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Sessant'anni fa, il dramma di Gorla Minore

La televisione ci mostra mille immagini di bimbi feriti dalla guerra, ormai ci siamo abituati, non ci facciamo più caso, sono entrati nella vita di ogni giorno. Non è così per don Walter, uno dei bimbi che ha vissuto la guerra: aveva nove anni quando la sua scuola a Gorla Minore è stata distrutta dal bombardamento aereo.


Sessant’anni fa, il dramma di Gorla Minore

da L'autore

del 28 gennaio 2008

Bimbi e guerra non sono mai andati d’accordo. Il potente non bada ai bambini: che saltino per aria su una mina o che rantolino in un rifugio, è un modo per vendicarsi del nemico, per fargliela pagare! Sono migliaia le vittime innocenti della guerra dell’uomo, che ha dimenticato di essere tale quando dà la vita e non quando la violenta, la distrugge.

La televisione ci mostra mille immagini di bimbi feriti dalla guerra, ormai ci siamo abituati, non ci facciamo più caso, sono entrati nella vita di ogni giorno. Non è così per don Walter, uno dei bimbi che ha vissuto la guerra: aveva nove anni quando la sua scuola a Gorla Minore è stata distrutta dal bombardamento aereo, oggi diremmo di alleati che hanno liberato l’Italia, ma a quel tempo erano i nemici che mettevano a ferro e fuoco le nostre regioni, distruggendo case, chiese e scuole. Erano aerei che arrivavano senza preavviso come le bombe che sganciavano. «Ero fortunato – mi diceva un mio amico inglese, Hamer – perché raggiungevo l’obiettivo e sganciavo le bombe, senza vedere chi colpivo, ma il giorno che ho visto, sono stato preso da un senso di angoscia e di dolore, che mi porto dietro dopo tanti anni che la guerra è finita». Allora era Vietnam, nel 1944 era la nostra città di Milano, che dalle parti di Gorla ha visto consumare un sacrificio, quello di 204 bimbi e bimbe delle elementari, sepolti sotto le macerie della scuola bombardata.

Perché ricordare quel giorno? La motivazione è semplice: per condannare ogni forma di guerra, che genera dolore, sangue, morte. Per riaffermare con il papa Giovanni Paolo II che noi siamo dalla parte della pace, che la vogliamo costruire per noi, per i nostri bimbi.

Walter Filippi, a quei tempi era un bravo chierichetto. Rimasto sotto le macerie per quattro ore, fu tirato fuori con varie escoriazioni, vivo ma con il ricordo di grida, di urla, di chi a ciel sereno invocava i propri bimbi, strappati alla vita, senza che ne avessero colpa. «Ho sentito un mio compagno gridare: Filippi, muoio!».

Era una giornata bellissima di sole, quando gli aerei sono arrivati: tra il primo e il secondo allarme un intervallo di pochi minuti. Alcuni ragazzi della quinta elementare si erano salvati perché il maestro li aveva fatti uscire in tutta fretta. Un ragazzino è tornato dentro per chiamare il fratellino: sono morti tutti e due. Si sono salvati in quattro: mentre gli altri sono stati ricoverati in ospedali lontani da Gorla, Walter era il solo a girare subito tra le vie del paese, suscitando l’invidia delle mamme e dei papà che avevano perso i loro figli nel bombardamento.

Walter Filippi, ora sacerdote salesiano al Centro di Arese, non ha voglia di parlare: pur essendo presidente del Comitato Museo della Pace che ricorda «I piccoli Martiri di Gorla». Non dimentica, non può dimenticare che è uno dei pochi salvati, «un fortunato», dicevano le mamme incontrandolo per strada, «un privilegiato», dicono quelli che lo hanno sostenuto nel suo cammino sacerdotale. Ho cercato di intervistarlo nella portineria del Centro. Lui già parroco a San Benedetto a Parma, stava rendendo un servizio umile nei pomeriggi di domenica, quando c’è bisogno di un portinaio. Era lì sorridente, con i suoi malanni che nascondeva, con la bontà che traspariva dal suo volto, delicato e attento, sempre disponibile, come in confessionale, dove è epifania della misericordia di Dio.

«Mi racconti, don Walter!». Non mi risponde, mi mostra solo dei libri che ricordano quel giorno. Struggente la memoria del compagno di banco, che gli ha sussurrato morendo: «Se ti salvi, Walter, di’ alla mamma che non ho sofferto e che la saluto tanto».

 Walter era nudo quando lo hanno estratto, portato a Niguarda e sistemato in mezzo a bare di operai della Breda bombardata nello stesso giorno. A casa lo porterà la sera stessa un’infermiera, mentre il papà lo cercava disperato.

Nel sessantesimo anniversario di quel drammatico bombardamento, don Water ha presieduto la concelebrazione nella Cappella del Centro Salesiano. La Messa era quella della pace: ha invocato il perdono e la riconciliazione. Era commosso nel momento sacro in cui si è sentito unito ai «Piccoli martiri di Gorla», ora in cielo. Come loro, anche oggi, dal Rwanda all’Iraq, dalla Somalia all’Afghanistan, alla Cambogia, al Sudan, ai paesi delle guerre dimenticate, sono sempre gli innocenti a pagare per i nostri egoismi, i nostri peccati. Fino a quando?

Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano

don Vittorio Chiari

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