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Si può ancora essere buoni?

"Una nonna e il suo nipotino un giorno se ne stanno seduti assieme a parlare. La nonna pensosamente dice: «Sento che due lupi stanno lottando nel mio cuore: uno è rabbia, odio e violenza; l'altro è amore, compassione e perdono». «Quale vincerà la lotta per il tuo cuore, nonna?» chiede il bambino. E la nonna risponde: «Quello a cui io do da mangiare»."


Si può ancora essere buoni?

da Quaderni Cannibali

del 07 febbraio 2011

 

            «Sii buono!» era un ritornello abituale dei genitori e dei nonni. Oggi è una frase fuori moda. Ma quali sono le qualità indispensabili per essere «buoni»?

           Un’antica storia degli indiani d’America racconta che durante un anno di grande fame e difficoltà per la tribù, una nonna e il suo nipotino un giorno se ne stanno seduti assieme a parlare. La nonna pensosamente dice: «Sento che due lupi stanno lottando nel mio cuore: uno è rabbia, odio e violenza; l’altro è amore, compassione e perdono».

 «Quale vincerà la lotta per il tuo cuore, nonna?» chiede il bambino.

 E la nonna risponde: «Quello a cui io do da mangiare».

         La società in cui viviamo sta nutrendo il lupo dell’aggressività e della prepotenza. Chi pronuncia la parola “bontà” rischia di suscitare risatine di compatimento. La gentilezza è diventata sinonimo di debolezza. In realtà, la gentilezza è la virtù più forte che esista ed è una scelta di vita, che possiamo decidere per noi stessi e insegnare ai nostri figli. 

          La gentilezza è una costellazione di qualità e di atteggiamenti che dobbiamo imparare a “nutrire” con azioni quotidiane molto concrete.

 

Per esempio:

          L’empatia: è ascoltare e vedere con il cuore, lasciar risuonare in se stessi la sofferenza e la gioia degli altri, mettersi con l’immaginazione al posto del prossimo.Sfocia nella compassione, qualità spirituale bellissima che fa uscire dall’inferno dell’egoismo e dell’avidità senza fine, perché include tutti, anche i meno capaci, i meno simpatici e i meno intelligenti, perché ci apre e ci unisce agli altri, e infine perché attiva il nostro cuore. Gesù capiva la lebbra del lebbroso, la notte del cieco, la feroce infelicità di chi vive per il piacere, la strana povertà dei ricchi.

          L’umiltà: è l’altro nome dell’autostima. Non significa sentirsi un verme spregevole, ma possedere il giusto rispetto per se stessi. Significa conoscere le proprie forze e i propri limiti. Chi conosce i propri limiti è capace di ricominciare sempre da capo. Chi è umile si prepara di più e lavora meglio. Impara di più, perché i superbi pensano di sapere già tutto. Non è competitivo, lascia spazio agli altri e sa collaborare. Non ha l’ansia di prevalere e non si sente programmato per trionfare. Sente di avere bisogno degli altri e sa vedere le gioie disseminate in una giornata, anche se piccole. Solo chi è umile può essere gentile perché riesce a godere della presenza degli altri.

          La pazienza:in un tempo in cui tutto è sempre più veloce e la gente sempre più impaziente, significa tolleranza nei confronti dei difetti, delle lentezze, delle limitazioni degli altri.

          È la capacità di tenere la mente aperta per accorgerci delle tante piccole cose che di solito non vediamo perché siamo troppo occupati a correre: la preoccupazione di un figlio, per esempio, l’eccessiva stanchezza di una madre, un sogno, un’incertezza, una domanda, ecc. L’impazienza è il modo di non essere veramente presenti, mentre gli uomini pazienti sanno vivere ogni passo di un lungo cammino sopportando il lavoro, lo sforzo e anche le difficoltà e gli eventuali fallimenti.

          Il rispetto: deriva il nome da una parola latina che significa “vedere”. È la qualità che guarisce la ferita dell’anima: quella che i bambini provano quando sono visti non per quello che sono, pieni di potenzialità meravigliose, di amore, intelligenza, creatività, ma solo come un bambino capriccioso e difficile o un delizioso soprammobile da esibire o un possesso di cui vantarsi o una enorme scocciatura. Significa donare agli altri la cosa più preziosa che possediamo: la nostra attenzione.

 

          Vedere senza pregiudizi, ascoltare veramente. Il rispetto è la condizione necessaria per la risoluzione dei conflitti. 

          La generosità: significa dare meno valore a ciò che si possiede e più alle persone. È il piacere di donare senza pensare al ricambio, la disponibilità a condividere risorse, emozioni, se stessi perchéci si sente parte di un tutto. È molto importante insegnare ai figli che esiste una generosità che è anche un “dovere umano”: mettere le proprie capacità a disposizione degli altri.

          La lealtà: è una merce rara, oggi. Significa fedeltà, onestà, sincerità e affidabilità, è l’ingrediente indispensabile di ogni amicizia e di ogni relazione umana. «Puoi contare su di me!» è una frase impagabile, come «Qualunque cosa capiti, io non ti abbandonerò». La lealtà di un amico ci dà forza e speranza.

          Oggi, la continuità e la stabilità nelle relazioni non sono più stimate. Eppure sono tante le ricerche che dimostrano l’importanza dell’amicizia per l’adattamento e il rendimento dei bambini a scuola e altre che provano l’importanza dell’amicizia per il benessere e la salute.           

 

 

IL MANIFESTO DELLA GENTILEZZA

          Noi crediamo che in un mondo che tende alla disumanizzazione, abbiamo più che mai bisogno di gentilezza. Verso noi stessi, gli altri, il pianeta.

          Noi crediamo che essere gentili voglia dire essere rispettosi nei confronti di tutto quello che ci circonda: persone, animali ambiente.

Noi siamo convinti che l’era dell’aggressività e del “ciascuno per sé” sia tramontata.

          Noi crediamo che sia arrivato il momento di affrontare la vita con più dolcezza, più comprensione, più attenzione.

          Noi crediamo che essere gentili significhi essere parte attiva di un processo di miglioramento dell’esistenza di tutti.

Noi crediamo che la gentilezza sia una forza interiore e una forma alta di intelligenza.

Noi crediamo che la gentilezza sia una capacità e che si possa apprendere.

Noi crediamo che la gentilezza sia contagiosa e, di conseguenza, trasmissibile.

Noi siamo convinti che la gentilezza debba concretizzarsi in piccole azioni.

Noi crediamo che tanti piccoli atti di gentilezza cambieranno il mondo.

 

 

Bruno Ferrero

http://biesseonline.sdb.org

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