Lettere a una moglie #2 (ovvero l'esodo del duo con l'anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif) ci racconta la devozione a san Leopoldo Mandic e un miracolo che ha da dire molto a tutti, ma specie a chi vive il matrimonio...
del 12 febbraio 2018
Lettere a una moglie #2 (ovvero l’esodo del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif) ci racconta la devozione a san Leopoldo Mandic e un miracolo che ha da dire molto a tutti, ma specie a chi vive il matrimonio...
Che stile, san Leopoldo, amore mio. Un concentrato di misericordia. E verità. Perché se le dividi, fai il gioco del diavolo. San Leopoldo amava leggere sant’Agostino e san Tommaso. Siamo andati a trovarlo a Padova, nel santuario che ancora conserva la stanzetta piccolissima in cui confessava. A qualche minuto da lì abitava un caro amico dei miei genitori, Antonio, che si era preso la briga di pregare per me quando ancora non ero nella più retta delle vie… Ogni giorno andava a Messa da san Leopoldo anche per questa intenzione. L’ho saputo ieri. (Grazie Antonio!). Ci siamo pure fatti un selfie con il “calesse del miracolo”. È conservato lì insieme a tante reliquie, fra cui la statua dell’Immacolata rimasta intatta dopo un bombardamento nel 1944. Ma il selfie l’abbiamo fatto con il calesse, amore mio, e secondo me non a caso.
La vicenda è questa: arrivato alla stazione di Padova, di ritorno da Lourdes, san Leopoldo salì su un calesse per ritornare in convento insieme a un sacerdote e un ragazzino. Era il 1934. All’altezza di via Dante incrociarono un tram in un punto tanto stretto da non permettere il passaggio senza finire schiacciati. San Leopoldo chiuse gli occhi e pregò la Vergine Maria. Le persone presenti iniziarono a gridare perché il conduttore si fermasse, il cavallo si spaventò ulteriormente a aumentò la corsa… Finale della storia? Il calesse del miracolo passò. Esattamente quello che spero per noi: passare per miracolo. Non c’è altra soluzione. “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”, dice Gesù nel Vangelo di Luca.
Io e te, amore mio, dovremmo chiudere gli occhi e pregare la Vergine Maria come san Leopoldo, se vogliamo sperare di avere qualche chance. Tutti quelli che ci incontrano, infatti, la prima cosa che dicono è: “Ma quanto siete alti?”. E non si tratta di un’altezza spirituale, ma tutta materiale, ahimè. Teresina era scocciata del fatto di essere 1 metro e 60, troppo, per una che stava inaugurando una nuovissima (ma eterna) “piccola via”. Figurati noi, che cerchiamo di seguirla: tu sopra l’1 e 75, io quasi 1 e 90. Siamo spacciati.
Ma Leopoldo non è piombato a caso nelle nostre vite: il suo metro e 40 scarso è una manna dal cielo per equilibrare le nostre stature. Un’idea potrebbe essere di arrivare da san Pietro costringendo san Leopoldo a venire con noi. “Quanti siete?”. “Tre”. “Quanto siete alti?”. “Circa 1 metro e 68 centimetri a testa”. “Ok, dovreste passarci”. Tu mi dirai che in certi posti non si possono dire bugie. Io ti risponderò che 1.75 più 1.90 più 1.40 diviso tre fa suppergiù 1.68. Niente bugie, san Pietro non ha specificato che voleva sapere l’altezza esatta di ciascuno. Astuzia evangelica modalità on. E poi Teresina amava i santi che avevano “rubato” il Paradiso, tipo il Buon Ladrone. Fidati di tuo marito, amore mio, e soprattutto del suo santo protettore, e anche questo 2018 filerà, anche se per il rotto della cuffia, liscio. Che Dio continui a portare pazienza. Ti amo.
Giuseppe Signorin
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