Le riflessioni di un animatore sulle conseguenze che l'uso dello smartphone ha sui ragazzi...
Io sono un animatore. Amo stare con i bambini, educarli, anche nel gioco, alla ricerca di quello che per me è il “di più” nella vita: Dio. Da molti anni ormai cerco di aiutare nella mia parrocchia, tra alti e bassi, con le mie debolezze. Da animatore, ci metto l’anima. Passare del tempo con i ragazzi significa approcciarsi ad un mondo tremendamente complesso eppure, allo stesso tempo, tremendamente più vero del nostro. Ogni emozione, ogni gioia e ogni dolore sono vissuti in prima persona, senza il distacco tipico dell’adulto. Sopra ogni cosa regnano l’entusiasmo, la passione, il desiderio di scoprire. Ma tutte queste cose già le sapete. Quante volte abbiamo sperato di poter “ritornare bambini” per poter apprezzare appieno la nostra vita? E in effetti forse proprio in questa spontaneità, in questo sguardo stupito per l’essenziale risiede la chiave di tutto. Eppure anche gli occhi di un bambino rischiano oggi di oscurarsi tanto quanto quelli dei più grandi.
Pochi giorni fa, mentre cercavo di coinvolgere alcuni ragazzi delle medie in un’attività, mi sono sentito rispondere che non avrebbero lasciato il telefono, perché quello era il loro unico “compagno di viaggio”. Non so per voi, ma per me è stato un colpo al cuore. È una frase tremenda. Ho prestato maggior attenzione ai loro coetanei: dalla prima elementare in poi, tutti incapaci di staccare le mani e gli occhi dal telefono. Li ho visti più nervosi, più egoisti: difficilmente riescono a giocare in squadra, ancor meno a fare gruppo, il loro impegno e la loro attenzione sono minimi, il loro stupore quasi nullo. Adulti in miniatura, piatti e grigi.
Personalmente mi ritengo fortunato, perché appartengo a quella generazione che ha conosciuto lo smartphone a 16 anni e forse ancora sa farne buon uso. Tra i miei coetanei le mille possibilità offerte dai Social Network e dalla tecnologia sono viste con molto ottimismo. Poco importa se recentemente uno studio promosso da Microsoft ha dimostrato che la soglia di attenzione di chi fa uso abituale di uno smartphone si è vertiginosamente ridotta. Ci ripetiamo che se da una parte la nostra concentrazione diminuisce, dall’altra aumentano le nostre capacità multitasking. Dunque bisogna continuare ad andare avanti, perché l’innovazione è inevitabile. L’entusiasmo per il progresso tecnologico coinvolge tutti e lo smartphone ne è l’esempio più emblematico: un oggetto iconico, uno status symbol. Si è diffusa la convinzione che sia indispensabile per vivere, per essere connessi con il mondo, ma soprattutto per essere qualcuno. Non voglio negare i vantaggi e le possibilità di tutto ciò, ma solo far notare come, mentre noi godiamo dell’innovazione, i bambini ne sono diventati succubi. Mentre noi ancora riusciamo a intendere la tecnologia come uno strumento, per i più piccoli si tratta già di un “amico”. In molti casi l’unico amico.
Tornando alla mia esperienza da animatore, il telefono azzera la curiosità, annulla le domande, l’interesse per il gioco e per le altre persone. Con uno smartphone tra le dita, ho il mondo a portata di mano! Che importa di chi mi sta a fianco? La cosa più terribile, dal mio punto di vista, è che i bambini descrivono il loro “amico” usando gli stessi slogan della pubblicità. Quelli stessi slogan che noi “grandi” abbiamo creato! Non ci rendiamo davvero conto di cosa stiamo facendo? I nostri errori, che adesso sembrano annullarsi nella luce dell’innovazione, si stanno riversando sui bambini! Parlare in famiglia? Perché farlo se posso chattare con il telefono? Giocare all’aperto con gli amici? Può essere meglio dello sparatutto che ho appena scaricato? Andare al cinema? Perché se posso vedere i film in hd in camera mia? Correre, esplorare, passeggiare in una giornata di sole? Ci pensano Instagram e Facebook a mostrarmi come è fatto il mondo! A che serve avere gli occhi, se il telefono guarda per me? A che serva impegnarsi, se il telefono fatica per me? A che serve vivere, se il telefono vive per me?
Possediamo grandi strumenti, che hanno migliorato la qualità della nostra vita, ma li stiamo usando male. E a farne le spese non siamo noi, ma i più piccoli. Da animatore me ne rendo conto ogni giorno: a che serve Dio, quando posso adorare uno smartphone?
Alvise Renier
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