del 21 ottobre 2010
          Nessuno di noi può stabilire davanti agli occhi di Dio chi deve vivere e chi deve morire, perché è di Dio la volontà e nel suo infinito amore Egli ha stabilito, per ciascuno di noi, un progetto, una storia di salvezza che noi siamo chiamati a vivere su questa terra, non solo per noi ma, soprattutto in comunione di vita con i nostri fratelli, tutti, sani o malati, normali per così dire o handicappati, anzi sono proprio i malati, gli handicappati, quelli che noi consideriamo destinati a soffrire ( se fosse così dovremmo morire tutti ) che ci mostrano di quali talenti sono capaci.
           Il figlio terminale, considerato dalla scienza incompatibile con la vita a causa di malformazioni genetiche o altro, è uguale a qualsiasi figlio che una madre è chiamata ad amare forse in misura maggiore di quelli considerati normali e per i quali ringrazia Dio ogni giorno perchè sono TUTTI FIGLI SPECIALI E QUEI DIVERSI FORSE ANCORA PIU' SPECIALI PERCHE' DOTATI DI UNA SENSIBILITA' MAGGIORE.
           E SE FOSSIMO NOI QUEI BAMBINI CHE BRUTALMENTE DEVONO MORIRE PERCHE' ALTRI LO VOGLIONO?
          ' Che cosa è la terminalità? Siamo veramente nati per “terminare”, o come dice Hannah Arendt: “Gli esseri umani, sebbene debbano morire, non sono nati per morire, ma per incominciare”?
           Tony Melendez è per noi tutti motivo di speranza in un mondo dove la perfezione è modello di vita.
          Questo uomo, all'apparenza così debole, è la dimostrazione che cio' che la società considera anomalo, inutile, un peso per sè stesso e per gli altri, è invece unico, irripetibile davanti agli occhi del mondo e di Dio, unico e irripetibile come uomo, come artista, come marito e come padre di famiglia.
 
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