Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine (Rimani con noi, Signore) di Giovanni Paolo II Per l'anno dell'eucaristia Ottobre 2004 ‚Äì Ottobre 2005.«C'è ancora un punto sul quale vorrei richiamare l'attenzione, perché su di esso si gioca in notevole misura l'autenticità della partecipazione all'Eucaristia, celebrata nella comunità: è la spinta che essa ne trae per un impegno fattivo nell'edificazione di una società più equa e fraterna. Nell'Eucaristia il nostro Dio ha manifestato la forma estrema dell'amore, rovesciando tutti i criteri di dominio che reggono troppo spesso i rapporti umani ed affermando in modo radicale il criterio del servizio...».
del 01 gennaio 2002
LETTERA APOSTOLICA MANE NOBISCUM DOMINE DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II ALL'EPISCOPATO, AL CLERO E AI FEDELI PER L'ANNO DELL'EUCARISTIA OTTOBRE 2004 – OTTOBRE 2005
INTRODUZIONE
1. «Rimani con noi, Signore, perché si fa sera» (cfr Lc 24,29). Fu questo l'invito accorato che i due discepoli, incamminati verso Emmaus la sera stessa del giorno della risurrezione, rivolsero al Viandante che si era ad essi unito lungo il cammino. Carichi di tristi pensieri, non immaginavano che quello sconosciuto fosse proprio il loro Maestro, ormai risorto. Sperimentavano tuttavia un intimo «ardore» (cfr ivi, 32), mentre Egli parlava con loro «spiegando» le Scritture. La luce della Parola scioglieva la durezza del loro cuore e «apriva loro gli occhi» (cfr ivi, 31). Tra le ombre del giorno in declino e l'oscurità che incombeva nell'animo, quel Viandante era un raggio di luce che risvegliava la speranza ed apriva i loro animi al desiderio della luce piena. «Rimani con noi», supplicarono. Ed egli accettò. Di lì a poco, il volto di Gesù sarebbe scomparso, ma il Maestro sarebbe «rimasto» sotto i veli del «pane spezzato», davanti al quale i loro occhi si erano aperti.
2. L'icona dei discepoli di Emmaus ben si presta ad orientare un Anno che vedrà la Chiesa particolarmente impegnata a vivere il mistero della Santa Eucaristia. Sulla strada dei nostri interrogativi e delle nostre inquietudini, talvolta delle nostre cocenti delusioni, il divino Viandante continua a farsi nostro compagno per introdurci, con l'interpretazione delle Scritture, alla comprensione dei misteri di Dio. Quando l'incontro diventa pieno, alla luce della Parola subentra quella che scaturisce dal «Pane di vita», con cui Cristo adempie in modo sommo la sua promessa di «stare con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (cfr Mt 28,20).
3. La «frazione del pane» — come agli inizi veniva chiamata l'Eucaristia — è da sempre al centro della vita della Chiesa. Per mezzo di essa Cristo rende presente, nello scorrere del tempo, il suo mistero di morte e di risurrezione. In essa Egli in persona è ricevuto quale «pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6,51), e con Lui ci è dato il pegno della vita eterna, grazie al quale si pregusta l'eterno convito della Gerusalemme celeste. Più volte, e di recente nell'Enciclica
I
NEL SOLCO DEL CONCILIO E DEL GIUBILEO
Con lo sguardo rivolto a Cristo
6. Dieci anni fa, con laTertio millennio adveniente (10 novembre 1994), ebbi la gioia di indicare alla Chiesa il cammino di preparazione al Grande Giubileo dell'Anno 2000. Sentivo che questa occasione storica si profilava all'orizzonte come una grande grazia. Non mi illudevo, certo, che un semplice passaggio cronologico, pur suggestivo, potesse per se stesso comportare grandi cambiamenti. I fatti, purtroppo, si sono incaricati di porre in evidenza, dopo l'inizio del Millennio, una sorta di cruda continuità con gli eventi precedenti e spesso con quelli peggiori fra essi. È venuto così delineandosi uno scenario che, accanto a prospettive confortanti, lascia intravedere cupe ombre di violenza e di sangue che non finiscono di rattristarci. Ma invitando la Chiesa a celebrare il Giubileo dei duemila anni dall'Incarnazione, ero ben convinto — e lo sono tuttora più che mai!— di lavorare per i «tempi lunghi» dell'umanità.
