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Rapimenti, torture e stupri nel deserto.

Rapporto di alcuni medici volontari per i diritti umani in Israele. Il 52% degli intervistati ha riferito di aver subito violenze, tra cui pugni, schiaffi, calci e frustate. Altre testimonianze descrivono torture quali la sepoltura nella sabbia, le scosse elettriche, la sospensione per le mani e le gambe, le ustioni con spranghe di ferro incandescente, la prolungata esposizione al sole e ancora ustioni con vari mezzi.


Rapimenti, torture e stupri nel deserto.

da Quaderni Cannibali

del 09 marzo 2011

 

Il racconto di 284 richiedenti asilo sulle atrocità nel Sinai.

         I volontari della Open Clinic di Physicians for Human Rights-Israele (PHR-Israele) a Tel Aviv – Jaffa curano circa 700 persone prive di status amministrativo ogni mese. Circa un anno fa, il personale della clinica ha cominciato a notare una crescita costante del numero di richiedenti asilo provenienti dalla prigione di Saharonim (Israele) che chiedevano di abortire. Parlando con queste donne si è scoperto che molte di loro erano state violentate nel deserto del Sinai, lungo il cammino verso Israele.

          Il 14 dicembre 2010, PHR-Israele ha pubblicato un rapporto in cui descrive l’atroce viaggio dei rifugiati e dei richiedenti asilo provenienti dall’Egitto e in cammino verso Israele. Questo rapporto è stato scritto sulla base dei colloqui con i nuovi pazienti, molti dei quali appena arrivati in Israele.

          Dopo la pubblicazione del rapporto, i nostri volontari della Open Clinic hanno continuato a raccogliere testimonianze e informazioni sulle atrocità nel Sinai. Questo nuovo rapporto è un aggiornamento del precedente e si basa su 284 colloqui e altre informazioni raccolte da attivisti e gruppi per i diritti umani in tutto il mondo.

          Naturalmente, i drammatici avvenimenti politici in Egitto incidono sulla situazione dei richiedenti asilo attualmente nel Sinai. Recenti rapporti di Release Eritrea, un gruppo per i diritti umani dei rifugiati attivo in Egitto, dice che cinque strutture carcerarie nel nord-est del Sinai sono state evacuate e i prigionieri liberati senza documenti di identità. Questa organizzazione mantiene i contatti con alcuni dei prigionieri liberati, di cui, secondo quanto riferito, fanno parte circa 200 persone provenienti dall’Eritrea e dall’Etiopia. PHRIsraele ha scoperto che molti di questi individui hanno già raggiunto Israele. Altri sono stati nuovamente incarcerati dalle autorità egiziane. Purtroppo, altri ancora sono stati catturati da bande di trafficanti di esseri umani e sono ora sequestrati in attesa del loro rilascio in cambio di un riscatto.

          L’Agenzia Habeshia riferisce che circa 190 rifugiati eritrei ed etiopi sono ora tenuti prigionieri in due campi di tortura in Sinai. I trafficanti richiedono fino a 10.000 dollari di riscatto per molti di questi prigionieri. Le scioccanti relazioni da questi campi riportano testimonianze di violenze e stupri di massa. PHR-Israele può ragionevolmente supporre che altri campi di questo genere siano sparsi in tutta la parte nord-orientale del deserto. Il 45,2% pazienti della Open Clinic di PHR-Israele provengono dall’Eritrea e dall’Etiopia. L’analisi delle 284 interviste condotte nella clinica dimostra che i richiedenti asilo provenienti da questi paesi subiscono più violenze dei richiedenti asilo provenienti da altri paesi africani. Pertanto, ai fini di questo rapporto, sono state analizzate solo le risposte degli intervistati provenienti da questi due paesi. Il 59% degli eritrei e degli etiopi riferisce di essere stato tenuto sotto stretta sorveglianza e/o in catene (su 220 intervistati).

          36 anni, T. da Eritrea: “il posto dove eravamo tenuti era orribile. Ero incatenato con altre 3 persone e dovevamo muoverci tutti assieme. Sono stato trattato come un animale”.

