I 18 membri sono fuggiti mentre la nazionale si trovava in Uganda a giocare la Cecafa cup. Oggi le squadre locali di Gorinchem se li contendono.
Nel 2012 la nazionale di calcio eritrea, composta da 22 elementi, medici compresi, è partita alla volta dell’Uganda per partecipare come ogni anno alla Cecafa Cup. Sono tornati in quattro. Gli altri 18 hanno approfittato di una delle rarissime possibilità di uscire dal paese per scappare da uno dei regimi più repressivi al mondo. E ora, dopo un’odissea durata quasi due anni, sono approdati in un piccolo paesino dell’Olanda.
ACCOGLIENZA
Gorinchem è una pittoresca città di 35 mila abitanti a pochi chilometri da Rotterdam. «Loro sono una nazionale di calcio e noi siamo una cittadina molto ospitale, quindi non abbiamo esitato un momento ad accoglierli, visto che sono scappati con tutte le migliori ragioni», ha dichiarato al New York Times il sindaco Anton Barske.
FUGA CALCISTICA
Il calcio è un ottimo mezzo per scappare dall’Eritrea. In otto anni, 77 calciatori sono scappati duranti i tornei esteri a cui la nazionale ha partecipato. La squadra del 2012 è uscita un giorno dall’hotel di Kampala a metà torneo per «andare a fare shopping». Non sono più tornati, recandosi invece al compound dell’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati. Dopo aver passato sei mesi nella struttura sono stati trasferiti in un centro per rifugiati ad alto rischio in Romania, nella città di Timisoara.
LOTTA PER AVERLI IN SQUADRA
Dalla Romania sono stati poi trasferiti in Olanda e infine nel paesino di Gorinchem, dove tutti li hanno accolti, fatti salvi alcuni che storcono il naso per l’arrivo di «immigrati». Particolarmente emozionati dall’approdo della nazionale eritrea sono le cinque squadre di calcio locali. Il club SVW, che milita nella quinta divisione olandese, vorrebbe accaparrarseli: «È una situazione surreale. Siamo un piccolo paese e improvvisamente arriva un’intera nazionale. Allora pensi: “Magari potrebbero giocare con noi e così otterremmo la promozione”».
«SE GIOCASSERO PER NOI»
Dall’altra parte della strada c’è la sede di un altro club, l’Unitas, che ha già mandato i suoi talent scout al parco per vedere giocare gli eritrei: «Il mio primo sentimento è stato di pietà per loro, che si sono lasciati il loro paese e famiglie alle spalle. Ma se volessero giocare per noi…».
Anche se, scherza il sindaco della città, l’Eritrea è classificata al 200esimo posto su 207 nel ranking Fifa. «Credo che non sia necessario naturalizzarli al volo perché possano andare ai mondiali in Brasile con l’Olanda».
LIBERTÀ NEGATE
I diretti interessati non hanno ancora rilasciato interviste per non mettere ulteriormente le loro famiglie a rischio in patria. Il regime eritreo, infatti, multa i familiari di chi scappa con cifre esorbitanti pari anche a 50 mila nakfa, che per gli eritrei valgono come 50 mila euro in Italia.
Ad Asmara tutte le libertà fondamentali sono negate: non esiste libertà di stampa, associazione, pensiero, religiosa. I cristiani vengono perseguitati e ai giovani viene rubato il futuro perché tutti devono fare circa 20 anni di servizio militare obbligatorio. Fino anche a 50 anni.
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