ll cantautore racconta la sua esperienza tra eremi e clausura. E rivela una nuova (e straordinaria) conoscenza
«Una mattina andai a bussare ad un convento di clausura. Mi aprì una suora, aveva degli occhi bellissimi, mai visti in vita mia. Aveva una gioia contagiosa e io sono rimasto scosso da una persona come lei, perché era felice. Una cosa rarissima oggi, dissi tra me, questa suora andrebbe esposta in un museo!».
Simone Cristicchi, reduce dal successo di “Abbi dura di me” al Festival di Sanremo, racconta la sua “nuova” spiritualità, emersa tra monasteri, eremi, incontri speciali.
Da questo suo “tour dell’anima” è nato il progetto “Happynext”, la felicità del prossimo. «Ho chiesto a centinaia di persone, insieme al regista Andrea Cocchi, che cos’è la felicità e cosa dovremmo fare per diventare gioiosi noi. Gioia e felicità sono molto contagiose, come il contrario, la negatività e la bruttezza. Ma noi vogliamo concentrarci solo sulla parte buona del mondo».
In questo progetto dovrebbe rientrare anche un’intervista a Papa Francesco. E sempre in proiezione di “Happynext” ha scritto “Abbi cura di me”, apprezzata da pubblico e critica a Sanremo. «In quella canzone ho condensato “quattro accordi e un pugno di parole”, una serie di aforismi sulla bellezza, sulla nostra esistenza, sul superamento del dolore».
«Il brano – prosegue Cristicchi – nasce mentre lavoravo al mio ultimo spettacolo “Manuale di volo per l’uomo“, che tratta il tema del dolore e di come attraverso l’arte lo si possa sublimare e trasformarlo in qualcosa di bello. Nasce dalla voglia di mettere in musica quelle poche cose che ho imparato dalla vita. Nei versi della canzone ricorre il tema millenario dell’accettazione, della fiducia, dell’abbandonarsi all’altro da sé».
Soprattutto, evidenzia il cantautore, «è una dichiarazione di fragilità e debolezza, una richiesta d’aiuto, una preghiera all’Amore universale, che può essere verso un padre, una madre, un figlio. Anche verso Dio? Certo». E’ sempre la suora di clausura gioiosa, che incontrò quel giorno in monastero, «mi ha dato l’interpretazione più bella: una preghiera di Dio all’uomo, perché anche Dio ha le sue fragilità» (Aleteia, 29 gennaio).
Non è un caso quell’interpretazione sia arrivata da una religiosa di clausura. «Le persone più gioiose e felici che ho incontrato, sono quelle appartate dal mondo, ma non per una questione di fuga o di snobismo. Nel silenzio – conclude Cristicchi – ci si connette a qualcosa. Ed è proprio soggiornando in un eremo quest’estate che ho scritto “Lo chiederemo agli alberi“, secondo inedito dell’album. Parlo dell’allodola, che è come le monache, l’uccellino prediletto da San Francesco e rappresenta l’umiltà, perchè si ciba delle piccole briciole, del poco che ha, e canta dall’alba alla notte».
Cristicchi racconta di aver «molto frequentato» il Monte Labro ad Arcidosso in Toscana, il luogo dove visse David Lazzaretti, «su cui ho scritto lo spettacolo “Il secondo figlio di Dio“, e poi l’eremo francescano di Campello sul Clitunno, l’eremo di Monte Giove a Fano e la Fraternità di Romena guidata da don Luigi Verdi. «Luoghi – conclude il cantautore – in cui c’è un’energia intrinseca che riesce a cambiarti» (Cei news, 8 febbraio).
tratto da aleteia.org
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