          Due terzi (66%) dei 153 intervistati ha detto di essere stato privato dell’acqua durante la prigionia; l’88% ha detto di esser stato privato del cibo e di aver patito la fame.

          23 anni, H. dall’Eritrea: “sono stato nel deserto per tre settimane… In tutto, 15 persone del mio gruppo sono morte di fame e di sete…”.

          Il 52% degli intervistati ha riferito di aver subito violenze, tra cui pugni, schiaffi, calci e frustate. Altre testimonianze descrivono torture quali la sepoltura nella sabbia, le scosse elettriche, la sospensione per le mani e le gambe, le ustioni con spranghe di ferro incandescente, la prolungata esposizione al sole e ancora ustioni con vari mezzi. Circa il 15% degli intervistati ha cicatrici e segni di violenza sul corpo come risultato dell’abuso fisico subito nel Sinai.

          24 anni, T. dall’Eritrea: “mi hanno legato e picchiato ogni giorno. Ho cicatrici su tutto il corpo - sopra l'occhio, sulla schiena. Mi hanno legato per i piedi in alto e picchiato sui talloni. Mi sono rotto un braccio e diverse dita. Da allora, non sono guarite poi così bene. Per me, il Sinai è stato l'inferno sulla terra”.

          Su 218 intervistati, il 44% ha riferito di esser stato testimone di atti di violenza e/o della morte dei propri compagni richiedenti asilo.

          24, K. dall’Eritrea, per 51 giorni nel Sinai: “coloro che non potevano pagare sono stati chiusi in un container, in catene e picchiati costantemente. Quattro di quelli tenuti nel container sono morti, compresi dei bambini. Siamo arrivati nel Sinai in 12, e so di 8 soltanto che hanno raggiunto Israele. Non so che cosa è successo agli altri quattro”.

          Il trauma fisico e psicologico vissuto da molti dei richiedenti asilo imprigionati nel Sinai, spesso rende difficile per loro parlarne con altri, in particolare nei casi di stupro e violenza sessuale. Il senso di vergogna e di colpa per le loro sofferenze sono le cause principali per cui la maggior parte delle donne intervistate ha scelto di non rispondere a domande sulle violenze sessuali.

          M. richiedente asilo dall'Eritrea: “sono stata violentata ripetutamente nel Sinai sotto la minaccia delle armi per cinque mesi. Sono rimasta incinta. Quando sono arrivata in Israele, sono stato mandata in un istituto penitenziario. Ero depressa e ho minacciato di suicidarmi se non mi avessero permesso di abortire. Quando sono stata rilasciata, sono andata alla Open Clinic di PHR-Israele”.

          Nonostante le ripetute segnalazioni circa le sofferenze di cui i richiedenti asilo sono vittime nel loro cammino verso Israele, lo Stato di Israele deve ancora prendere misure adeguate a promuovere l’aiuto di queste vittime. PHR-Israele considera il silenzio dei Ministeri responsabili della Sanità e del Welfare particolarmente esasperante, in quanto non riescono a intervenire tempestivamente per garantire la salute e la riabilitazione di queste vittime di tortura.

          Dalla pubblicazione del rapporto precedente, l’Egitto è stato investito da cambiamenti epocali: grandi speranze per il futuro, ma anche grave incertezza e paura per la vita dei prigionieri del Sinai oggi. Chiaramente, la situazione politica attuale in Egitto richiede sensibilità e pazienza. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che la situazione dei richiedenti asilo imprigionati nel Sinai è troppo atroce per consentire ulteriori ritardi.

 

PHR-Israele invita pertanto i rappresentanti della comunità internazionale a:

- Agire in accordo con le competenti autorità egiziane per localizzare e liberare i rifugiati e richiedenti asilo ancora tenuti prigionieri e in attesa di riscatto.

- Assicurare, dopo il rilascio, una soluzione organica per la protezione di queste persone che includa, tra le altre cose, il passaggio sicuro verso un paese terzo.

- Agire presso le forze armate egiziane per porre fine alla loro pratica di colpire i rifugiati che attraversano il confine dall'Egitto a Israele.

 

 

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