SYM: intervista a mons. Luc Van Looy

Era l'11 agosto e mons. Van Looy ci ha spiegato cosa significa essere LIKE don Bosco...

SYM: intervista a mons. Luc Van Looy

 

Era la mattinata dell'11 agosto, primo giorno in cui i partecipanti al SYM DON BOSCO 2015 sono entrati al Pala Ruffini per iniziare ufficialmente un'esperienza fantastica ed irripetibile. Il tema era LIKE DON BOSCO.

 

Mons. Luc Van Looy ci ha fatto una catechesi, sotto forma di intervista, sul tema. Molto spigliato, accattivante e simpatico, don Luc ha risposto in modo semplice ma efficace alle domande che gli sono state poste. Ha lasciato vari consigli e qualche slogan per essere like don Bosco.

 

Vi abbiamo tradotto in italiano tutta l'intervista... buona lettura!!!

 

Don Luc, benvenuto al SYM 2015! Come ti senti?

 

Mi sento molto bene, fa fresco. Sapete, fuori c’è molto caldo ora ma qui si sta bene, perché tutti voi siete qui e questo è il punto!

 

Tutto è migliore, con tutti questi giovani qui!

 

L’unico problema è che non li vediamo tutti bene, per colpa delle luci, ma sappiamo che ci sono. Sentiamo se ci sono… (urla dei giovani presenti)

 

Sai don Luc, noi giovani siamo molto curiosi… ti va bene se ti faccio qualche domanda?  

 

Certo che sì, ma prima vorrei dire una cosa. Abbiamo sentito poco fa Papa Francesco dire che non  rimpiange di aver fatto la scelta di seguire Gesù e diventare sacerdote. Io ho fatto questa scelta 55 anni fa il 16 di agosto e…neanche io la rimpiango!

 

Quindi il 16 agosto è molto importante per te, non solo per don Bosco ma anche perché è un anniversario personale speciale..

 

Sì!

 

Bene, ora posso farti la prima domanda?

 

Certo.. adesso la questione si fa seria, bisogna stare attenti!

 

Oggi stiamo riflettendo su cosa significa essere “LIKE DON BOSCO”. Puoi darci due punti che ci aiutino nel nostro cammino per essere come don Bosco, al giorno d’oggi?  

 

Credo che don Bosco abbia avuto una mamma molto brava, che gli ha insegnato bene ad essere davvero umano, semplice. Don Bosco era un bravo ragazzo, e io credo che una delle cose importanti sia avere una buona madre e imparare da lei. Sapete che una volta gli ha detto che se mai fosse diventato ricco, lei non sarebbe mai più entrata in casa sua. Io credo che l’umanità di don Bosco sia fondamentale, io credo che sia per questo motivo che lui era già un catechista a 12 anni. Qualcuno di voi a quell’età era già un catechista?! Don Bosco era uno che si prendeva cura, che si interessava di tutti quelli che gli stavano attorno. Questo è il motivo per cui era così benvoluto dai ragazzi, perché era coinvolto da tutta la situazione della persona che gli stava davanti.

 

Non era troppo difficile la mia prima domanda…

 

No: quando ascolti una persona come don Bosco nessuna domanda è difficile perché lui era in ascolto dello Spirito Santo, e se anche tu ti metti in ascolto dello Spirito, nessuna domanda è difficile! Abbiamo ascoltato qualcosa a proposito della sfida umana, ma c’è qualcosa di particolare in don Bosco. Vorrei raccontarvi una piccola storia…. A quel tempo lui viveva a Valdocco, con 800 ragazzi (scusate, a quel tempo non c’erano ragazze, i tempi sono cambiati ora). Don Bosco non voleva parlare con nessuno prima di fare colazione, si alzava presto e camminava su e giù per il cortile. Incontrava i ragazzi, perché erano già lì, ma non rivolgeva la parola a nessuno. Diceva: “una cosa importante nella vita è il silenzio, è stare in silenzio quanto riesci”. Per don Bosco, si sa, silenzio significava anche preghiera, era completamente alla presenza del Signore. La prima azione quotidiana, per lui, era quindi in totale silenzio, e questo era il modo in cui lui prendeva la forza per il resto della giornata, che era ovviamente molto attiva stando in mezzo ai ragazzi. Il punto di partenza però era il silenzio.

 

Quando guardi a don Bosco e ai giovani, che oggi qui fanno parte del Movimento Giovanile Salesiano, quali sono le sfide che vedi in comune per entrambi?

