«Sulla home page di una testata si parla della tutina rosa di mia figlia di tre mesi e del nostro essere genitori...»
Fabio Sabatini, economista e blogger di MicroMega e del Fatto quotidiano, è un uomo assolutamente impegnato per la causa cosiddetta progressista. Ha fatto sue molte delle attuali battaglie per i “nuovi diritti”, «matrimonio gay e omogenitorialità anzitutto», scrive. A maggior ragione, perciò, l’allucinante vicenda in cui si è ritrovato personalmente coinvolto, raccontata in un lunghissimo post da lui firmato per Micromega che vale la pena di leggere, è emblematica dell’estremismo raggiunto da un certo mondo militante. Sabatini stesso ci tiene a precisare che in questa storia «si parla di gender, ma se ne parla solo incidentalmente». I lettori non devono «trarre lezioni generali» dal suo caso, ammonisce. «Tutti noi che abbiamo a cuore l’uguaglianza dei diritti civili ci sgoliamo dalla mattina alla sera per spiegare che la “teoria (o ideologia) del gender” non esiste», e secondo Sabatini occorre continuare a farlo. Tuttavia è difficile che la sua vicenda, «una delle più grottesche cui ho assistito negli ultimi tempi», «così caricaturale che sembra confezionata dalla propaganda contro l’eguaglianza dei diritti civili», non costringa a riflettere un po’ più a fondo sul senso di tante campagne arcobaleno.
IL MISFATTO
Veniamo ai fatti. Succede che Sabatini, oltre che ricercatore universitario, è anche amante della fotografia e dei social network, e un bel giorno pubblica su Facebook una foto di sua figlia, tre mesi, che indossa una tutina rosa. Completamente rosa. Non l’avesse mai fatto. «Il misfatto – racconta – non è passato inosservato, e una rappresentante della famosa categoria “esperti di Facebook” mi ha chiesto conto della scelta del colore». Il bello è che «l’esperta in questione», è una specie di “collega” di Sabatini. Lui non la nomina mai nel suo post, ma dalle informazioni riportate è facile riconoscere Barbara Befani, che, ironia della sorte, «tra le altre cose, scrive su MicroMega un blog su questioni di genere». Ebbene, «fin dalla prima battuta», continua Sabatini, era chiaro che la Befani «avesse già in mente la sua risposta. Questo padre è maschilista e sessista, perciò veste la figlia di rosa».
COSA DEVO DIMOSTRARE?
Quando si finisce le mirino dell’esperto di genere, osserva il malcapitato blogger progressista, è inutile stare a spiegare che non avete scelto quella tutina per sessismo, che «il rosa vi piace» e che però «vi piacciono anche altri colori», che «il guardaroba di vostra figlia è vario» e contiene anche abitini azzurri. Inutile perché, qualunque essa sia, «la risposta non va bene». L’esperto ha già capito tutto, «si pianta in salotto e ci sottopone una raffica di osservazioni e di domande». Il punto, intuisce sconsolato Sabatini, «è che dobbiamo dimostrare di non essere sessisti: avreste vestito vostro figlio di rosa anche se fosse stato un maschio? Siamo increduli e infastiditi. Dobbiamo davvero dimostrare alla prima persona che passa di non essere qualcosa?».
LA “GENDER NEUTRALITY”
Ammirevolmente, comunque, Sabatini inghiotte lo sfogo che gli monta dentro e prova a rispondere nuovamente. «Rifiuto però di dire tutte ma proprio tutte le cose che avrei voluto. Perché sono ovvie. Perché la blogger le sa già, dato che mi segue da tempo. Perché non sono tenuto a spiegare alla prima persona che mi piomba in casa affermando che sono qualcosa che invece no, non sono quel qualcosa». Purtroppo però non basta ancora, «l’ospite non è contento, la nostra gender neutrality non è dimostrata, se ne deduce che mia moglie e io non siamo capaci di farci le domande giuste».
L’ARTICOLO IN HOME PAGE
«È finita? No. Qualche giorno dopo – continua Sabatini – compare sull’home page di MicroMega un pezzo in cui si parla proprio di quel genitore sessista che fa indossare alla figlia anche delle tutine rosa». È firmato dalla “collega” Befani e presenta la piccola disputa «in modo diverso dalla realtà dei fatti». L’articolo secondo Sabatini contiene «un giudizio. Dopo aver osservato una foto di nostra figlia e studiato le nostre reazioni, la blogger ha stabilito che mia moglie e io siamo maschilisti. Che le sue domande intelligenti non ce le eravamo poste mai, e che la sua irruzione in salotto ci ha disorientati a tal punto da lasciarci senza parole (che per certi versi è vero)». L’uomo non può credere ai suoi occhi, e lo spaesamento ben presto «lascia spazio all’arrabbiatura, una gran brutta arrabbiatura», perché «sulla home page di una testata del gruppo l’Espresso-La Repubblica si parla della tutina rosa di mia figlia di tre mesi e del nostro essere genitori, con delle basi semplicemente ridicole».
UN PROBLEMA SISTEMICO
Sabatini e sua moglie si sentono «invasi». «Qualcuno è piombato a casa mia a dirmi: dimostrami che non sei quello che ho estemporaneamente teorizzato che tu sia». Una sensazione opprimente amplificata dai commenti dei lettori all’articolo della Befani. Scrive Sabatini: «Non riesco a credere che degli estranei stiano pontificando sul sito di una testata nazionale del presente e futuro della bambina che, proprio mentre sto leggendo, mi dorme in braccio. Dei maltrattamenti e delle frustrazioni che subirà. Del fatto che io le metterò le mani addosso. Sono davvero sconvolto. Come è potuto accadere tutto questo? La tutina rosa, già». Ormai «la tutina rosa – conclude ironicamente lo sventurato padre – non è la tutina rosa. È un problema sistemico». Non se ne esce. «La verità è costruita ormai, e con essa il nemico, la realtà non conta più un fico secco».
Sabatini di certo non si ricrederà sulle campagne “di genere”, ma una cosa l’ha capita: il suo «non è un caso particolare», l’ostinata ramanzina di cui è stato fatto oggetto è un piccolo ma perfetto emblema dell’«integralismo, la sensazione di avere in tasca le verità del mondo. Una roba che succede a tutti i fanatici, sempre uguale. Sarebbe soltanto noioso, se non riguardasse la tutina di mia figlia».
Redazione Tempi.it
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