2.2 Tendenza biblica

Nel mondo cattolico di oggi il ritorno alla parola di Dio è esaltato come il segno più bello e più chiaro di speranza, e non si può dubitare che tale sia realmente.

2.2 Tendenza biblica

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Nel mondo cattolico di oggi il ritorno alla parola di Dio è esaltato come il segno più bello e più chiaro di speranza, e non si può dubitare che tale sia realmente. È un fatto elementare che la rimozione di tutti i veli che nascondono la vista dell’origine cristiana – veli sarebbero tutte le formulazioni posteriori ecclesiastiche, catechetiche, dogmatiche della rivelazione – avvicina alla verità di Dio e di Cristo. In questo movimento il cristiano vuole ‘sentire, vedere, toccare’ la ‘parola di vita’, ora che finalmente gli è permessa. Rimaniamo sconcertati dinanzi all’oscuro passato in cui tanti fili spinati erano tirati attorno al testo sacro e, toccandoli, ci si poteva tirare addosso la scarica elettrica di una scomunica, allo stesso modo del popolo ebraico che non poteva toccare le pendici del Sinai senza morire. Oggi è caduto lo stesso muro millenario della Volgata che, anche dopo i lavori degli umanisti sul testo originario, ne sbarrò a lungo l’accesso. Si moltiplicano traduzioni e commenti per soddisfare al bisogno che la folla, la quale per la prima volta entra nella terra promessa del testo originale, ha di comprendere. E certamente la Chiesa avrà da riempire tutte le mani per saziare questa sete della parola e mantenerla pura: essa che ora soltanto, in unione con l’indagine extra-cattolica ed extra-cristiana, ha incominciato a studiare il testo della Scrittura in base ai principi di una moderna critica storico-letteraria.

Non è il caso di smorzare la gioia di questo inizio. Essa tuttavia è resa umile dal sapere che il moderno movimento biblico cattolico non deve, come quello di Lutero, la sua origine primariamente ad una elementare brama della parola originaria di Dio che sta dietro la scolastica e la dottrina della Chiesa, ma essenzialmente alla convinzione di esegeti intelligenti che la scienza biblica cattolica non poteva più continuare come nel passato senza rendersi ridicola a tutto il mondo scientifico. Con infinita fatica la navicella di una esegesi rispondente ai tempi dovette essere pilotata attraverso Scilla e Cariddi di incombenti condanne ecclesiastiche – fino in epoca recentissima – per giungere infine alla relativa sicurezza di un libero studio oggettivo. Certamente, a mano a mano che la scienza giungeva all’aria libera, anche in vaste cerchie il fuoco nascosto s’innalzava in libera fiamma, e questa reagiva sullo studio incoraggiando e favorendo. Ciò nonostante il carattere umiliante degli inizi non dovrebbe sparire completamente dalla memoria: il fatto, cioè, che noi cattolici abbiamo avuto bisogno di tanto tempo per sviluppare il postulato che ci è più proprio, dopo altri che da tempo, fuori della nostra Chiesa, l’avevano elevato a loro distintivo.

E poiché tutte le cose all’infuori di Cristo hanno il loro rovescio, anche l’apparente univocità del movimento biblico non rimane senza ombre. Anzitutto il processo cattolico di ritorno all’indietro non è univoco: tra le due guerre mondiali la parola d’ordine diffusa era: rinnovamento – dietro una (neo) scolastica addomesticata, irrigidita – dei Padri della Chiesa. In molti questa ‘primavera patristica’ non era che estetica; non era abbastanza critica per durare a lungo. Oggi, da tempo, c’è di nuovo un autunno patristico a favore di una ‘primavera biblica’; e si è non poco inclini a porre l’intera tradizione esegetica, sia patristica (da prima platonizzante, poi costantiniana-politicizzante), sia scolastica, sotto un forte sospetto di ideologia, praticamente in modo non molto diverso da Lutero che aveva screditato la prostituta ragione. E non si riflette che colui che pensa fa anche già filosofia, e che colui che non esamina i suoi presupposti di pensiero, cade tanto più sicuramente in una grossolana ideologia, ad esempio in quella dell’ ‘uomo moderno’, Dall’altra parte, e come conseguenza, il nuovo procedere cattolico, che aspira a ritornare alle origini, incontra un nuovo procedere protestante che muove in senso contrario e cammina veloce: dalla Bibbia aspira al presente e si è scelto come orizzonte e criterio l’’uomo moderno’ e come strumento ermeneutico la ‘filosofia moderna’ (Heidegger). Ciò che l’’uomo moderno’ può comprendere, ciò per cui ha antenne, ciò che religiosamente lo aiuta e gli giova: questo dev’essere annunziato, il resto dev’essere liquidato come mitico. Si riconosce da lontano l’ambiguità di una simile posizione; essa tuttavia può significare il peggio e poi nascondere nuovamente in sé uno spunto per il meglio: il peggio, in quanto l’’uomo moderno’ (veramente un’entità mitica!) viene elevato a misura di ciò che la parola di Dio deve dire e non dire, può aspettarsi e non aspettarsi dall’uomo; il meglio, in quanto l’esigenza sta nell’esprimere, nel meditare, nell’assimilare, in modo originale e nuovo per ogni tempo, l’intera rivelazione. Il processo cattolico di ritorno all’indietro, al pari del popolo d’Israele quando entrò in Canaan, non approda ad una terra vergine: ‘Nel paese abitava il Cananeo’, il che significa che non soltanto ci furono subito guerre, ma che dopo la conclusione della pace, la coesistenza con la popolazione indigena divenne ancor più problematica, anzi infausta.

Considerata nel suo complesso, questa inattesa difficoltà, nel bel mezzo di una fiduciosa spedizione di conquista, è salutare, perché obbliga ognuno a prendere la parola di Dio per quel che è: appello ad una decisione assoluta. Chi non è per me, è contro di me, e viceversa: chi non raccoglie con me, disperde. Scientificamente neutrali ci si può mostrare al massimo in uno stadio preliminare; chi indugia troppo nella fase preliminare, sembra evitare la decisione od averla presa in senso negativo e maschera ciò col pretesto di scienza.

Hans Urs Von Balthasar

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