I rimedi risiedono nel lavorare per essere cristiani nel mondo globale...
«In Italia c’è una disattenzione all’istruzione, un grave blocco intergenerazionale e una concezione rigidamente ideologica della questione scuola». Così Mauro Magatti, sociologo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, intervenendo ieri pomeriggio al Convegno nazionale degli Uffici diocesani scuola, insegnamento della religione cattolica (Irc) e università,in corso a Salerno fino a domani: «Solo l’8,2% della spesa nazionale – denuncia Magatti – è infatti destinato all’educazione e alla cultura delle generazioni future, meno di un terzo di quel che viene speso per le pensioni d’anzianità. Solo la Grecia, tra tutti i Paesi europei, investe meno nella scuola: persino la Romania (8,4%), l’Ungheria (9,9%) e la Bulgaria (9,7%) ci mettono più soldi, per non parlare delle repubbliche baltiche, che viaggiano su percentuali che superano addirittura il 15%».
A questo, secondo il sociologo, si aggiunge il problema dell’istruzione superiore: «Siamo l’unico Paese europeo (tra quelli i cui dati sono disponibili) – rilancia il sociologo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – che vi investe meno dell’1% sul totale della spesa nazionale. E gli effetti di queste scelte si vedono sugli anni di istruzioni medi della popolazione italiana. Per queste ragioni il Paese sembra non aver più futuro, patisce un tradimento di concretezza tra una percentuale troppo bassa di laureati, discipline sbagliate, insegnanti scoraggiati e una percentuale di neet (giovani che né studiano né lavorano) oltre il 20%».
Criticità, queste ultime, relativamente alle quali il mondo cattolico sembra rispondere con inadeguatezza e smarrimento, a detta dell’esperto: «I rimedi – conclude il sociologo Magatti –risiedono nel lavorare alla rete dell’inclusione, per essere cristiani nel mondo globale. È sempre più necessario costruire ponti e non muri, applicando misericordia e non giudizio».
Un convegno, quello degli Uffici scuola diocesani, che si colloca all’interno di un triplice contesto. Il primo esaminato è stato quello riguardante il decennio caratterizzato dagli orientamenti pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo”: «Il rischio che si corre – osserva Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’educazione, la scuola e l’università – è che dopo un po’ la prospettiva decennale si offuschi, mentre intenzione del convegno in corso è tenere viva l’attenzione per questo rinnovato impegno ecclesiale per l’educazione, con le importanti prospettive delineate di una Chiesa-comunità educante, alla ricerca di alleanze educative sia all’interno che all’esterno di essa».
Il secondo contesto è dato dal cammino della Chiesa italiana dopo il Convegno Ecclesiale di Firenze. In tal senso, nel corso della tre giorni di lavori, sono numerosi i riferimenti a questa tappa non episodica del cammino ecclesiale, a partire dal titolo dell’incontro estratto dal discorso di papa Francesco a Firenze: «Dove, a conclusione del convegno, – ricorda Diaco – il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, inserì una nuova attenzione per la scuola e l’università tra le priorità del cammino futuro. In questi giorni, vogliamo chiederci come fare tesoro di queste parole e questa esperienza nel nostro servizio alla comunità cristiana, alla scuola, all’università italiana. In una Chiesa che si vuole sempre più in uscita e con stile sinodale, cosa abbiamo da offrire e come assumere queste prospettive?».
Il terzo dato è quello dell’Anno santo della Misericordia: «Una prospettiva – conclude il direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’educazione, la scuola e l’università – che ci aiuta a costruire il convegno. Durante questo Anno Santo straordinario, Papa Francesco ha chiesto di rileggere in chiave educativa le opere di misericordia: “Nell’educazione, come posso fare io le opere di misericordia?”». Chiuderà domani i lavori il segretario generale della Conferenza episcopale italiana monsignor Nunzio Galantino, con una relazione sul tema “Dopo Firenze, quali prospettive per la Chiesa in Italia”.
Davide De Amicis
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