dio, prometto sul mio onore»: dunque, la promessa inizia con una richiesta di aiuto a Dio, aiuto a mantenere tutti gli impegni che si stanno prendendo con questa solenne dichiarazione. Colui che promette inizia con un riconoscimento della piccolezza umana, con una professione di umiltà, come a dire: «Dio, so che gli impegni che sto per prendere sono difficili, riconosco di essere pieno di difetti, ma con il tuo aiuto ce la posso fare!»
La promessa viene fatta sul proprio onore, valore un po’ perso al giorno d’oggi e che si può facilmente fraintendere. Non si fa riferimento a una sorta di reputazione o buon nome che chi viola la promessa perde, perché non ci sono giudici nel mondo Scout, solo amici, fratelli maggiori pronti ad aiutarti; non è importante quello che possono pensare gli altri, ma chi viola la promessa sa, lui stesso, senza bisogno del giudizio altrui, di avere una grossa trave nell’occhio, di essere disonorato di fronte alla sua coscienza e a Dio.
«Di fare del mio meglio»: cioè di mettercela tutta, di dare il massimo, tutto me stesso, di utilizzare a pieno i talenti che Dio mi ha donato, di non sotterrarli come fa il servo pauroso nella parabola biblica, ma di investirli, arricchendo così la mia vita e quella del mio prossimo. Già i ragazzi più piccoli, i lupetti, quando vengono chiamati dai capi Scout (i vecchi lupi), per rispondere al richiamo, una volta radunati in cerchio dicono di essere pronti a fare del loro meglio. I ragazzi più grandi hanno come motto «Estote parati», dal latino «siate pronti», preparati a ogni evenienza, perché come diceva B.-P. «uno Scout deve essere passabile in un salotto, indispensabile in un naufragio».
«Per compiere il mio dovere verso Dio»: e quale è questo dovere che ha lo Scout, come ogni cristiano, verso Dio? Facciamo rispondere B.-P.: «Fare il proprio dovere verso Dio significa non dimenticare mai Dio, ma ricordarLo in ogni cosa si faccia. Se non Lo dimenticherete mai, non farete mai alcuna cosa che sia male. Se, quando state facendo qualcosa di male, pensate a Dio, vi fermerete immediatamente. La Promessa che uno Scout, o una guida, fa entrando nel Movimento ha come suo primo punto: Compiere il mio dovere verso Dio. Si noti che non dice essere fedele a Dio, perché questo sarebbe solo un atteggiamento mentale, ma invece impegna la ragazza o il ragazzo a fare qualcosa: un atteggiamento cioè positivo, attivo». Insomma, aggiungeva: «Significa non solo affidarsi alla sua bontà, ma fare la Sua volontà praticando l’amore del prossimo».
«E verso il mio Paese»: quale dovere può aver un giovane verso il suo paese? Il rispetto della legge, sicuramente, la cittadinanza attiva, l’impegno nella buona politica. Non è un invito a candidarsi, ma un invito all’impegno, al servizio civile, un invito ad adempiere a quei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, richiamati anche dall’art. 2 della Costituzione Italiana. Un invito che dunque, soprattutto oggi, durante questa forte crisi economica, ma ancor più crisi di valori, che sta affrontando il nostro Paese e il mondo tutto, è indispensabile venga accolto dai giovani.
«Per aiutare gli altri in ogni circostanza »: ecco chiarito a cosa serve compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese: ad aiutare il prossimo, come ci insegna il Vangelo e come ci chiede la Costituzione, a essere un buon cittadino e un buon cristiano. Ma proprio come ci chiede il Vangelo, nel brano della povera vedova, questo aiuto non deve essere limitato al superfluo, al mio tempo libero; questo aiuto deve essere manifestato in ogni momento della mia vita, in ogni momento della giornata sia quando sono di buon umore, che quando non lo sono, sia con i miei amici, che con le persone che mi sono antipatiche, con i diversi, con quelli lontani, geograficamente, socialmente o ideologicamente da me. Sia quando sono in attività Scout e indosso il fazzolettone per ricordarmi questa mia promessa, sia quando sono al di fuori delle attività, nel lavoro, a scuola, in famiglia; e anche qualora decidessi di non indossare più fisicamente quel fazzolettone, perché ho terminato la mia vita all’interno dell’Associazione, non ho terminato di portare avanti quella promessa. Quella promessa varrà per tutta la vita, infatti i capi Scout lo dicono chiaramente a colui che promette, al momento della consegna della promessa: «Una volta Scout, Scout per sempre». Espressione che non vuole essere una minaccia, o un segno di corporativismo, ma il messaggio chiaro che la promessa Scout una volta fatta non si scioglie. E forse, sta proprio qui la grandezza del movimento Scout, in un momento storico in cui ai giovani si chiede sempre meno, si cerca di giustificarli quando sbagliano. Lo scoutismo va controcorrente, con una promessa tanto impegnativa si chiede al giovane di assumersi le sue responsabilità, di prendere in mano la propria vita, di scegliere di essere un buon cristiano ed un buon cittadino.
«Per osservare la legge Scout»: la promessa si chiude con l’impegno a rispettare la Legge Scout, un decalogo, di contenuto simile ai dieci comandamenti cristiani, ma scritto in maniera positiva, una raccolta di inviti, di esortazioni, di impegni. Dieci strumenti pensati, ancora una volta, per vivere la vita a pieno, per essere un buon cristiano e un buon cittadino, per essere, forse un giorno, santi. Perché, come ha ricordato Benedetto XVI in una lettera scritta nel 2007, in occasione del centesimo anniversario del primo campo Scout organizzato da Baden-Powell sull’isola di Brownsea, in Inghilterra: «Lo scoutismo non è solo un luogo di crescita umana vera, ma anche il luogo di una proposta cristiana forte e di una vera e propria maturazione spirituale e morale, così come un autentico cammino di santità».
Davide Greco
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