Rivisitando la storia delle passate GMG, mi sono imbattuto nel “vecchietto di Pontelambro”, che, ha dedicato parte del suo tempo per guardare il Papa e giovani in televisione. “Anche Karol Wojtyla ‚Äì egli conclude ‚Äì meriterebbe l'Oscar per tutto ciò che ha dato al mondo (cristiano e non) nel corso del suo papato!” Si troverebbero d'accordo col “vecchietto di Pontelambro” anche i giovani, che gli danno da 24 anni il riconoscimento ambito della loro attenzione e leale amicizia. (continua...)
del 02 aprile 2003
Francesco Sportelli, della Hope Music, notava: “C’è qualcosa di magico in lui, visto che riesce ancora a coinvolgere miriadi di giovani e giovanissimi, e la GMG ne è una dimostrazione!” Ma che cos’è questa “magia”? Molti si sono chiesti – e non solo in occasione della GMG – quale sia la radice di un tale feeling fra il Papa e i giovani. Le numerose risposte avanzate suscitano una riflessione, e lasciano spazio ad ulteriori valutazioni sul rapporto di questo Pontificato venticinquennale col pianeta giovani.
1. Papa dei giovani
La prima facile risposta, che non vorrebbe essere di maniera, è che Giovanni Paolo II piace ai giovani, perchè è giovane anche lui. Giovane “dentro”, intendo dire. Giovane nel cuore, dove si coltivano i grandi ideali e dove nascono i grandi amori, capaci di dar senso alla vita. Piace ai giovani l’aria di libertà, con cui egli ha vissuto il Pontificato: non solo restano affascinati dai suoi viaggi (che ormai rasentano il centinaio), ma anche dal suo amore allo sport, allo sci, al canto. Piace il suo passato di giovane lavoratore in una cava e nella fabbrica chimica Solvay. Apprezzano che egli sia uscito allo scoperto nel fare cose “da uomo” più che “da Papa”, come scrivere libri che vengono pubblicati ('Varcare la soglia della speranza'(1994) e 'Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio'(1996), stilare poesie, invitare a pranzo gli amici, e non solo quelli che abitano in Vaticano. Una ragazza di Tor Vergata descrive così la sua “emozione più grande”, l’ incontro col Papa: “Vedere questo vecchio malato parlare ai giovani, sorridere e piangere, accompagnare i canti e fare battute di spirito come se gli anni non gli pesassero più, è stata veramente una gioia, sembrava proprio ringiovanito come ha detto lui. Forse i due milioni di giovani arrivati lì per rispondere al suo richiamo gli hanno comunicato un po’ della loro gioia e vitalità”.“Non ci aspettavamo che il papa riuscisse a tirar fuori quella grinta, quella forza invece ci trasmetteva un grande entusiasmo”, scrive un’altra testimone di quegli eventi. Giovanni Paolo II ci dice qualcosa su quel che succede a lui, quando si trova fra i giovani, quando confida: “C’è un proverbio polacco che dice: Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane. Così ritorno ringiovanito”(Veglia di preghiera del 19 agosto, GMG/2000).
Un giornalista, che seguiva con curiosità quell’”incontro ravvicinato”, suggerì un’altra risposta. Questo papa piace - egli scrisse - perché in un mondo del look, in cui l’apparenza è tutto (o quasi), egli sembra incarnare un principio alternativo: “Resistere è meglio che apparire”. Alla radice di un tale resistere c’è davvero “grinta”, come dicono i giovani, ma anche un coraggio umano magnifico, ed una grande serenità nell’abbracciare la croce. Questo “coraggio della croce” è un’audacia controculturale, che, se, per un verso, scandalizza i ben pensanti, dall’altro, affascina i giovani, che intuiscono, nella profondità del loro cuore, come ciò che davvero vale, debba essere pagato e come il sacrificio resti il più vero e credibile segno dell’amore.
Nella GMG di Parigi, il tempo era afoso ed il Papa appariva più affaticato del solito e mostrava difficoltà nel muoversi, nel parlare, nel celebrare. Un altro giornalista chiese ad un gruppo di giovani, che veniva da Pesaro: “Ma valeva la pena far tutta questa strada e spender soldi e rovinarvi le vacanze per una giornata così?” Essi risposero, semplicemente: “Ma proprio per questo noi siamo venuti: perché vediamo che lui, per noi, dà la vita”. Forse, quei giovani hanno dato la risposta più profonda, più a nome della Chiesa, che a nome proprio. Poiché di questo si è accorta la Chiesa: che il suo logorante viaggiare, il coraggio sereno con cui espone ad ogni rischio la vita (ce lo ricorda la pallottola, ormai incastonata nella corona della Madonna di Fatima, come una Sua vittoria), il vivere più preoccupato del suo ministero che della sua salute sono i riflessi di un dono totale, in linea con lo stemma della sua bandiera (Totus tuus) e col motto programmatico data a questa Quaresima: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti, 20-35)
2. Diacono della Pace
A Luca della Lombardia era rimasto impresso, nella GMG/2000, “il papa, più giovane che mai, che mandava messaggi di amore e pace in tutte le lingue”.
