Il presepe non è una semplice tradizione, ma è un piccolo segno di luce, quasi a ricordare che la nostra speranza è concreta, quotidiana, domestica.
“E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza!”
Così le Fonti Francescane raccontano la storia del primo presepe, voluto da San Francesco d'Assisi quasi 800 anni fa:
“Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.”
È Avvento e, almeno a casa mia, più che una tradizione il presepe è un appuntamento atteso da tutti.
Forse perché ogni anno si può aggiungere un piccolo dettaglio, inventare qualcosa di creativo, dargli un significato nuovo e attuale. Forse perché è straordinariamente bello tornare a casa e trovare un piccolo segno di luce, quasi a ricordare che la nostra speranza è concreta, quotidiana, domestica, perché inizia da un bambino piccolo piccolo, in una famiglia che agli occhi del mondo sembra normalissima.
E forse perché di fronte al presepe ci fermiamo tutti almeno un istante, chi per rispetto, chi per curiosità, chi per contemplare, nel suo significato etimologico che rimanda al templum, lo spazio del cielo.
Contemplare, guardare verso cielo, guardare attraverso il cielo, trasforma gli occhi perché allena a guardare in profondità, trasforma il cuore perché lo fa soffermare sulla Bellezza. Se Dostoevskij afferma che la Bellezza salverà il mondo ha le sue buone ragioni: di fronte alla semplicità così luminosa e così misteriosa della vita che nasce e muove i suoi primi passi tra le braccia di un uomo e di una donna, chi potrà mai scegliere di rifiutarla a cuor leggero?
Di fronte ad una donna che si prepara a dare alla luce Dio, chi potrà dire che il Cielo è distante e irraggiungibile?
Il racconto del primo presepe è intriso di parole di meraviglia: “Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.”
Pare di vederlo, Francesco, meravigliato come un bambino, di fronte a un quadro così semplice e allo stesso tempo così misterioso, con il cuore aperto dinnanzi alla visione di Dio nella paglia della mangiatoia e tra le mani del sacerdote. Contemplare non è solo vedere il bello, ma comprendere che questa bellezza è un dono per te.
Ecco che come il Santo di Assisi, costruendo il nostro piccolo presepe riusciamo capire un po' di più il mistero grande di Dio che benedice la vita e l'amore della famiglia, i suoi doni più belli, facendosi bambino a Betlemme.
Oggi la terra di Gesù è abitata da palestinesi e israeliani: per i cristiani e i musulmani che parlano arabo, la piccola città di Giudea si chiama Bayt Lahm, che letteralmente significa Casa della Carne. Gli ebrei invece la chiamano Beit Lehem, Casa del Pane.
Nulla è per caso, e ancora il presepe racchiude la bellezza del dono di un Amore concreto che resiste al tempo, ai conflitti, al rifiuto, all'indifferenza: Dio si fa Carne nel grembo materno, raggiunge l'uomo nel suo quotidiano. E Dio si fa anche Pane, spezzato a Gerusalemme trent'anni dopo, vita donata e nutrimento per l'umanità ferita, speranza di vita eterna che è il per sempre reale e luminoso di un sepolcro finalmente vuoto.
di Sara Manzardo
Tratto da corxiii.org
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