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Scrivere è come raccontare delle storie a Dio

Mettere nero su bianco un colloquio invisibile, così come è una relazione invisibile quella con Dio che “ha creato l'uomo per sentirsi raccontare delle storie”.


Scrivere è come raccontare delle storie a Dio

da Quaderni Cannibali

del 09 settembre 2010

         

          La rivelazione letteraria dell'anno arriva in Fiera venerdì sera. Il Meeting è ormai agli sgoccioli e la presenza di Alessandro D'Avenia ha tutto il sapore di una gustosa ciliegina sulla torta. Alle sei del pomeriggio una fila impressionante di lettori si snoda dentro e fuori la libreria Jaca Book per farsi dedicare il best-seller Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori, 2010).

          La stragrande maggioranza dei fan sono studentesse liceali, accompagnate da qualche mamma e da qualche insegnante.

          La star della serata però non è un cantante, né un attore ma un romanziere. Un'ora dopo D'Avenia è accolto al caffè letterario ENI che a stento riesce a contenere tutto il pubblico. Una parte del pubblico sarà 'dirottata' a seguirlo in videoconferenza al padiglione D7.

          Magro, riccioli biondo, barba corta, D'Avenia è sempre sorridente. Dibatte di temi seri, le crisi adolescenziali, la depressione, la morte, la fede, con un'ironia leggera – ma mai scontata – quasi alla Chesterton. Il giovane scrittore siciliano è affascinato da ciò che è piccolo, dai bambini che giocano con i palloncini o con le bolle di sapone. Quel piccolo che, nella sua semplicità, sembra contenere tutto l'universo.

          Tanto è vero che la sua vocazione alla scrittura nasce già alle elementari, osservando l'immagine dello gnomo e della farfalla che spiccavano in un cartellone nella sua classe. “Avrei voluto dare voce al mio dialogo immaginario tra lo gnomo e la farfalla”, racconta D'Avenia. Mettere nero su bianco un colloquio invisibile, così come è una relazione invisibile quella con Dio che “ha creato l'uomo per sentirsi raccontare delle storie”. E D'Avenia ha scelto di scrivere per raccontare ciò che la lingua parlata non potrebbe mai esprimere. Anche “quegli aspetti della realtà che, detti a voce, mi farebbero troppo male”.

          Il suo romanzo d'esordio, Bianca come il latte, rossa come il sangue, è in parte autobiografico. Il “prof sognatore” del libro è una figura spiazzante e provocatoria: per gli studenti non c'è personaggio più fallimentare del supplente, “un adulto senza potere destinato ad essere strutturalmente demolito”. Alla fine il supplente 'sfigato' finirà per conquistare i suoi allievi per la disarmante passione che dimostra loro verso il suo lavoro, la sua materia, la cultura, gli studenti e la vita.

          Nel romanzo la storia drammatica del sedicenne Leo che assiste impotente alla malattia inguaribile della sua compagna di scuola Beatrice è ispirata ad un fatto vero: un alunno aveva raccontato al professor D'Avenia la morte per leucemia, avvenuta l'anno precedente, di una sua coetanea. “Vidi il volto di quel ragazzo trasformarsi da quello di un bambino che parla di calcio e scherzi, nel volto di un adulto – ha raccontato D'Avenia -. Quel viso era diventato un campo di battaglia di un adolescente che combatte per diventare uomo”.

          D'Avenia sa raccontare con espressività e in modo non banale, i drammi e i cambiamenti tipici dell'adolescenza. La sua analisi però va oltre: “La vostra fragilità ha detto rivolto al pubblico più giovane – i vostri dubbi esistenziali sono il vostro punto di forza. Non sei responsabile della tristezza che provi ma dell'uso che ne fai. Io stesso scrivo storie proprio quando mi sento fragile o povero...”.

         

          D'Avenia è davvero uno scrittore 'trasgressivo': nel suo romanzo parla di Dio, di drammi esistenziali alla luce della speranza... persino di un prof che ama il suo lavoro. È trasgressivo persino in dichiarazioni come queste: “Non mi sono mai fatto una canna, perché... la realtà è la mia unica droga”.

          D'Avenia è una di quelle persone che amano stare con i piedi ben piantati in terra ma con gli occhi sempre rivolti al Cielo. “Il Padre è colui che fa nuove tutte le cose, che rende interessante il nostro quotidiano, che rende entusiasmante ogni nuova giornata anche se sembra uguale a tutte le altre”. Così lo scrittore vede il proprio rapporto con Dio: “È come quando un bimbo di due anni scivola e cade rovinosamente per terra. Se avrà il sorriso consolatorio della mamma che gli dice 'rialzati, non è successo niente' avrà sempre il coraggio di rialzarsi andare avanti”.

          Anche il ruolo dell'insegnante, in fin dei conti, è profondamente cristiano, secondo l'autore di Bianca come il latte, rossa come il sangue. Significa “abbracciare tutte le contraddizioni di chi hai davanti come ha fatto Gesù Cristo. Ciò che ha fatto era talmente vero che l'abbiamo ucciso. Così un prof che entra in una classe di liceo: vogliono ucciderlo! Tutto cambia quando credi nella loro età così come è adesso. Gli fai vedere che c'è una prospettiva nel futuro, perché c'è un Padre che scrive la sceneggiatura”.

          Alessandro D'Avenia è davvero uno dei pochi narratori della sua generazione – forse l'unico – a saper parlare di spiritualità in modo così libero e brillante. Ha scritto un romanzo profondamente radicato nel suo quotidiano ma la sua ispirazione è profondamente trascendente. Scrivendo, dice, ha imparato la misericordia di Dio e “alla fine del romanzo scopri di amare i tuoi personaggi più di quando li hai creati e a loro perdoni tutto. Dialogando con questi personaggi ho compreso la misericordia e ho imparato a sperimentarla verso me stesso e verso tutte le persone che mi circondano”.

Pico Angelico

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