 

Sapete che Papa Francesco dice che una delle sfide più grandi è non starsene a casa. Sono convinto che tutti voi sappiate cosa vuol dire lasciare casa propria per andare a lavorare altrove, a studiare, o a Torino come oggi. Tuttavia “non starsene a casa” significa non rimanere chiusi in se stessi, chiusi in tutto ciò che è egoistico, che fa pensare solo a se stessi o comprare cose solo per uso personale. Il consumo è una faccenda molto pericolosa. Papa Francesco dice di non stare troppo a lungo in una stanza, perché dopo un po’ l’aria puzza, bisogna aprire le finestre, le porte e uscire per andare incontro alle persone. Il Papa dice di andare nelle periferie. Cosa ha fatto don Bosco? Valdocco si trova nella periferia di Torino e a quel tempo era a maggior ragione una zona periferica, dietro il cimitero. La gente normale lì non ci va… Per questo motivo don Bosco veniva accusato di essere pazzo, erano anche andati a prenderlo per portarlo al manicomio. Lui ha scelto di non stare ai Becchi, di non starsene a casa sua, ha scelto invece di andare fuori e questa è una cosa difficile. Credo che oggi viviamo in città con molti sobborghi urbani, dove la gente vive per strada. Andiamo in questi posti? Conosciamo chi vive per strada? Prepariamo del cibo per loro? Credo che sia una cosa importante, oggi. Nella mia casa non ho stanze per farci vivere qualcuno, ma ho molti contatti con queste persone, di cui tante sono dell’Est Europa, che arrivano senza cibo, senza un posto dove andare. Non hanno niente. Noi cerchiamo di aiutarle. Credo che don Bosco andrebbe fuori per dare un aiuto a questi poveri. Lui era coinvolto dalla persona nella sua totalità e sapete che nel “mondo salesiano” abbiamo lo studio, la preghiera, il gioco, il lavoro. Don Bosco fu uno dei primi ad introdurre il lavoro nel sistema educativo, “sporcatevi le mani” – diceva – “con le mani sporche puoi imparare, quindi vai e lavora nei campi, in fabbrica”. Lui stesso lavorò, quando era un ragazzino a Chieri, e ha abitato al Caffè La Pianta. Tutto ciò lo portò fuori dalle situazioni ordinarie per andare dai poveri.

 

Don Luc, sai che siamo tutti qui perché amiamo don Bosco. Vogliamo davvero essere come lui. Potresti dirci due cose che fece don Bosco che ci possono aiutare oggi?

 

Don Bosco voleva assolutamente che la sua congregazione avesse uno sguardo missionario. L’essere missionario è qualcosa che ci riguarda, tutti noi dovremmo ritenerci missionari. Don Bosco dice “non è abbastanza amare i giovani, ma i giovani devono sapere di essere amati”. Io vorrei cambiare questa frase ora e dire che non è sufficiente che voi amiate Gesù: i vostri amici e la vostra famiglia devono sapere che voi amate Gesù! Questo è ciò che voleva don Bosco, e quando ricevette la sua missione dal Signore non volle starsene a Torino. Andò quasi subito ad Alassio e a Genova perché lì stavano facendo proselitismo i protestanti, e doveva fermarli. Non volle andare in India perché se avesse inviato dei confratelli lì – chiedo scusa agli Indiani – essi avrebbero dovuto imparare l’inglese e questa era a quel tempo la lingua dei protestanti. Ecco perché li mandò in Argentina, precisamente in Patagonia. Insomma non dovete accontentarvi di amare il Signore, la gente deve saperlo! Abbiate questa convinzione, ricordatela. In secondo luogo io penso che don Bosco fosse molto affezionato a San Paolo, l’apostolo. Lui uscì, andò sempre più lontano, in mezzo ai pagani. Io credo dunque queste due cose: che non sia sufficiente amare Gesù e, poi, che bisogna andare e portare la Buona Novella alle persone. Ma com’è possibile fare questo? Conoscete il Vangelo, il suo contenuto? (i giovani rispondono di sì) Questa è la cosa fondamentale. Se andate a casa e non avete imparato qualcosa in più di Gesù, non avrete nessun messaggio da dire agli altri. Quindi imparate, leggete il Vangelo. Chi ha un Vangelo a casa sua? (i giovani alzano le mani). Se non leggete quotidianamente almeno una pagina, non continuate a conoscere maggiormente Gesù. Dovete imparare ogni giorno qualcosa in più su Cristo. Questa è la cosa più importante, perché se volete amare veramente il Signore e volete che le persone lo sappiano, lo dovete conoscere e non solo amare in maniera “romantica”.

 

Adesso un’ultima domanda. Se chiedessimo oggi a don Bosco una frase semplice, uno slogan, cosa ci direbbe?

 

Ok. Avete la memoria pronta, siete tutti pronti? Vi sto per dire la frase… Si tratta di una frase che anche il Papa dice, più o meno, io la traduco alla salesiana. NON PERMETTETE A NESSUNO DI RUBARE LA VOSTRA GIOIA, LA VOSTRA PUREZZA, LA VOSTRA SPERANZA. Non dimenticatelo! Molti mi chiedono quali sono le somiglianze tra Papa Francesco e don Bosco, c’è anche un libro su questo.  Il Papa non nomina don Bosco, ma in lui lo possiamo vedere costantemente perché lui ci chiede di essere sobri, puri, ci chiede di stare lontani dall’individualismo e di riempire il nostro cuore del Signore. Se vi riempite di Gesù, di don Bosco, dell’amore per i giovani allora non comprerete e non cercherete altre cose, non vi lascerete dominare dal possesso. Non riuscire a saziare il vostro cuore con una matita, un telefono, un computer e neanche con Skype. Questo ci dice anche Papa Francesco. Solo così sarete capaci di non lasciare che nessuno vi rubi la gioia, la purezza e la speranza.  

 

 

Chiara Succol - mons. Luc Van Looy

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