Referendum in Irlanda: scontro tra individualisti e cultura solidarista

Una lezione anche per l'Italia e per la legge sulle unioni civili...

Referendum in Irlanda: scontro tra individualisti e cultura solidarista

 

Per l’Irlanda, così come per l’Italia è illusorio parlare di “Paese cattolico”. Come nel resto d’Europa prevale un pensiero dominante che tenta costantemente di ridurre la fede ad esperienza privata, senza legami con i valori sociali. Smettiamola quindi di dividerci in guelfi e ghibellini, non si tratta di difendere o di proporre “leggi cattoliche”: si tratta di interrogarsi, piuttosto, sul modello di persona, di società e di libertà oggi prevalenti.

 

Il vento individualista promuove una cultura dei diritti dell’individuo che prevarica qualunque altro orientamento: l’eutanasia, la selezione eugenetica, la trasformazione del matrimonio e della famiglia in diritti dell’individuo, dell’adulto sul figlio. In fondo anche la resistenza all’accoglienza dei migranti può essere considerata frutto di questa cultura individualistica, priva di responsabilità solidaristiche.

 

Dunque, quale cultura ha vinto, in Irlanda? Quella dei diritti per tutti? Quella del rispetto per le persone? Certamente è importante che le persone con orientamento omosessuale siano rispettate. Ma questo non riguarda l’identità del matrimonio e della famiglia, istituzione sociale da sempre orientata a valorizzare la differenza sessuale tra maschile e femminile e l’accoglienza e la cura delle nuove generazioni. In ogni caso, quindi l’esito del referendum irlandese pare la vittoria di una cultura che rende la nostra società sempre più individualista. Anche nella vita privata e nello spazio familiare.

 

Sorprende che questo valore di esasperato individualismo sia diventato una bandiera della sinistra estrema, di chi dovrebbe avere una prospettiva solidaristica societaria nel proprio Dna. Come invece hanno fatto nella laicissima Francia dove hanno denunciato la pratica dell’utero in affitto come un’ennesima violenza sul corpo delle donne povere, asservite ad un desiderio di genitorialità che diventa assolutizzato.

 

Il referendum irlandese ha consentito a noi italiani di capire almeno tre questioni utili nel dibattito politico e sociale dei prossimi mesi:

 

LA PRIMA è che occorre grande chiarezza nel costruire regole sulle unioni civili, perché poi il passo è breve a diventare matrimonio.

 

LA SECONDA è il tema della genitorialità e dell’educazione: la differenza sessuale, “un papà e una mamma” restano indispensabili per un equilibrato sviluppo educativo. Non facciamo regole ingannevoli su questa cruciale questione. Così come deve rimanere ben chiaro che la titolarità educativa dei genitori è un grande valore di democrazia e di libertà, e nessuno può permettersi di prevaricarla.

 

ULTIMA: non sempre quello che viene sbandierato come progresso è davvero al servizio della dignità della persona o di una società più giusta. Occorre una grande libertà di pensiero, per sviluppare un libero dibattito senza pregiudizi su questioni così delicate. E’ possibile questo, oggi, su questo tema, nel nostro Paese?

 

 

Daniele Nardi

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