Cristo infatti è al centro non solo della storia della Chiesa, ma anche della storia dell'umanità. In Lui tutto si ricapitola (cfr Ef 1,10; Col 1,15- 20). Come non ricordare lo slancio con cui il Concilio Ecumenico Vaticano II, citando il Papa Paolo VI, confessò che Cristo «è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni»1? L'insegnamento del Concilio apportò nuovi approfondimenti alla conoscenza della natura della Chiesa, aprendo gli animi dei credenti ad una comprensione più attenta dei misteri della fede e delle stesse realtà terrestri nella luce di Cristo. In Lui, Verbo fatto carne, è infatti rivelato non solo il mistero di Dio, ma il mistero stesso dell'uomo.2 In Lui l'uomo trova redenzione e pienezza.
7. Nell'EnciclicaDies Domini proposi alla meditazione dei credenti il tema della «Domenica» come giorno del Signore risorto e giorno speciale della Chiesa. Invitai allora tutti a riscoprire la Celebrazione eucaristica come cuore della Domenica.4
Contemplare con Maria il volto di Cristo
8. L'eredità del Grande Giubileo fu in qualche modo raccolta nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte. In questo documento di carattere programmatico suggerivo una prospettiva di impegno pastorale fondato sulla contemplazione del volto di Cristo, all'interno di una pedagogia ecclesiale capace di tendere alla «misura alta» della santità, perseguita specialmente attraverso l'arte della preghiera.5 E come poteva mancare, in questa prospettiva, l'impegno liturgico e, in modo particolare, l'attenzione alla vita eucaristica? Scrissi allora: «Nel secolo XX, specie dal Concilio in poi, molto è cresciuta la comunità cristiana nel modo di celebrare i Sacramenti e soprattutto l'Eucaristia. Occorre insistere in questa direzione, dando particolar rilievo all'Eucaristia domenicale e alla stessa Domenica, sentita come giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana».6 Nel contesto dell'educazione alla preghiera invitavo poi a coltivare la Liturgia delle Ore, mediante la quale la Chiesa santifica le diverse ore del giorno e la scansione del tempo nell'articolazione propria dell'anno liturgico.
9. Successivamente, con l'indizione dell'Anno del Rosario e con la pubblicazione della Lettera apostolicaRosarium Virginis Mariae, ripresi il discorso della contemplazione del volto di Cristo a partire dalla prospettiva mariana, attraverso la riproposta del Rosario. In effetti, questa preghiera tradizionale, tanto raccomandata dal Magistero e tanto cara al Popolo di Dio, ha una fisionomia spiccatamente biblica ed evangelica, prevalentemente centrata sul nome e sul volto di Gesù, fissato nella contemplazione dei misteri e nel ripetersi dell'Ave Maria. Il suo andamento ripetitivo costituisce una sorta di pedagogia dell'amore, fatta per accendere l'animo dell'amore stesso che Maria nutre verso il Figlio suo. Per questo, portando a ulteriore maturazione un itinerario plurisecolare, ho voluto che questa forma privilegiata di contemplazione completasse i suoi lineamenti di vero «compendio del Vangelo» integrandovi i misteri della luce.7 E come non porre, al vertice dei misteri della luce, la Santa Eucaristia?
Dall'Anno del Rosario all'Anno dell'Eucaristia
10. Proprio nel cuore dell'Anno del Rosario promulgai la Lettera enciclica Anno dell'Eucaristia può costituire un'importante occasione perché le comunità cristiane facciano una verifica su questo punto. Non basta infatti che i brani biblici siano proclamati in una lingua comprensibile, se la proclamazione non avviene con quella cura, quella preparazione previa, quell'ascolto devoto, quel silenzio meditativo, che sono necessari perché la Parola di Dio tocchi la vita e la illumini.
«Lo riconobbero nello spezzare il pane» (Lc 24,35)
14. È significativo che i due discepoli di Emmaus, convenientemente preparati dalle parole del Signore, lo abbiano riconosciuto mentre stavano a mensa nel gesto semplice della «frazione del pane». Una volta che le menti sono illuminate e i cuori riscaldati, i segni «parlano». L'Eucaristia si svolge tutta nel contesto dinamico di segni che recano in sé un denso e luminoso messaggio. È attraverso i segni che il mistero in qualche modo si apre agli occhi del credente.
