Un articolo uscito domenica sulla morte del giovane pilota Andrea Antonelli... Tristemente profetico: la nascita del "royal baby" ha già tolto questa notizia dal tritacarne dei media.
Un disco rotto: questo sembriamo.
La puntina si blocca e senti sempre le stesse parole, la stessa musica. Un giro del disco, l’ultimo. Più avanti non si va.
Così è oggi la tivù quando parla di Andrea Antonelli, il pilota 25enne che ha perso la vita al Moscow Raceway. Così fanno i social network. Collegamenti al video, alle foto dell’incidente. La perdita di controllo della Kawasaki, la caduta, la moto del connazionale Lorenzo Zanetti che avanza e lo investe… I dettagli, gli zoom. Morbosamente, ossessivamente. Un disco rotto.
Oggi la notizia è questa. Oggi, signore e signori, è questo lo show. Garantito: roba da prima pagina. Domani (oggi stesso?) forse la nascita del Royal Baby. Vita e morte si alternano, sui media e sui social network. Danzano al ritmo di un tweet, ma non lasciano il segno. Neanche se ci facessero vedere in diretta il parto di Kate. Neanche ora che abbiamo visto e rivisto e rivisto l’incidente di Andrea. Non basta.
Oggi un giovane è caduto, la sua corsa è finita.
Pensare alla sua morte, guardarla, sia domanda sui nostri giorni qui, sul valore, prezioso, del tempo. A che vale vivere, amare, soffrire?
La vita e la morte lasciano il segno se non vengono usate per audience, se sono domanda. Perché la pista di Mosca è come la strada, per noi, della vita. E dei traguardi non siamo padroni.
Luisella Saro
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