Anche durante i mesi scorsi il mondo è stato testimone dello sforzo formidabile fatto da questo Pontefice per scongiurare la guerra: preghiera, appelli, ammonizioni, iniziative diplomatiche insistenti e coraggiose. Ma tutto è stato inutile. O meglio, tutto si è rivelato prezioso per allertare ed illuminare le coscienze, ma inefficace per scongiurare la guerra.
In questi giorni, Giovanni Paolo, ripetutamente, ha dato voce all’amarezza profonda, che gli lacera il cuore. Vengono uccisi e mutilati bimbi innocenti con le loro mamme, cresce l’incomprensione fra i popoli, muoiono migliaia di soldati, che non sono solo “nemici”, ma anche padri e figli e mariti. Riprende piede l’arroganza della guerra, come mezzo per risolvere le controversie fra i popoli. Parlando ai Vescovi dell’Indonesia, e mettendo a fuoco il “momento sconvolgente” che stiamo vivendo, egli ha segnalato anche altri pericoli, quando ha rivolto a tutti l’accorato invito a non permettere “a una tragedia umana di diventare anche una catastrofe religiosa”.
La sua storia e la sua cultura di “uomo dell’Est” viene letta dai giovani come un dono per l’unità e per la costruzione della Pace. I Ribelli per amore - sette giovani che suonano pop-rock cristiano – confessano i motivi della loro simpatia: “Ha saputo fare cose eccezionali, unire due blocchi, quello dell’Est e quello dell’Ovest e per risolvere questa questione, il suo intervento è stato determinante”.
Assume un’autentica rilevanza profetica il modo in cui Giovanni Paolo II esprime la missione della Chiesa. Egli ha fatto riecheggiare la voce del Concilio nel condannare “l’inumanità della guerra”, nel sollecitare “una pace fondata sulla giustizia e sull’amore”, facendo di nuovo della Chiesa “per il mondo intero un presagio di unità e di pace” (Gaudium et spes, 77, 92).
Un gruppo di giovani greci, scrivendo da Esomburgo Tinos (Grecia) ad un gruppo di amici bolognesi, che li avevano ospitati, notavano: “Noi giovani della Grecia che abbiamo partecipato all’incontro dei giovani cattolici a Roma dopo l’invito del Papa Giovanni Paolo II per il Giubileo del 2000 (...) siamo stati colpiti dalla universalità della Chiesa di Cristo che accoglie gli uomini senza discriminazioni di colore, di provenienza sociale, di capacità personali. Siamo stati colpiti dalla vitalità dei giovani nel corpo della Chiesa, nella sua liturgia, nel gioioso servizio verso il prossimo per il bene comune, dall'ospitalità, dall’accoglienza dell' altro” (...) Abbiamo constatato che la parola di Cristo 'venite a me' e' un invito alla vita e alla gioia e ci apre ad una fratellanza universale”.
Sinceramente apprezzato dai giovani è l’impegno di Giovanni Paolo II - strettamente affine a quello per la Pace - per l’Ecumenismo ed il dialogo interreligioso. Né si pensi che l’apprezzamento si limiti al solo ambito cattolico. Trovandomi in visita alle comunità salesiane dell’Egitto, mi intrattenevo con compianto Mons. Egidio Sampieri, OFM, allora Vicario Apostolico di Alessandria d’Egitto, su talune difficoltà incontrate nel dialogo col mondo musulmano. Mi incoraggiò a procedere con fiducia, spiegandomi che, anche nel mondo musulmano, c’è grande attenzione all’insegnamento ed alla testimonianza di Giovanni Paolo II, fino al punto di fare affidamento – specialmente in campo morale – sulle sue indicazioni, ove mancassero quelle del Corano. Anche durante le scorse settimane non sono mancati, da parte musulmana, apprezzamenti per la tenace mediazione di pace di Giovanni Paolo II.
3. Esploratore della santità del popolo di Dio.
E’ nota l’ attenzione, che Giovanni Paolo II ha dedicato alla santità del popolo cristiano. Egli la richiama nei suoi discorsi, la mette nel cuore delle sue Lettere Apostoliche, ne fa un punto forte dei suoi viaggi in visita alle Chiese, non solo per mostrare la fecondità del fermento evangelico, ma anche per evidenziare che la santità è l’anima profonda ed il segno eloquente della cattolicità della Chiesa. Alla fine di 24 anni di Pontificato, il Santo Padre aveva celebrato 131 cerimonie di beatificazione, nelle quali aveva proclamato 1282 beati, e 43 canonizzazioni , per un totale di 456 santi .