Come ho sottolineato nell'Enciclica
«Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4)
19. Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che Egli rimanesse «con» loro, Gesù rispose con un dono molto più grande: mediante il sacramento dell'Eucaristia trovò il modo di rimanere «in» loro. Ricevere l'Eucaristia è entrare in comunione profonda con Gesù. «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4). Questo rapporto di intima e reciproca «permanenza» ci consente di anticipare, in qualche modo, il cielo sulla terra. Non è forse questo l'anelito più grande dell'uomo? Non è questo ciò che Dio si è proposto, realizzando nella storia il suo disegno di salvezza? Egli ha messo nel cuore dell'uomo la «fame» della sua Parola (cfr Am 8,11), una fame che si appagherà solo nell'unione piena con Lui. La comunione eucaristica ci è data per «saziarci» di Dio su questa terra, in attesa dell'appagamento pieno del cielo.
Un solo pane, un solo corpo
20. Ma questa speciale intimità che si realizza nella «comunione» eucaristica non può essere adeguatamente compresa né pienamente vissuta al di fuori della comunione ecclesiale. È quanto ho ripetutamente sottolineato nell'Enciclica, come celebrazione in cui la comunità parrocchiale si ritrova in maniera corale, vedendo ordinariamente partecipi anche i vari gruppi, movimenti, associazioni in essa presenti.
IV
L'EUCARISTIA PRINCIPIO E PROGETTO DI «MISSIONE»
«Partirono senza indugio» (Lc 24,33)
24. I due discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Signore, «partirono senza indugio» (Lc 24,33), per comunicare ciò che avevano visto e udito. Quando si è fatta vera esperienza del Risorto, nutrendosi del suo corpo e del suo sangue, non si può tenere solo per sé la gioia provata. L'incontro con Cristo, continuamente approfondito nell'intimità eucaristica, suscita nella Chiesa e in ciascun cristiano l'urgenza di testimoniare e di evangelizzare. Ebbi a sottolinearlo proprio nell'omelia in cui annunciai l'Anno dell'Eucaristia, riferendomi alle parole di Paolo: «Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga» (1Cor 11,26). L'Apostolo pone in stretta relazione tra loro il convito e l'annuncio: entrare in comunione con Cristo nel memoriale della Pasqua significa, nello stesso tempo, sperimentare il dovere di farsi missionari dell'evento che quel rito attualizza.22 Il congedo alla fine di ogni Messa costituisce una consegna, che spinge il cristiano all'impegno per la propagazione del Vangelo e la animazione cristiana della società.
25. Per tale missione l'Eucaristia non fornisce solo la forza interiore, ma anche — in certo senso — il progetto. Essa infatti è un modo di essere, che da Gesù passa nel cristiano e, attraverso la sua testimonianza, mira ad irradiarsi nella società e nella cultura. Perché ciò avvenga, è necessario che ogni fedele assimili, nella meditazione personale e comunitaria, i valori che l'Eucaristia esprime, gli atteggiamenti che essa ispira, i propositi di vita che suscita. Perché non vedere in questo la speciale consegna che potrebbe scaturire dall'Anno dell'Eucaristia?
Rendere grazie
26. Un fondamentale elemento di questo progetto emerge dal significato stesso della parola «eucaristia»: rendimento di grazie. In Gesù, nel suo sacrificio, nel suo «sì» incondizionato alla volontà del Padre, c'è il «sì», il «grazie» e l'«amen» dell'umanità intera. La Chiesa è chiamata a ricordare agli uomini questa grande verità. È urgente che ciò venga fatto soprattutto nella nostra cultura secolarizzata, che respira l'oblio di Dio e coltiva la vana autosufficienza dell'uomo. Incarnare il progetto eucaristico nella vita quotidiana, là dove si lavora e si vive — in famiglia, a scuola, nella fabbrica, nelle più diverse condizioni di vita — significa, tra l'altro, testimoniare che la realtà umana non si giustifica senza il riferimento al Creatore: «La creatura, senza il Creatore, svanisce».23 Questo riferimento trascendente, che ci impegna ad un perenne «grazie» — ad un atteggiamento eucaristico appunto — per quanto abbiamo e siamo, non pregiudica la legittima autonomia delle realtà terrene,24 ma la fonda nel modo più vero collocandola, al tempo stesso, entro i suoi giusti confini.
