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San Luigi Guanella, figlio spirituale di don Bosco

Il 23 ottobre sarà dichiarato santo un figlio spirituale di don Bosco. “Aveva l'esempio di tante virtù e la direzione di coscienza di don Bosco, che faceva si' gran bene a tutti. Il cuore di don Bosco era calamita che traeva; e la sua parola parca e misurata spandeva nelle menti bagliori di luce”.


San Luigi Guanella, figlio spirituale di don Bosco

da Testimoni della Fede

del 11 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/en_US/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          Da don Bosco, come anche dal Cottolengo, don Guanella aveva preso l’idea di un’istituzione che riunisse in sé le finalità delle due opere: la carità esercitata verso le giovani generazioni e verso i più derelitti nel fisico. 

          'Attesa la buona memoria che abbiamo di lei… si è deciso di far luogo alla sua domanda…”: così nella lettera del 25 settembre 1881 don Giovanni Cagliero, a nome di don Bosco, rispondeva alla richiesta di don Guanella di poter rientrare nella Società Salesiana.

          Era già stato salesiano a tutti gli effetti dal 1875 al 1878, emettendo i Voti triennali nelle mani di don Bosco e svolgendo incarichi nella Congregazione: direttore dell’Oratorio San Lui-gi a Porta Nuova e del collegio di Trinità di Mondovì, partecipando anche al primo Capitolo Generale a Lanzo Torinese nel settembre del 1877.

          Aveva dato prova di saperci fare: “… Il nostro oratorio di Trinità non potrebbe andare meglio – scriveva Giovan Battista Dupraz, benefattore e fondatore dell’istituto della cittadina, a don Celestino Durando – e certamente l’ottimo don Guanella merita tutta la nostra gratitudine per lo zelo e le cure di ogni sorta da lui adoperate…”.

          A Torino, da don Bosco, come anche dal Cottolengo, don Guanella durante i suoi primi anni di sacerdozio aveva già accompagnato persone bisognose di aiuto e si era fatta in lui la convinzione di dover riportare in diocesi un’istituzione, che riunisse in sé le finalità delle due opere: la carità esercitata verso le giovani generazioni e verso i più derelitti nel fisico.

          La simpatia per don Bosco gli era nata fin dagli anni degli studi teologici a Como: il Santo aveva predicato gli esercizi spirituali ai chierici del seminario di Bergamo, suscitando un entusiasmo tale che, in modo impersonale, scrive don Guanella: “taluno di essi venendo a Como entusiasmò gli stessi chierici di questo seminario. Il chierico Guanella fra gli altri ne prese affetto istintivo che poi moltiplicò in se stesso”.

           Alla scuola di don Bosco avrebbe fatto esperienza in questo campo, ma soprattutto avrebbe potuto godere della direzione di coscienza di un santo, che lo avrebbe aiutato a discernere la volontà di Dio su di lui.

           Alla richiesta di don Guanella di entrare nella Società Salesiana,“Ella può venire quando vuole” – gli aveva scritto don Bosco da Nizza Marittima il 12 dicembre 1874 – inviandogli anche un sacerdote, don Luigi Sala, perché lo sostituisse a Savogno, dove la popolazione non si rassegnava alla perdita di un parroco tanto amato. “La sera del 25 gennaio 1875, mi inchinava a baciare la destra di don Bosco” ricorda don Guanella nelle sue memorie, aggiungendo di aver ricevuto l’invito a essere disponibile per una fondazione a Santo Domingo.

Don Guanella salesiano

           Anche tra i giovani, lo testimonia indirettamente egli stesso, aveva saputo lasciare un segno: “Quando mi recai a Trinità di Mondovì, quei giovani [dell’oratorio] facevano un’ora e più di ferrovia per venirmi a trovare, e quando tornava a Torino, mi correvano attorno con il più vivo affetto”.