L’insieme delle riforme introdotte ha permesso di accelerare i processi di beatificazione e di canonizzazione. Questo ha permesso di meglio apprezzare la ricchezza di santità che si esprime nella vita della Chiesa. Così, abbiamo potuto essere testimoni che “la misura alta della vita cristiana ordinaria” (NMI, 31) è grazia diffusa nel Corpo di Cristo, che è la sua Chiesa. E abbiamo visto genitori, che hanno presenziato all’inizio della Causa di Beatificazione del figlio (come è accaduto a Torino, per Silvio Dissegna); e figli, che hanno partecipato alla Beatificazione dei genitori (come è accaduto per i coniugi Qattrocchi). Può esserci modo migliore per aiutare a prendere coscienza che, davvero, i “i santi sono fra noi”: nelle nostre chiese e nelle nostre famiglie, fra i laici ed i consacrati, fra gli anziani e fra i giovani? Se i santi sono vicini, la santità non resta lontana. Don Bosco animava i suoi ragazzi, spiegando loro che “è volontà di Dio che ci facciamo santi: è assai facile riuscirvi” (e c’era fra loro Domenico Savio, di cui ci apprestiamo a celebrare il cinquantesimo della Canonizzazione (1954-2004). Giovanni Paolo II rivolge la stessa proposta a tutto il popolo cristiano anche col “segno grande” dei santi riconosciuti dalla Chiesa. Contempliano fra loro apostoli eroici come Madre Teresa o Padre Damiano, papi profeti come Giovanni XXIII, frati crocifissi come Padre Pio, ma anche mamme, morte per dare la vita ai figli, come Beretta Molla; e giovani oratoriani, come i cinque di Poznan trucidati dai nazisti; e medici, che si sono fatti segno di “Cristo medico”, come Giuseppe Moscati...Ed altri sono ancora sulla strada, fra cui politici, scienziati, operatori sociali.
I santi sono molto amati dal popolo cristiano, che vede in essi il miglior frutto della propria storia.“Il santo - diceva Joseph Lortz, buon conoscitore della storia della Chiesa – è la forma più alta del genio”. I santi sono amati anche dai giovani, perché sono trasparenza dell’umanesimo cristiano, segni di quegli ideali, che, se anche possono essere appannati, nel cuore dei giovani non sono mai spenti: “Tra tanta confusione – comunicava Fabio di Treviso, in uno dei suoi “messaggini” durante la GMG/2000 - il silenzio della croce è di guida ai miei passi. Pellegrino mi avvicino alla luce di Dio, con in mano errori e sogni”.
Uomo di preghiera, discepolo di Maria, guida di una Chiesa popolata di santi, Giovanni Paolo II non nasconde che in quella direzione sta il senso della vita e si sforza, assieme ai suoi fratelli, di camminare verso la meta, che propone agli altri.
A Michele Paulicelli - l’inventore di “Forza venite gente!”, il fortunato musical, che ha portato S. Francesco d’Assisi in tante piazze d’Italia – venne rivolta la domanda: “Come spieghi il carisma di Giovanni Paolo II, questa sua grande capacità di comunicare con i giovani?”. Egli ha rispsoto: “Con la santità! Per me lo è davvero, si sente che dentro di lui c’è veramente la presenza dello Spirito di Dio! Angela di The One Tour, gruppo di Christian Music, non dà una risposta molto diversa a chi le domanda: Che cosa pensi di questo Papa Giovanni Paolo II? “Penso che sia il miglior uomo vivente!, essa risponde. E’ un vero pastore, dal carattere forte e dall’amore paterno. Ringrazio Dio per averci donato questo uomo santo”.
4. L’identità più profonda
“Uomo di Cristo e della sua Chiesa”: è questa l’identità più profonda, che Giovanni Paolo II manifesta. Ed è in questo, forse, soprattutto, che i giovani si riconoscono in lui. Non troverà mai il carisma, che spiega il suo impatto sui giovani, né la magia profonda, che genera il suo fascino chi strappasse da Giovanni Paolo II la radicazione nel suo ministero di successore di Pietro. E’ l’amore che lo lega a Cristo, che lo abilita a “pascere gli agnelli” e a dire ai giovani parole semplici e vere, perchè non sono sue, ma di Lui, che lo ha inviato.
