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A un figlio ormai grande

Per una volta noi genitori non vogliamo parlare dei nostri doveri. Li conosciamo ormai bene, perché tutti fanno a gara a ricordarceli. vorremmo, invece, parlarti di alcuni dei nostri diritti, e questo per migliorarti!


A un figlio ormai grande

 

«Per una volta noi genitori non vogliamo parlare dei "nostri doveri". Li conosciamo ormai bene, perché tutti fanno a gara a ricordarceli. vorremmo, invece, parlarti di alcuni dei "nostri diritti", e questo per migliorarti!

 

 

Il nostro dare - avere è squilibrato: quando eri piccolo, ci rimproveravamo di non darti abbastanza. Pretendevi tutto, ma i tuoi occhioni, il tuo sorriso, la tua tenerezza, ripagavano in abbondanza il nostro investimento affettivo. da quando sei "giovane", invece, non funziona più niente. Continui a esigere un'infinità di cose, ma rifiuti la nostra presenza, la nostra attenzione e perfino il nostro amore.

 

Il più delle volte una semplice parola basterebbe a risarcirci. Per esempio: «Buon giorno», «Buona sera», «Grazie», «Per favore» quando prendi le chiavi della macchina o ti servi del nostro guardaroba; per non parlare di un «Come va?» non troppo meccanico.

 

Come sarebbe bello se qualche volta ti accorgessi che siamo esseri umani, con i loro momenti di avvilimento, di noia, di debolezza. Che disponiamo ancora di ampie riserve d'amore, di cui potresti approfittare a patto di considerarci compagni di vita a tutti gli effetti, “non mucche da latte”, “poliziotti”, “ufficiali pagatori” e simili.

 

Vorremmo poter parlare di cose importanti con te. Abbiamo visto in televisione un servizio sugli adolescenti e un ragazzo con l'aria sveglia mandava un sospirone constatando: «Mi piacerebbe molto parlare con i miei genitori, ma a casa nostra non si parla...». siete voi, cari figli, che non volete sentirci, voi che rifiutate di esprimervi, voi che ve ne "fregate" di quello che pensiamo, di quello che siamo.

 

Abbiamo il diritto di sapere le cose importanti della tua vita. Prima di tutto perché ti amiamo e la nostra felicità dipende largamente dalla tua felicità. Per questo puoi facilmente ricattarci e manovrarci, con larvate allusioni, del tipo: «Me ne vado ad abitare fuori di casa»... e se venisse a noi la voglia di scappare di casa?

 

Siamo il tuo papà e la tua mamma, non il tuo maggiordomo e la tua cameriera. è esasperante che tu non senta di avere degli obblighi nei confronti della casa in cui vivi e della tua famiglia. Perché non spegni mai la luce o chiudi la porta quando lasci la stanza? Perché non rimetti mai a posto qualcosa che hai usato? Perché non sostituisci mai un rotolo di carta finito, infischiandoti di chi entrerà in bagno dopo di te? Perché non la pianti di gridare «Mamma!» quando non trovi quello che ti serve?...

 

Devi studiare e dovrai lavorare. Tu lo dovrai fare. e non potrai più dare la colpa a nessuno. Tu scappi, rimandi, ti nascondi, sparisci, fai finta di niente. Non decidi, non risolvi neppure i problemi più semplici: li accantoni o li lasci a noi. Quando ti deciderai a finire di "crescere"?

 

Non è sempre colpa dei genitori, così pure non è sempre colpa della società. Esistono delle responsabilità tutte tue!

 

 

 

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