           Nelle case di don Bosco, don Guanella traeva vantaggio anche nella salute: lì, pur nel lavoro assiduo, aveva però la saggia metodicità della vita religiosa, che gli impedì quegli strapazzi che spesso lo portavano ai fieri attacchi di tonsillite recidiva a cui andava soggetto fin dagli anni di seminario. Ma ciò che legava don Luigi a don Bosco era l’unanime passione per la salvezza delle anime, come Domenico Savio, che era stato colpito dalla frase letta su un quadretto in camera di don Bosco “Da mihi animas” e aveva commentato: “Ah, ho capito: qui si fa commercio di anime”.

           Parlando di se stesso in terza persona, don Guanella scrive: “Aveva l’esempio di tante virtù e la direzione di coscienza di don Bosco, che faceva si’ gran bene a tutti. Il cuore di don Bosco era calamita che traeva; e la sua parola parca e misurata spandeva nelle menti bagliori di luce”.

           Richiamato in diocesi, aveva continuato a mantenersi in contatto epistolare con don Bosco, come prescrivevano i Regolamenti salesiani: “In questi tre anni – scrive a don Bosco nel settembre del 1881 – le ho scritto quasi tutti i mesi secondo la regola salesiana, nella speranza che non mi volesse ancora considerare come membro staccato della società”.

Scaduti i voti triennali, si poneva a don Luigi una scelta: tornare in diocesi o rimanere con don Bosco?

          Questi lo esortava a pregare per conoscere la decisione che lo avrebbe accontentato di più in punto di morte. Prevalse la decisione di rientrare in diocesi. Perché, se don Guanella stesso confiderà di non aver sofferto per la morte del padre e della madre tanto quanto il separarsi da don Bosco?

Certamente ha avuto il suo peso il richiamo del suo Vescovo, onerato anche dalla scarsità di clero e alcuni sintomi di insofferenza del don Sala mandato a sostituirlo.

          Fondamentalmente però è stata determinante la convinzione di don Guanella, mai sopita, della sua missione ad aprire nella sua terra un’opera che riassumesse le caratteristiche di don Bosco e del Cottolengo. Lo scrive egli stesso, sempre parlando di sé in terza persona: “Tuttavia la speranza, che la fondazione sognata fosse per dare il loro frutto, sosteneva e consolava l’umile seguace del grande apostolo della carità. Ma l’attesa fu lunga, dura, penosissima. Per dieci lunghi anni dovette superare difficoltà di tempi, di persona, di residenza, di pecunia”.

Consigli fra santi

          Capiva bene don Bosco che per far fiorire la sua opera educativa aveva bisogno anche dell’apporto del mondo laicale, che sarebbe stato in grado non solo di fornirgli esperti nel campo educativo, ma anche di diventare strumenti della Provvidenza con il procurargli mezzi materiali.

          Avrebbe voluto inserire fra i membri della sua Congregazione anche degli affiliati esterni, ma gli organismi vaticani preposti all’approvazione delle Costituzioni salesiane si erano mostrati contrari. D’altra parte i sempre più numerosi collaboratori reclamavano un regolamento che desse uniformità e legame ai diversi gruppi.

          Ma, come fare? Ne parlò anche a don Luigi, durante un viaggio con lui in carrozza ricevendone il suggerimento di farne una specie di terz’ordine. Non fu certamente un’idea di don Guanella quella dei Cooperatori salesiani, ma egli vi diede il suo contributo di pensiero.

          Don Bosco si consultò con don Guanella anche per avviare l’Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice, mettendolo come direttore del gruppo residente a Torino. Si trattava di persone ormai adulte che ricevevano una formazione accelerata, non affrettata, per accedere agli Ordini sacri. A chi si mostrava contrario per la loro cultura un po’ limitata, don Bosco rispondeva: “Val più la bontà che la scienza”. Molti di questi sacerdoti furono bravi e zelanti missionari nelle terre di missione. Don Guanella stesso anni dopo si sentirà dire dal papa Pio X che in certe opere c’è maggior bisogno di sacerdoti di pazienza che di scienza.