In questo Anno dell'Eucaristia ci si impegni, da parte dei cristiani, a testimoniare con più forza la presenza di Dio nel mondo. Non abbiamo paura di parlare di Dio e di portare a fronte alta i segni della fede. La «cultura dell'Eucaristia» promuove una cultura del dialogo, che trova in essa forza e alimento. Ci si sbaglia a ritenere che il riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti di intolleranza. Se storicamente non sono mancati errori in questa materia anche nei credenti, come ebbi a riconoscere in occasione del Giubileo, ciò va addebitato non alle «radici cristiane», ma all'incoerenza dei cristiani nei confronti delle loro radici. Chi impara a dire «grazie» alla maniera del Cristo crocifisso, potrà essere un martire, ma non sarà mai un aguzzino.
La via della solidarietà
27. L'Eucaristia non è solo espressione di comunione nella vita della Chiesa; essa è anche progetto di solidarietà per l'intera umanità. La Chiesa rinnova continuamente nella celebrazione eucaristica la sua coscienza di essere «segno e strumento» non solo dell'intima unione con Dio, ma anche dell'unità di tutto il genere umano.25 Ogni Messa, anche quando è celebrata nel nascondimento e in una regione sperduta della terra, porta sempre il segno dell'universalità. Il cristiano che partecipa all'Eucaristia apprende da essa a farsi promotore di comunione, di pace, di solidarietà, in tutte le circostanze della vita. L'immagine lacerata del nostro mondo, che ha iniziato il nuovo Millennio con lo spettro del terrorismo e la tragedia della guerra, chiama più che mai i cristiani a vivere l'Eucaristia come una grande scuola di pace, dove si formano uomini e donne che, a vari livelli di responsabilità nella vita sociale, culturale, politica, si fanno tessitori di dialogo e di comunione.
A servizio degli ultimi
28. C'è ancora un punto sul quale vorrei richiamare l'attenzione, perché su di esso si gioca in notevole misura l'autenticità della partecipazione all'Eucaristia, celebrata nella comunità: è la spinta che essa ne trae per un impegno fattivo nell'edificazione di una società più equa e fraterna. Nell'Eucaristia il nostro Dio ha manifestato la forma estrema dell'amore, rovesciando tutti i criteri di dominio che reggono troppo spesso i rapporti umani ed affermando in modo radicale il criterio del servizio: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Non a caso, nel Vangelo di Giovanni non troviamo il racconto dell'istituzione eucaristica, ma quello della «lavanda dei piedi» (cfr Gv 13,1-20): chinandosi a lavare i piedi dei suoi discepoli, Gesù spiega in modo inequivocabile il senso dell'Eucaristia. San Paolo, a sua volta, ribadisce con vigore che non è lecita una celebrazione eucaristica nella quale non risplenda la carità testimoniata dalla concreta condivisione con i più poveri (cfr 1Cor 11,17- 22.27-34).
Perché dunque non fare di questo Anno dell'Eucaristia un periodo in cui le comunità diocesane e parrocchiali si impegnano in modo speciale ad andare incontro con fraterna operosità a qualcuna delle tante povertà del nostro mondo? Penso al dramma della fame che tormenta centinaia di milioni di esseri umani, penso alle malattie che flagellano i Paesi in via di sviluppo, alla solitudine degli anziani, ai disagi dei disoccupati, alle traversie degli immigrati. Sono mali, questi, che segnano — seppur in misura diversa — anche le regioni più opulente. Non possiamo illuderci: dall'amore vicendevole e, in particolare, dalla sollecitudine per chi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo (cfr Gv 13,35; Mt 25,31-46). È questo il criterio in base al quale sarà comprovata l'autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche.
CONCLUSIONE
29. O Sacrum Convivium, in quo Christus sumitur! L'Anno dell'Eucaristia nasce dallo stupore con cui la Chiesa si pone di fronte a questo grande Mistero. È uno stupore che non finisce di pervadere il mio animo. Da esso è scaturita l'Enciclica<AHREF='HTTP: www.vatican.va edocs ITA1798 _INDEX.HTM?>Giornata Mondiale della Gioventù
papa Giovanni Paolo II
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