Il giorno 15 agosto del 2000, durante la grande veglia insieme ai giovani, Giovanni Paolo ripeté le parole incoraggianti dette il 22 ottobre 1978, all’inizio del suo ministero di Vescovo di Roma e di Pastore della Chiesa universale: 'Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!. Aprite i vostri cuori, le vostre vite, i vostri dubbi, le vostre difficoltà, le vostre gioie e i vostri affetti alla sua forza salvifica e lasciate che Egli entri nei vostri cuori. Non abbiate paura! Cristo sa cosa c'è dentro l'uomo. Solo Lui lo sa!' Lo dicevo il 22 ottobre 1978. Lo ripeto con la stessa forza oggi, vedendo risplendere nei vostri occhi la speranza della Chiesa e del mondo. Sì, lasciate che Cristo regni sulle vostre giovani esistenze, servitelo con amore. Servire Cristo è libertà!”
Ricordava così qual era il suo stile: vincere ogni paura, fare spazio a Gesù, illuminando con la Sua luce la vita dell’uomo. Quelle parole prima di essere l’annuncio di un ministero, erano la confessione di un mistero, personalmente vissuto e tradotto in vita da Giovanni Paolo II, a partire dalla sua prima giovinezza. I giovani lo sanno, o lo intuiscono. Ed è questa connotazione personale, che non resta nascosta, che fa di un evangelizzatore, come Giovanni Paolo II, un testimone e di un Papa – che avrebbe potuto correre il rischio di rimanere confinato nei Sacri Palazzi – un partner di vita ed un compagno di strada. Nicola, dalla Lombardia scriveva: “Mi hanno profondamente colpito la vitalità e l'entusiasmo del Papa nell'incontro con i giovani e le sue parole che sottolineavano come la via tracciata da Gesù non sia facile da seguire, ma alla portata di chiunque grazie all'aiuto dello Spirito Santo”. Questo annuncio resta il tono dominante, variamente modulato, di ogni GMG. Di quella del 2003: “Cari giovani, lo sapete: il cristianesimo non è un'opinione e non consiste in parole vane. Il cristianesimo è Cristo! E' una Persona, è il Vivente! (Messaggio per la XVIII GMG/ 2003). Di quella, preannunciata, del 2004: “Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). Ed anche di quella prevista per il 2005: «Siamo venuti per adorarlo» (Mt 2,2).
Anche il messaggio della GMG/2003 è profondamento radicato in Cristo: 'Ecco la tua madre' (Gv 19,27). E’ l’annuncio della Madre di Gesù, che “svolgendo il suo ministero materno – nota il Papa rivolgendosi ai giovani - vi educa e vi modella fino a che Cristo non sia formato in voi pienamente”. Ed aggiunge: “Voi, cari giovani, avete più o meno la stessa età di Giovanni e lo stesso desiderio di stare con Gesù. Oggi è a voi che Cristo chiede espressamente di prendere Maria 'nella vostra casa (Messaggio per la GMG/2003)
E’ anche la proclamazione della Chiesa di Cristo, per cui Gesù è morto e risorto. “Cristo sì, Chiesa no!”, dice qualcuno pensando di professare una fede libera ed anticonformista. Davanti ad affermazioni od atteggiamenti del genere, la costante preoccupazione di Giovanni Paolo II è quella di aiutare a tracciare di Lui un ritratto intero. Egli non può essere ridotto a una memoria storica, o ad una evocazione sentimentale, o ad un partner spirituale disincarnato. Egli vive nella sua Chiesa. Il Suo Corpo vivo, risorto ed ecclesiale, permea i secoli, unisce i popoli, e si fa carico delle loro sofferenze e delle loro speranze di una fraternità più vera.
'Chi sono io, secondo te, Papa Giovanni Paolo II?”, gli ha chiesto un giovane Kazako: ”Tu sei un pensiero di Dio, un palpito del cuore di Dio”, gli ha risposto il Papa. Ai giovani di Toronto ha detto: «La Chiesa guarda a voi con fiducia e attende che diventiate il popolo delle beatitudini!» (Exhibition Place, 25 luglio 2002). Ed ai giovani, che egli vede posti di fronte alla sofferenza, alla solitudine, agli insuccessi e alle delusioni nella vita personale; alle difficoltà di inserzione nel mondo degli adulti e nella vita professionale; alle separazioni e ai lutti familiari; alla violenza delle guerre e alla morte degli innocenti, egli ricorda: “L'umanità ha un bisogno imperioso della testimonianza di giovani liberi e coraggiosi, che osino andare controcorrente e proclamare con forza ed entusiasmo la propria fede in Dio, Signore e Salvatore”. A loro, da sempre innamorati di bellezza, Giovanni Paolo II promette: “Risplenderete della bellezza di Cristo (Messaggio per la GMG/2003). Per questo i giovani lo seguono: perché è capace, ad un tempo, di amarli e di sfidarli.
don Giovanni Fedrigotti
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