Tutto il mondo sulle spalle

La tragedia di Haiti chiama in causa la sensibilità dei giovaniSi educano i giovani alla testimonianza e al servizio degli altri, mentre li si informa, perché grande è l'ignoranza ‚Äì la semplice non conoscenza ‚Äì sulle infinite povertà di un mondo che tanto spesso ha bisogno di appoggiarsi sulle spalle di qualcuno.

Tutto il mondo sulle spalle

da Quaderni Cannibali

del 02 febbraio 2010

          Don Tonino Bello parlava di «beate inquietudini», le stesse che tanti giovani sentono, vivendo con una passione positiva che li spinge a impegnarsi senza confini per chi è nel bisogno. La catastrofe naturale di Haiti ha destato molti animi, soprattutto tra coloro che, cresciuti negli oratori, nelle parrocchie, nei movimenti ecclesiali affrontano il quotidiano con un’apertura speciale agli altri, sperano nonostante tutto, hanno fiducia nell’umanità, crescono e si confrontano con testimoni credibili, persone con una grande fede che sono diventate i loro maestri.

         

          Dinanzi alle piaghe del mondo c’è bisogno di una voce coraggiosa e schietta che pensi, organizzi, si dia da fare senza indugio. E, se necessario, urli per coloro che non hanno voce. Questi giovani sono anche quelli che solcano con entusiasmo i mari del Web, portando il Vangelo da missionari, come solo loro sanno fare; sono gli stessi che dedicano una fetta delle vacanze estive a esperienze di volontariato, che settimanalmente o anche tutti i giorni si dedicano al prossimo in modo concreto, che in queste ore per Haiti si sono mobilitati in tutta Italia per pregare, raccogliere fondi e beni di prima necessità.

          Non solo: c’è già chi si sta formando per raggiungere appena possibile, quando sarà utile, i luoghi del disastro. «E io, cosa posso fare?». Non sono certamente pochi i giovani che in queste ore tremende per Haiti immaginano di partire per aiutare; un disegno che testimonia la loro inclinazione naturale al bene, su cui lavorare e costruire un mondo nuovo.

          È l’azione educativa che – tra le altre, ad esempio – le realtà salesiane svolgono formando giovani missionari e volontari del Movimento Giovanile Salesiano grazie alle organizzazioni non governative Vis e Vides, animate insieme da giovani e adulti. La dimensione missionaria è stata un tratto tipico di Don Bosco. I giovani sono missionari, come lo furono i primi partiti nel 1875 per la Patagonia. Portano la creatività, la donazione totale e il coraggio proprio dell’età.

          Per facilitare l’inserimento culturale e le capacità di comunicazione e relazione, vengono formati attraverso corsi specifici ed esperienze di Don Tonino Bello parlava di «beate inquietudini», le stesse che tanti giovani sentono, vivendo con una passione positiva che li spinge a impegnarsi senza confini per chi è nel bisogno. La catastrofe naturale di Haiti ha destato molti animi, soprattutto tra coloro che, cresciuti negli oratori, nelle parrocchie, nei movimenti ecclesiali affrontano il quotidiano con un’apertura speciale agli altri, sperano nonostante tutto, hanno fiducia nell’umanità, crescono e si confrontano con testimoni credibili, persone con una grande fede che sono diventate i loro maestri.

          Dinanzi alle piaghe del mondo c’è bisogno di una voce coraggiosa e schietta che pensi, organizzi, si dia da fare senza indugio. E, se necessario, urli per coloro che non hanno voce. Questi giovani sono anche quelli che solcano con entusiasmo i mari del Web, portando il Vangelo da missionari, come solo loro sanno fare; sono gli stessi che dedicano una fetta delle vacanze estive a esperienze di volontariato, che settimanalmente o anche tutti i giorni si dedicano al prossimo in modo concreto, che in queste ore per Haiti si sono mobilitati in tutta Italia per pregare, raccogliere fondi e beni di prima necessità. Non solo: c’è già chi si sta formando per raggiungere appena possibile, quando sarà utile, i luoghi del disastro. «E io, cosa posso fare?». Non sono certamente pochi i giovani che in queste ore tremende per Haiti immaginano di partire per aiutare; un disegno che testimonia la loro inclinazione naturale al bene, su cui lavorare e costruire un mondo nuovo.

          È l’azione educativa che – tra le altre, ad esempio – le realtà salesiane svolgono formando giovani missionari e volontari del Movimento Giovanile Salesiano grazie alle organizzazioni non governative Vis e Vides, animate insieme da giovani e adulti. La dimensione missionaria è stata un tratto tipico di Don Bosco. I giovani sono missionari, come lo furono i primi partiti nel 1875 per la Patagonia. Portano la creatività, la donazione totale e il coraggio proprio dell’età. Per facilitare l’inserimento culturale e le capacità di comunicazione e relazione, vengono formati attraverso corsi specifici ed esperienze di servizio graduali. Due i settori più importanti: da un lato i progetti di sviluppo nell’ambito della cooperazione internazionale, dall’altro i percorsi di animazione missionaria e di educazione alla mondialità.

          Ma qual è la disponibilità dei giovani alla missionarietà? Tanti sono attratti dalle esperienze di volontariato, e spesso l’impegno per gli altri può divenire la leva per avviare un percorso educativo nell’ambito del quale proporre valori e contenuti di fede. Non è un percorso semplice, ci vogliono sacrificio e costanza. Haiti è l’emergenza di oggi per il terremoto, ma la povertà ad Haiti e altrove c’è sempre stata. I giovani che vengono formati nelle scuole di mondialità sanno che la vera dimensione missionaria va vissuta nella vita di tutti i giorni, fatta di famiglia, di colleghi, di amici, dove si gioca fino in fondo il servizio, con le molte difficoltà, incomprensioni, dolori che hanno senso solo se portano a una gioia piena.

          Si educano i giovani alla testimonianza e al servizio degli altri, mentre li si informa, perché grande è l’ignoranza – la semplice non conoscenza – sulle infinite povertà di un mondo che tanto spesso ha bisogno di appoggiarsi sulle spalle di qualcuno.servizio graduali. Due i settori più importanti: da un lato i progetti di sviluppo nell’ambito della cooperazione internazionale, dall’altro i percorsi di animazione missionaria e di educazione alla mondialità.

          Ma qual è la disponibilità dei giovani alla missionarietà? Tanti sono attratti dalle esperienze di volontariato, e spesso l’impegno per gli altri può divenire la leva per avviare un percorso educativo nell’ambito del quale proporre valori e contenuti di fede. Non è un percorso semplice, ci vogliono sacrificio e costanza. Haiti è l’emergenza di oggi per il terremoto, ma la povertà ad Haiti e altrove c’è sempre stata. I giovani che vengono formati nelle scuole di mondialità sanno che la vera dimensione missionaria va vissuta nella vita di tutti i giorni, fatta di famiglia, di colleghi, di amici, dove si gioca fino in fondo il servizio, con le molte difficoltà, incomprensioni, dolori che hanno senso solo se portano a una gioia piena.

          Si educano i giovani alla testimonianza e al servizio degli altri, mentre li si informa, perché grande è l’ignoranza – la semplice non conoscenza – sulle infinite povertà di un mondo che tanto spesso ha bisogno di appoggiarsi sulle spalle di qualcuno.

Marco Pappalardo

http://www.avvenire.it

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