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Una vita di allegra santità dall'oratorio al campo di battaglia

“Sembra quand'ero all'oratorio con tanto sole, tanti anni fa...” Molto vicino alla via Gluck, è l'oratorio salesiano di via Copernico...


Una vita di allegra santità dall'oratorio al campo di battaglia

da Quaderni Cannibali

del 23 febbraio 2011

 

          C’è un posto a Milano reso celebre da Celentano: “Sembra quand’ero all’oratorio con tanto sole, tanti anni fa…” Molto vicino alla via Gluck, è l’oratorio salesiano di via Copernico, chiamato con espressione al tempo stesso dialettale e affettuosa “Burla”. Fu il principale campo di azione di Attilio Giordani, padre di famiglia, capocomico, organizzatore di ogni genere di attività, e servo di Dio.

          Nasce a Milano nel 1913; la mamma casalinga, il papà ferroviere, un fratello e una sorella Durante le elementari frequenta l’oratorio dei Salesiani, cresce nello spirito di don Bosco, tra relazioni semplici e amorevoli, prende il diploma della Scuola Tecnica Commerciale e costruisce la sua personalità di uomo e di cristiano nell’allegria. Uno dei suoi segreti è cominciare la giornata fischiettando. In realtà il suo umorismo è l'espressione di una coscienza dominata dalla fede.

          Per alcuni anni è Delegato Aspiranti di Azione Cattolica della Diocesi di Milano. Noemi Davanzo è la Delegata dei Fanciulli Cattolici. Nasce l’amore, si fidanzano, ma intanto c’è la guerra. Il periodo militare per Attilio inizia nel 1934 e termina nel 1943. La disciplina è dura, l'o­rario rigido, le esercitazioni faticose, la bestemmia facile, il dire la propria fede cristiana difficile. In quell'ambiente il soldato Giordatt, così ama chiamarsi, diffonde serenità e concordia, mette pace, organizza allegri momenti collettivi, compone canti e poesie.

          E guida i suoi aspiranti anche da lontano, li segue, tiene con cura il Diario di guerra, scrive a Noemi con frequenza. Le sue lettere sono piene di nomi, di cose da fare, di notizie e rive­lano il suo dinamismo. L’accenno ai sentimenti profondi è velato con il tono scherzoso e un po' burlone che non lo abbandona mai. 'Non divenirmi santa in un colpo solo, perché i miei progressi spirituali sono piccini assai e temo che, se tu vai troppo in alto, dovremo tirare una linea telefonica per stare in comunicazione' .

          'Cara Noe', il Signore ci aiuti a non essere dei buoni alla buona”: il matrimonio viene celebrato nel maggio del 1944 e forma una famiglia serena ed accogliente. Nasce Piergiorgio, poi Maria Grazia e Paola. La carità quotidiana si traduce in vicendevole rispetto e in attenzione ai vicini, ai forestieri, agli anziani. 'Non abbiamo mai visto nostro padre accumulare denari” dichiarano i figli. 'Diamo, noi si va avanti lo stesso... il Signore ci penserà'.

          Attilio è impiegato alla Pirelli, dapprima alla Bicocca, poi per la salute precaria, al Pirellone. Dalla sua scrivania diffonde buon umore; il suo ufficio è un luogo di serietà lavorativa e di solidarietà, fuori da ogni ideologia. Nell'autunno caldo del 1969 è l’unico impiegato a scendere in piazza a fianco degli operai in sciopero.

          Senza avere studiato pedagogia rive­la l'arte dell'educatore, appresa alla scuola di don Bosco. La sua fantasia ha un segno concreto nella piccola agenda, che porta nella tasca interna della giacca con l'inseparabile matitina: contiene nomi e numeri telefonici dei suoi ragazzi, riflessioni, intui­zioni, proposte, frasi colte per strada, fatti di cronaca, programmi di feste, stornellate, abbozzi di cartelloni, indicazioni per una gita o un ritiro, giochi per un pomeriggio in orato­rio, battute per una scenetta.

          E’ un organizzatore formidabile. A ognuno affida il suo compito, ma il più indaffarato è sempre lui. Così diventa realizzatore convinto e prudente del Fraterno Aiuto Cristiano, un movimento di carità all’interno delle associazioni tradizionali, inventa la Crociata della Bontà per allargare anche ai giovani lo spirito di carità che è alla base di questa nuova ventata di condivisione.

          Attilio Giordani ha dalla sua anche una dote non comune: senza avere frequentato scuole di recitazione, si rivela capace di divertire e di intrattenere. Possiede una comicità innata, la sua apparizione sul palco suscita ilarità e il teatro diventa un modo di stare con i ragazzi, di farli uscire dalla timidezza, di abituarli ad affrontare il pub­blico, a gustare la gestualità, a ridere di se stessi, a purificare il proprio spirito. Per lui in sala non c’è mai la risata stentata, ma il calore degli applausi a scena aperta. E così crea la filodrammatica, un altro percorso in cui raduna ragazzi e adulti, attorno all’allegria che nasce dall'amore di Dio e dalla pace con gli altri.

          Nel 1960 i suoi figli si impegnano nell’Operazione Mato Grosso e poi partono per il Brasile. Lui si è appena ripreso dall’infarto, è in pensione, ma non pensa al riposo, quanto a condividere la vocazione dei suoi figli: con Noemi decide di seguirli in Brasile. Il progetto si realizza nel 1972. Nelle lettere di quei mesi c’è tutta la sua bontà, la vivacità, l'umorismo, il brio degli anni verdi, la modestia che nasconde l'eroismo, la concretezza e l'arte educativa, la valorizzazione dei piccoli, il cavar fuori dal nulla con genialità le cose più belle. Dopo sei mesi di lavoro e di clima diverso, la fatica si fa sentire. In un incontro lo invitano a prendere la parola: “La nostra fede deve essere vita”. Poi l’infarto. Le sue ultime parole sono rivolte al figlio: “Piergiorgio, vai avanti tu”.

          Muore così, circondato dai giovani, reclinando il capo sulla spalla di un amico. La salma giunge in Italia che è quasi Natale: ad accoglierla c'è tutta la parrocchia, i suoi ragazzi, i colleghi di ufficio, gli amici. Riposa nella chiesa dei Salesiani, lì dove è cresciuto e ha vissuto la sua vocazione di padre di famiglia e di educatore.

Laura Cioni

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