Centoventi lire preziose
In seminario mi sono sempre trovato bene. Ero amico dei compagni e di tutti i superiori.
Nel sesto mese di ogni anno scolastico si dava un esame in tutte le materie di studio. Chi riportava i voti migliori nello studio e nella condotta, riceveva un premio di 60 lire. Con l'aiuto di Dio, nei sei anni trascorsi in seminario ho sempre ottenuto quel premio.
Nel secondo anno di studi teologici ebbi la carica di sacrestano. Carica da poco, ma che dava diritto ad altre 60 lire ogni anno. Con un atto di bontà i superiori me la concessero. Con il premio scolastico e lo « stipendio » di sacrestano, potevo pagarmi metà pensione. L'altra metà me la pagava il caritatevole don Cafasso. Come sacrestano dovevo tener pulite la chiesa, la sacrestia, l'altare. Dovevo badare a lampade e candele, e tenere in ordine gli arredi e gli oggetti che si usano nei riti liturgici.
Parole col nocciolo
In quell'anno ebbi la fortuna di conoscere uno dei migliori preti di Torino, don Giovanni Borel. Era venuto a predicarci gli Esercizi Spirituali. Lo conobbi in sacrestia, e rimasi colpito dall'aria allegra e dalle parole scherzose che avevano sempre un nocciolo spirituale.
Osservai la sua preparazione e il suo ringraziamento alla santa Messa, il suo contegno pieno di fede durante la celebrazione, e mi accorsi subito che era uno splendido sacerdote.
Nella sua predicazione ammirai la popolarità, la vivacità, la chiarezza, il fuoco di carità che sprizzava dalle parole. Era facile capire che ci trovavamo davanti a un santo. Andammo tutti a confessarci da lui. Molti gli parlarono della propria vocazione, e gli chiesero una parola come ricordo. Anch'io andai a parlargli dei miei problemi spirituali. Gli chiesi un consiglio, perché avevo sempre paura di smarrire lo spirito della mia vocazione durante l'anno, e specialmente durante le vacanze. Mi rispose:
- Frequentare la Comunione e sapersi raccogliere in silenzio davanti a Dio, conservano la vocazione e formano un vero prete.
Quegli Esercizi Spirituali fecero un gran bene a tutti. Anche molto tempo dopo ricordavamo quelle parole che ci avevano tanto aiutato.
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