          Desideroso di ritornare da don Bosco, dopo il “fallimento” di Traona, don Guanella dall’esilio di Olmo lo contatta per lettera in data 5 settembre 1881 e, tra le domande che gli pone, indaga anche sulla sua disponibilità ad aprire qualche opera caritativa nel convento che aveva acquistato in quel paese: “E la Paternità Vostra Rev.ma potrebbe dare speranza di potere in seguito occupare la casa del convento con qualche opera di bene?”.

Nella risposta, don Cagliero a nome di don Bosco dichiara la disponibilità a riceverlo ancora nella Congregazione, però questa volta definitivamente.

          Inizia uno scambio di lettere con il suo Vescovo, monsignor Pietro Carsana, che si mostra quantomeno titubante a lasciarlo partire. Un atteggiamento che alimenta però anche in don Guanella l’incertezza su che cosa fare. Scrive a don Cagliero che il Vescovo “risponde con tante ragioni di forza e di comando, che il sorpassarle mi pare di non leggero pericolo”. Afferma anchedi“attendere le ultime prove di una riuscita o meno, per venire poi ad una risoluzione ultima”.

          La Provvidenza gli farà incontrare nella parrocchia di Pianello del Lario, a lui affidata in qualità di economo spirituale, un primo gruppo di giovanette consacrate dalle quali prenderà avvio la sua Opera.

          Scriverà pochi mesi prima della morte a un suo amico direttore salesiano: “Guardando Don Bosco invidiavo le opere sue, ma non credeva che il Signore mi volesse assegnare ministro di qualche provvidenza ai figli ed ai poveri vecchi del popolo”. Il dono dello Spirito Santo di essere apostolo di carità per la salvezza delle anime ha spinto don Guanella sulle strade delle povertà estreme, facendone un appassionato educatore per le giovani generazioni, ma anche chinandosi come buon samaritano sulle piaghe di un’umanità ferita nella vita; ha aperto le braccia ai disabili, alle persone anziane sole. Per salvare le anime ha organizzato una “crociata” di preghiera. Obbedendo a un desiderio di san Pio X – che volle essere il primo iscritto – ha fondato la Primaria Pia Unione del Transito di San Giuseppe, un’associazione di preghiere per i morenti, affinché San Giuseppe fosse accanto a loro nel momento del passaggio all’altra vita e li accompagnasse davanti al volto raggiante e misericordioso del Padre.

Per questo il prossimo 23 ottobre la Chiesa lo proclamerà santo, collocandolo nel firmamento dei santi accanto a don Bosco.

Don Luigi Guanella, il santo della povertà materiale e spirituale

          Luigi Guanella nacque nel dicembre 1842 a Val San Giacomo, in provincia di Como. Aveva 12 fratelli. Studiò al collegio Gallio di Como, poi entrò in seminario. Quando tornava al suo paese per le vacanze, approfittava dell’occasione per far visita ai poveri e ai contadini. Da lì iniziò a fiorire la sua acuta sensibilità sociale.

          Ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1866. Per un anno andò in un paesino vicino a L’Aquila, e per tre anni appartenne all’Ordine di San Giovanni Bosco, che conobbe personalmente. Poi tornò ad essere sacerdote diocesano.

          Con un gruppo di donne, Guanella si dedicò ad avviare una residenza per anziani. Iniziava così una nuova Congregazione: le Figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza, da cui nacque anche un ramo maschile: la congregazione dei Servi della Carità.

Don Guanella si interessava di ogni povertà, di quella materiale ma anche di quella spirituale.

Morì nel 1915 a Como, e venne beatificato da papa Paolo VI nel 1964.

          Attualmente la Famiglia Guanelliana, composta dai Servi della Carità e dalle Figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza come da vari collaboratori laici, è diffusa in vari Paesi, come Argentina, Cile, Paraguay, Brasile, Colombia, Guatemala, Messico, Spagna, Stati Uniti, India, Filippine, Ghana, Congo e Nigeria.

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