Tra i mattoni di Finale Emilia

I giovani della Comunità Animatori di Trieste raccontano la loro esperienza a Finale Emilia. "Il nostro compito principale era di impiegare le nostre forze a recuperare parti della Torre dell'Orologio, ma non solo: anche quello di restituire ai legittimi destinatari parte della loro storia e della loro vita. Quello che abbiamo ricevuto è stato molto più di quello che abbiamo dato”.

Tra i mattoni di Finale Emilia

Noi giovani della Comunità Animatori di Trieste abbiamo deciso di impegnare una settimana della nostra estate a servizio della popolazione emiliana colpita dal terremoto lo scorso maggio.

Inizialmente la nostra partenza era incerta, quasi al limite delle speranze, solo all’ultimo momento la Protezione Civile ci ha dato il sostegno necessario in loco: destinazione Finale Emilia. Siamo partiti in dodici dall’Oratorio Maria Ausiliatrice di Trieste, carichi di entusiasmo ma anche un po’ spaventati per quello che avremmo affrontato. Pur essendo un gruppo di animatori, il nostro compito principale era di impiegare le nostre forze a recuperare parti della Torre dell’Orologio, ma non solo: anche quello di restituire ai legittimi destinatari  parte della loro storia e della loro vita. “Quello che abbiamo ricevuto è stato molto più di quello che abbiamo dato” è la frase che noi animatori ci siamo ripetuti molto frequentemente durante questa esperienza emiliana. Già dal primo istante in cui siamo arrivati, ci siamo sentiti accolti come in una grande famiglia, dai Carabinieri all’entrata del Campo 2, dai volontari della mensa e perfino dai bambini che abitavano lì. Anche se i nostri volti non erano a loro familiari, abbiamo provato la sensazione di essere attesi. Non si è trattato di un’accoglienza solo fisica, ma anche di cuore: non è facile condividere con degli sconosciuti la propria sofferenza, eppure tutte le persone che abbiamo incontrato ci hanno permesso di arricchirci con il loro vissuto. In questa settimana siamo diventati un po’ tutti emiliani, il modo di descrivere queste sofferenze e il loro sguardo ci hanno aiutato a comprendere come questo evento drammatico abbia scosso le loro vite.

Abbiamo toccato con mano le difficoltà della ricostruzione e le angosce per il futuro e anche assaggiato la grande generosità del popolo emiliano, seppur ferito.

La gente tentava di vivere una normalità ancora precaria: il terremoto oltre che negli edifici, ha lasciato le sue crepe e fratture anche nel profondo dei cuori. Le serate trascorse a cantare nella tendopoli con gli sfollati e i volontari che si occupavano di loro (CRI, UNITALSI, Protezione Civile) sono state una piccola occasione per portare un po’ di gioia nei cuori di tutti, una semplice goccia in un oceano chiamato vita: un’ esperienza che non può essere compresa a fondo se non vissuta a pieno in prima persona. 

Ci sentiamo fortunati ad aver arricchito la nostra vita in questo modo, senza pensare di aver “sacrificato” la settimana di Ferragosto per aiutare qualcuno in difficoltà, come in tanti hanno sostenuto. Non possiamo che dire il nostro GRAZIE alla Provvidenza per averci fatto da compagna di viaggio e a chi ha creduto nella nostra iniziativa.

Un evento di tale portata come il terremoto che distrugge tutto quello ciò che ci circonda, ci fa riflettere sul modo in cui affrontiamo la nostra vita. Noi, che costruiamo e basiamo tutto principalmente sulle “cose del tempo”, vediamo crollare i nostri propositi in modo tanto veloce da non rendercene conto. Lo stesso evangelista Matteo (Mt 7,21-27) ci insegna quanto sia importante fondare la nostra casa su qualcosa di saldo, un qualcosa che in realtà è una persona viva e presente nel nostro quotidiano: Gesù Cristo.

Laura, Federica P., Michele, Luca, Chiara, Erika, Silvia, Federica V., Gianluca, Giulio, Lorenzo sdb e sr. Manu

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