Suor Silvia Serra (MdI) vive da tre anni un'esperienza di comunità intercongregazionale insieme ad altre tre suore brasiliane di Istituti diversi, in una realtà di frontiera: le favelas di Vila Prudente. Una testimonianza di denuncia e di speranza.
L’area pastorale di Vila Prudente, nella zona est della città di San Paolo, include cinque comunità. Quella in cui sorge la casa delle suore è la favela più antica di San Paolo, San Giuseppe Operaio, sorta circa cinquant’anni fa. Chi abita qui proviene soprattutto dagli Stati del nordest brasiliano, la zona più arida del Paese. Le condizioni di vita sono alquanto precarie e perciò molti capi famiglia partono per la grande metropoli in cerca di migliori condizioni di vita.
Da qualche mese è iniziata una “pulizia della città”...
Sì, soltanto nell’agosto scorso hanno preso fuoco circa quaranta favelas; la politica del municipio di San Paolo ha mostrato chiaramente di non essere interessata alla situazione di coloro che vi abitano. Esiste il sospetto, confermato dalle circostanze in cui si verificano gli incendi, che in alcune favelas qualcuno venga assoldato per appiccare il fuoco e poi sparire dalla circolazione. È il caso di una delle favelas di Vila Prudente, vicina alla stazione del treno, proprio sotto il viadotto. Si tratta di una delle comunità che accompagniamo. Sorge da circa vent’anni in questo luogo, ma, dal dicembre scorso, a pochi metri da lì, è stato costruito un centro commerciale per la classe d’élite. Il comune probabilmente ha un interesse a valorizzare quest’area come spazio “verde” per coloro che trascorrono la domenica facendo shopping.
Suor Silvia, cos'è accaduto?
Quasi tutte le favelas hanno preso fuoco in orari in cui gli adulti stavano lavorando e i bambini non erano ancora tornati da scuola. Al rientro tutto era già cenere... Spesso nemmeno i documenti personali sono recuperabili. Il viadotto in questione era la residenza di 150 famiglie e il fuoco ha raggiunto circa 125 abitazioni. Nulla di queste abitazioni si è salvato. Restano solo rottami, ora rivenduti come ferro vecchio...
Raccontaci di quelle ore…
Lo spettacolo apparso dinanzi agli occhi disperati di bimbi e genitori rientrati dal lavoro o da scuola è stato quello di un deserto di ceneri che le fiamme hanno prodotto in poche ore, nonostante il prodigarsi veloce dei pompieri. I primi momenti sono stati segnati da una drammatica corsa per salvare il salvabile… Poi si sono articolati gli aiuti e le famiglie sono state accolte dentro la palestra di una scuola di samba. I materassi e le coperte inviate dalla protezione civile per venire in aiuto alle famiglie disastrate sono state deviate dallo stesso comune ad una casa di accoglienza per i senza fissa dimora, affinché le famiglie non ritornassero più alle loro case. Inoltre è stato proibito l’accesso alla zona e la possibilità di recuperare qualsiasi bene rimasto, definendo l’area “zona a rischio” per l’edificazione. E la stessa polizia pattugliava giorno e notte il luogo dell’incendio.
E la gente all’intorno?
È scattata una grande solidarietà, anche da parte degli abitanti della zona; tutti coloro che vivono nelle favelas circostanti si sono resi solidali con le famiglie in difficoltà. Le congregazioni a cui noi apparteniamo si sono messe in moto, così come tutte le associazioni impegnate in ambito sociale, facendo in modo che, per un mese, le famiglie potessero alloggiare nella palestra di samba, mentre la solidarietà di tanti aiutava a provvedere il minimo necessario a ricominciare da capo. Purtroppo qualcuno ha approfittato della situazione, rendendola ancora più desolante…
Con il municipio di San Paolo come vi siete mossi?
Le trattative con il comune sono state portate avanti dall’MDF (Movimento per la Difesa dei Favelados) che si occupa dei diritti umani, in particolare quello all’abitazione. Il movimento esiste solamente nella zona est della città ed è sorto grazie ai padri Missionari dello Spirito Santo operanti nella zona da più di 25 anni. Il movimento si occupa delle cinquanta favelas della zona. Grazie alle trattative l’MDF ha ottenuto, e il fatto che fosse tempo di elezioni ha giocato a favore!, sette mesi di affitto per il valore di 300 reais mensili (circa 120 euro), valore ridicolo se paragonato ai prezzi di affitto locali, persino nelle favelas più povere. La promessa è quella di un possibile rinnovo dell’aiuto fino ad ottenere un appartamento che il comune stesso dovrebbe concedere a chi è stato interessato dall’incendio e ha perso tutto.
Le famiglie la cui casa è rimasta in piedi, invece, non hanno ricevuto nulla, ma, allo stesso tempo, non possono rientrare. Approfittando dell’assenza del pattugliamento, qualcuno ha “invaso” lo spazio in cui sorgeva la propria casetta. Chiaramente nulla è rimasto ed occorre ricominciare a ricostruire. C’è stato pure un nuovo tentativo di appiccare il fuoco alle case che si erano in parte salvate, ma alcune famiglie se ne sono accorte ed hanno soffocato le fiamme. L’MDF ha coinvolto un avvocato e chiamato varie testate giornalistiche perché testimonino e parlino dell’accaduto. L’elezione del nuovo sindaco avvenuta nell’ottobre scorso apre una speranza nuova...
Cosa ricordi dei momenti condivisi con la gente?
C’è una forza incrollabile capace di risorgere proprio dalla cenere. Si percepisce nella gente, davanti alle rovine, una speranza che proviene da una lunga storia intessuta di sofferenza e lotta, dove nulla è mai definitivamente conquistato. Di fronte alla fatica quotidiana della vita negli stati del nord-est, molti hanno dovuto abbandonare la propria terra e vivere ai margini della società. E più questo “piccolo resto” è messo alla prova, più sembra uscirne fortificato, capace di una speranza che va oltre ogni evidenza e che scaturisce proprio dentro la morte, dalle macerie!
Sonia Sala
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