Come bisogna fare per avvicinare i Tuareg?Atteggiatevi con semplicità, in modo gradevole e con bontà. È meglio amarli per essere riamati. Siate umani, caritatevoli e sempre lieti. Con loro bisogna sempre ridere...
del 22 ottobre 2005
Dodicesima Tappa
 
Nel 1908 partì per la Francia deciso a trovare qualche discepolo:
sognava di fondare una specie di confraternita di «fratelli e sorelle del Sacro Cuore di Gesù» che condividessero i suoi ideali almeno con la preghiera, ma preparando qualcuno disposto a prendere la sua eredità spirituale. Ma l’iniziativa ebbe scarso successo.
La solitudine, che aveva sempre cercato, gli pesava, non in senso psicologico, ma in vista di quella presenza tra i pi√π poveri che gli urgeva nel cuore.
Nel 1910 ci fu un’altra siccità e i Tuareg si accamparono sulle pendici di una montagna alta 2700 metri. Charles costruì il suo eremo sulla cima, e i Tuareg lo raggiungevano ogni giorno per intrattenersi con lui.
Si dice che quando tornavano alle loro tende lo facevano scuotendo il capo e dicendo: «E terribile pensare che un uomo così buono andrà all’inferno solo perché non è musulmano», diceva una mamma di cinque bambini che Charles aveva salvato dalla fame.
Quando venne l’inverno, tornarono tutti a Tamanrasset, e la casa di Charles Continuò ad essere centro di colloqui.
A volte Charles leggeva loro brani del suo Vangelo e mostrava immagini da lui disegnate.
Si stabilì sull’altopiano di Tamanrasset, e vi rimase per tredici anni, occupato nella preghiera, nel dare ospitalità ad «ogni fratello», a comporre un enorme dizionario francese-tuareg, e a tradurre un’ampia raccolta di belle poesie tuareg.
Pensava di preparare, così, umilmente alcuni strumenti adatti a una futura evangelizzazione.
Alcuni mesi prima di morire scriverà: «Dieci anni che dico Messa a Tamanrasset, e non un solo convertito!». Era un po’ triste per questo, e s’interrogava sull’efficacia della sua missione. Poi intuiva che Dio gli chiedeva un’azione ch’era assieme profonda e preparatoria: «Tento di mostrare che l’emblema della nostra religione è un Cuore», diceva. «Non è una vera e propria evangelizzazione; io non ne sono capace. Il mio è un lavoro che prepara l’evangelizzazione, che cura la fiducia, l’amicizia... io semino, altri raccoglieranno».
«Sto per riprendere il mio lavoro quotidiano», scriveva ancora. «Tutto ciò per condurre — Dio sa quando, forse tra secoli — questo popolo al cristianesimo... Il mio apostolato dev’essere quello della bontà. Vedendomi, si deve dire: “Poiché quest’uomo è così buono, la sua religione dev’essere buona! “. E se mi si chiede perché io sono dolce e buono, devo dire: “Perché sono il servo di uno assai più buono di me. Se sapeste come è buono il mio Padrone Gesù!”».
 
 
Dai suoi scritti...
 
Come bisogna fare per avvicinare i Tuareg?
Atteggiatevi con semplicità, in modo gradevole e con bontà. È meglio amarli per essere riamati. Siate umani, caritatevoli e sempre lieti. Con loro bisogna sempre ridere. Io rido sempre, mostrando i miei brutti denti. Fatevi conoscere. Si racconta che noi mangiamo i bambini e che di notte ci trasformiamo in bestie. Fate loro capire che la vita dei Francesi è fatta di pacifica onestà, di fatica, di laboriosità. Fate loro vedere che i nostri contadini conducono una vita simile alla loro, che noi gli assomigliamo.
 
Gli indigeni mi danno anche delle consolazioni; settantacinque in media vengono ogni giorno a chiedermi l’elemosina: un po’ d’orzo; la difficoltà è d’avere un po’ d’orzo; altri vengono a farmi visita. Tutti sembrano ben disposti.
Farò del bene – o piuttosto Dio si servirà di me per farne – nella misura in cui sarò santo; e io sono un peccatore; pregate Dio perché mi converta e domandate a tutta la vostra comunità che porto nel cuore di pregare per la conversione del suo indegno fratello in Gesù.
 
ë Per la preghiera personale:  Segni e portatori dell’amore di Dio… ai giovani.
s Una domanda per la tua riflessione:  Quanto conosco e sperimento l’amore che Dio ha per me?
 
 
Redazione GxG
Versione app: 3.26.4 (097816f)