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Vogliamo ponti, non muri

Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Cremisan nei pressi di Beit Jala rischiano di perdere il loro complesso educativo. L'esercito israeliano prevede di costruire un muro di separazione passando attraverso la terra del convento. Questo segnerebbe la fine della scuola, i corsi pomeridiani, i campi estivi e di un centro per bambini...


Vogliamo ponti, non muri

da Attualità

del 12 settembre 2011

 

   

        Questo segnerebbe la fine della scuola materna, la scuola, i corsi pomeridiani, i campi estivi e di un centro per bambini con difficoltà di apprendimento, gestiti dalle suore. Anche se l'esercito ha anche suggerito un percorso alternativo per il muro, alla fine entrambe le opzioni danneggerebbero la missione delle suore.

          Le suore sono appassionate del loro lavoro con i bambini locali. Da oltre 50 anni, i giovani della comunità sono stati il centro di interesse delle suore. « Vogliamo costruire ponti, non muri. Siamo impegnate nell'educazione alla giustizia, alla convivenza pacifica e alla pace tra tutti i popoli senza distinzioni », afferma suor Fides, la direttrice di Cremisan. Dal 1960 le suore salesiane hanno sviluppato un'istituzione per servire i bambini bisognosi dei vicini villaggi palestinesi. La presenza delle suore è una benedizione per la popolazione locale. I bambini che vanno al convento per le classi pomeridiane e i campi estivi, passerebbero, in caso contrario, il loro tempo libero per le strade perché le loro famiglie non possono permettersi di mandarli altrove. Purtroppo, il prezioso lavoro del Convento è messo in pericolo dalla programmata realizzazione del muro.

'Non vogliamo il muro!'

          Nel 2006, le forze di occupazione israeliane hanno emesso degli ordini per requisire la terra delle suore con lo scopo di costruire il muro di separazione tra Israele e la West Bank. Le suore in tutti i contatti con l'esercito hanno detto chiaramente: « Non vogliamo il muro, né dalla parte destra nè dalla sinistra, nè davanti al convento nè dietro di esso ». Nel 2010, quando hanno scoperto che i loro desideri sono stati distorti da parte dell'esercito, si sono rivolte alla Società di San Yves, il Centro cattolico per i diritti umani, presentando il loro caso.

          St. Yves e le suore si sono uniti nell’ appello contro il muro che è stato presentato dai vicini palestinesi del convento, che rischiano anche di perdere la loro terra. Nelle sue proposte alla corte, l'esercito ha presentato due percorsi diversi per la costruzione del muro attorno al convento. 'Entrambe le proposte ignorano completamente il fatto che il muro sarebbe una violazione dura per lo svolgimento della vita delle suore, del personale, dei bambini e delle famiglie nella zona', spiega Manal Hazan-Abu Sinni, l'avvocato incaricato del caso. «Alla fine entrambi i suggerimenti proposti da parte dell'esercito danneggeranno e metteranno a repentaglio il lavoro educativo della scuola. »

Nessuna vera scelta

          La prima proposta suggerita da parte dell'esercito è quella di lasciare il convento e gli edifici scolastici sul versante palestinese del muro, ma le sorelle sarebbero tagliate fuori dal resto della loro terra. Le suore avrebbero accesso alla propria terra sul lato israeliano del muro con un cancello agricolo, che potrebbe essere aperto solo in certi periodi dell'anno.

          Al fine di mantenere il convento da parte palestinese, sarebbe costruito un muro di otto metri di altezza in cemento intorno agli attuali limiti del complesso, bloccando la vista e creando un’atmosfera di prigione. I bambini che frequentano la scuola dovrebbero usare la strada che l'esercito usa anche per pattugliare il muro - in effetti, i bambini sarebbero in contatto con soldati armati ogni giorno per giungere alla loro scuola.

          Così come il muro taglierebbe il convento fuori dal resto della sua terra, allo stesso modo sarebbe impossibile utilizzarla per le attività educative. Inoltre, la scuola, che fornisce servizi educativi essenzaili ed extra-curriculari, non avrebbe terreno disponibile per espandersi. La scuola è cresciuta, e una futura costruzione risulta necessiara e indispensabile.

          La seconda proposta è quella di costruire il muro di separazione davanti al convento, lasciando il complesso educativo e gli altri terreni interamente sul lato israeliano del muro. Così il convento sarebbe stato tagliato fuori dalla comunità che serve.

          In pratica questa seconda alternativa è altrettanto insostenibile poiché richiederebbe un cancello sorvegliato da costruire all'ingresso del complesso scolastico. Il cancello sarebbe aperto in orari specifici per permettere il controllo militare del passaggio dei bambini, insegnanti e del personale del convento. Ognuno di loro deve richiedere un permesso per passare attraverso questa porta - per raggiungere la scuola e il proprio posto di lavoro. I genitori dei bambini hanno messo in chiaro che non si mandano i figli a scuola se si dovesse passare attraverso un cancello sorvegliato da soldati.

I bambini hanno diritto all'istruzione

          I bambini palestinesi hanno il diritto di andare a scuola. È sempre più chiaro che l’educazione può consentire ai giovani di superare la loro situazione attuale, paralizzata dalla demolizione delle case, dalle incursioni militari, dalla crescente violenza e dalla povertà. È inaccettabile che i bambini della scuola ogni giorno devono superare un checkpoint gestito da soldati per praticare il loro diritto all'istruzione. L'obiettivo dovrebbe essere quello di rimuovere il maggior numero possibile di barriere perchè i bambini possano ricevere un'istruzione.

          La corte emetterà la sua sentenza definitiva nel mese di novembre, fino ad allora rimaniamo con le sapienti parole presenti negli angoli alla scuola Salesiana di Cremisan, incisi nella pietra: «Verrà un giorno senza confini in cui l'unico passaporto sarà il cuore».

 

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