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Torniamo a cantare la nuova annunciazione

Ma in un certo senso, è proprio una strana canzone. Una strana preghiera. Se uno la legge bene. La compose, si dice, Gregorio Magno. Lui diceva che l'avessero composta gli angeli. L'aveva sentita una mattina di Pasqua.


Torniamo a cantare la nuova annunciazione

da Teologo Borèl

del 21 maggio 2010

 

            La si sentì cantare per aria. E la si sentirà di nuovo oggi, domenica. È da circa 1.500 anni che si canta. È la voce del Regina Coeli, che in tanti canteranno con il Papa. Perché il Papa, a dispetto di quel che tanti dicono e qualcuno pensa davvero, non è solo. E non c’è modo migliore del canto insieme per far sentire la compagnia a un uomo.

 

           Ma in un certo senso, è proprio una strana canzone. Una strana preghiera. Se uno la legge bene. La compose, si dice, Gregorio Magno. Lui diceva che l'avessero composta gli angeli. L’aveva sentita una mattina di Pasqua. Le prime tre righe, e lui, il padre del canto liturgico, aggiunse solo la quarta.

           Una canzone in cui si dice a Maria di `laetare`, di rallegrarsi. Perché suo Figlio, come aveva detto, è risorto. È la canzone che anche Dante fa risuonare nel XXIV canto del Paradiso, cantata da beati che sono come `fantolini`, bimbi piccolissimi, appena staccati dal seno della madre. Alla Regina del cielo si rivolgeranno dunque oggi, domenica, i cattolici d’Italia, con tutta la coscienza della gravità del momento in cui qualcosa di `terrificante` come ha detto Benedetto XVI ha attaccato la Chiesa da dentro, ma anche con la fiammata d’amore lieto e in pace che Dante vede in quei piccolini appena nutriti dal latte materno.

           È un canto di gioia. Una `nuova annunciazione` l’aveva definita lo stesso Benedetto. Gli uomini annunceranno alla Regina che deve stare allegra. Come per uno strano rovesciamento di ruoli, se così si può dire. Di solito è la Madre che consola. Da 1.500 anni circa la Chiesa canta questa preghiera, dolcissima e struggente. Come un annuncio che gli uomini fanno a Maria. Come se lei, Mater dolorosa come molti oggi sono nel dolore, avesse bisogno di quell’annuncio. Unico annuncio che fa davvero laetare il cuore umano, pur se traversato da sette e settemila spade.

           Si riferiva al Regina Coeli anche l’ultima meditazione di Giovanni Paolo II. Fu letta il giorno dopo la sua morte, era il 3 aprile, una domenica. Prima di concludere quella riflessione che lui non lesse mai con le parole della canzone, Giovanni Paolo II ricordava: «quanto bisogno ha il mondo di comprendere e di accogliere la Divina Misericordia».

           È come se la canzone che si canterà oggi riportasse un po’ nel vento anche queste sue parole non pronunciate qui in terra. Da Papa a Papa, come da amico ad amico. Perché gli uomini ripetono quell’annuncio alla Madonna? Non è strano che ci rivolgiamo in questo modo a Lei, la madre di Cristo? Come se potessimo noi, per una volta, consolare Lei, dirle `rallegrati`, sii lieta. Strana, meravigliosa canzone. Non sono certo un teologo, e molte cose mi sfuggono, ma c’è una misteriosa forza poetica in quelle parole. È come se dovessimo dire a Lei, e ripetere così a noi stessi perché Lei è una di noi, che il corpo che era nascosto nel suo ventre prima della nascita, e poi nascosto nella terra ora sì, è risorto ed è visibile tra noi.

           Come se dovessimo dire a Lei, che lo ha sentito crescere nel segreto delle proprie viscere – tremando e soffrendo come ogni madre – e poi lo ha visto calare nel segreto delle tenebre mortali - piangendo e volendo morire come ogni madre che vede così il figlio: `Guarda Maria, è qui, è vivo. Puoi di nuovo guardare Tuo figlio. Come noi lo intravvediamo nel segno velato e commovente della Sindone e poi ora lo vediamo, nel segno vivo e vociante del Suo popolo`. Come se noi dovessimo e potessimo dirLe, mentre ci si stringe intorno al Papa: sii lieta con noi, Regina bellissima, perché vedi, è vivo. E la morte non ha avuto dominio su di Lui.

           Lo cantiamo da 1500 anni, lo canteremo domani. Lo si canterà per sempre.

Davide Rondoni

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