In questi anni, come direttore spirituale, ho potuto riconoscere tre possibili tipologie di chiamata. Chiedere al Signore che cosa vuole da ciascuno di noi dovrebbe essere l'atteggiamento di ogni buon cristiano. Qualunque sia il tipo di chiamata che bussa alla porta della sua vita, il giovane si rende conto di questo invito.
«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
La chiamata diretta
Da Cristo al cuore del giovane. Un lampo a ciel sereno. Un po’ come San Paolo. Senza intermediari, senza molte “cause seconde”. I pretesti sono tanti ma l’elemento comune è uno soltanto: Cristo passa sulla riva della tua vita e ti chiama. Il vangelo di San Marco dipinge così questa scena: “Gesù passa, lasciano tutto e lo seguono” (Mc 1, 16-20).
Troppo importante per essere banale. Troppo esistenziale per colorarsi di superficialità e incoscienza. Durante la Santa Messa o in vacanza o nel bel mezzo di una festa o guardando un film o contemplando un tramonto. Il Signore guarda i tuoi occhi, fissa lo sguardo e ti ama. È una chiamata totalmente chiara, diretta appunto, che non posso non riconoscere. È così e basta! Forse vorrei non aver capito, ma non posso dire che l’erba sia, per esempio, di colore rosso.
La chiamata indiretta
Il Signore si serve di tanti pretesti per farsi vivo. Tanti elementi che apparentemente non hanno nulla a che fare gli uni con gli altri e con il senso della mia vita. Come un mucchio di eventi o avvenimenti accatastati che hanno un senso singolare. Eppure, ad un certo punto, unendo questi episodi, si scopre un “filo rosso” che attraversa la nostra esistenza.
Credo che tutti abbiamo fatto questa esperienza: ad un certo punto ci accade un fatto che ci fa riflettere e ci aiuta a leggere tante altre luci apparse nella nostra vita: «Ah, adesso ho capito! È per questo motivo che mi è accaduto questo e questo e quest’altro».
È meno evidente della chiamata diretta. Non è un invito immediato, piuttosto dedotto. Un percorso fatto, magari, senza una piena consapevolezza. Senza rendermene pienamente conto, mi sono “ritrovato” in questa situazione e soltanto ora le cose si fanno più chiare.
In questo tipo di chiamata è importante saper riconoscere le “cause seconde”, cioè tutti gli avvenimenti e coincidenze secondari che si “incastrano” perfettamente e mi fanno arrivare qui e non da un’altra parte.
La chiamata offerta
Potrebbe sembrare una forzatura, come se pretendessimo di giustificare una chiamata “muta” da parte del Signore ma non è così.
In questi ultimi anni mi è capitato di incontrare alcuni giovani che durante il loro cammino di fede hanno fatto questo ragionamento: «Qual è il miglior modo di spendere questa vita? Qual è il cammino più importante per un uomo se non il servizio a Dio e agli altri? Qual è, dunque, il modo più perfetto per vivere i miei anni?».
Queste ed altre considerazioni costituiscono motivazioni, di per sé, più che sufficienti affinché una persona “offra” la propria vita a Dio. A volte sono persone che dicono di non “sentire nulla”. Quasi una assenza di sentimenti e di emozioni. Eppure, contemplando questo mondo, vogliono fare qualcosa. Osservando le sofferenze ed i bisogni di tanti esseri umani, cresce in loro il desiderio di spendersi gratuitamente, pienamente e con esclusività per gli altri. A volte, è un senso di mediocrità che si vuole superare e rompere. Un “salto” per dare qualcosa di più.
Come discernere
Alla luce di queste tre “modalità” di chiamata può sorgere un dubbio forse giustificato. Se la chiamata può essere diretta, indiretta o offerta allora tutti possono ritenersi scelti, chiamati da Dio. Per tutti potrebbe esserci questa via di “consacrazione” per la propria realizzazione personale. Qualcuno potrebbe pensare: «ma allora, non si salva nessuno!».
Una possibile risposta per capire meglio la chiamata che Lui può fare a ciascuno di noi potrebbe essere questa: è vero che tutti possono incontrarsi in questo o in quel tipo di dialogo con il Signore. Ma non tutti riceveranno la stessa risposta. Chiedere al Signore che cosa vuole da ciascuno di noi dovrebbe essere l’atteggiamento di ogni buon cristiano. Ma, come abbiamo visto, è Dio che alla fine chiama chi vuole ed è Lui che farà capire nel cuore di ciascuno la sua volontà.
Ora, qualunque sia il tipo di chiamata che bussa alla porta della sua vita, il giovane si rende conto di questo invito. Magari dopo un po’ di tempo, dopo un po’ di viaggi e di circoli viziosi. Magari... Eppure la voce del Signore non si stanca mai di “farsi capire”.
Nelle prime due chiamate passiamo dalla vocazione alla missione, cioè da un rapporto più o meno intimo con il Signore alla concretezza di una risposta, il lavoro concreto della missione. Nell’ultimo tipo di chiamata il cammino è inverso: dalla missione ad un rapporto più intimo con il Signore.
Riguardo al terzo tipo di chiamata potremmo chiederci: «E autentico anche questo? Non sarà una imprudenza lanciarsi così nel vuoto?». Ricordiamolo ancora una volta: è sempre Lui che dona la grazia ad ogni giovane di scorgere i bisogni di questo mondo, la bellezza della donazione personale, il desiderio di fare qualcosa di più. Un dono per capire la vita con la stessa tenerezza con cui la vede Dio.
da Teologo Borel
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